Perché Mediolanum molla Mediobanca? Ragioni meramente finanziarie, scopi anche “politici” o soltanto motivi di posizionamento industriale visto che di fatto sempre più le due banche solcano i medesimi terreni?
E’ quello che molti si stanno chiedendo nei palazzi della finanza e pure della politica. La risposta non è unica, ma molteplice: ovvero tutte tre le motivazioni, con pesi diversi, sono alla base della mossa della banca guidata da Massimo Doris (nella foto). Ecco perché.
Vediamo fatti, numeri e approfondimenti.
CHE COSA SUCCEDE A MEDIOBANCA DOPO LA MOSSA DI MEDIOLANUM
Il collocamento sul mercato del 3,5% del capitale da parte di Banca Mediolanum ha zavorrato oggi il titolo Mediobanca a Piazza Affari. Le azioni di Piazzetta Cuccia registrano la peggiore prestazione del Ftse Mib accusando un calo del 3,39% a 19,06 euro. Ha scritto oggi il Sole 24 ore: “Mediolanum vende a investitori istituzionali il suo 3,5% di Mediobanca a un prezzo di 18,85 euro per azione, con uno sconto del 4,5% rispetto alla chiusura di borsa di lunedì 30 giugno, pari a 19,735 euro (oltre +40% da gennaio). Il controvalore complessivo dell’operazione supera i 548 milioni di euro, e il regolamento è atteso per giovedì 3 luglio”.
LA PLUSVALENZA DI MEDIOLANUM
La vendita del pacchetto di Banca Mediolanum (-0,34% in Borsa) è avvenuto a 18,85 euro, ovvero con uno sconto del 4,5% rispetto ai valori di chiusura di ieri. Grazie al disimpegno da Mediobanca, l’istituto controllato dalla famiglia Doris ha incassato circa 548 milioni, con una plusvalenza di circa 262 milioni rispetto ai valori a cui era iscritta nel bilancio 2024, secondo quanto riportato da Intermonte.
REPORT INTERMONTE
“L’operazione era attesa alla luce della più volte ribadita volontà da parte del ceo di Mediolanum, Massimo Doris, di voler rimanere estraneo rispetto al processo di consolidamento in corso nel sistema bancario italiano”, rimarcano gli analisti della Sim, che stimano “un impatto negativo low-single digit (circa -2%) sulle stime di utile per azione di Banca Mediolanum nei prossimi anni derivante dal mancato incasso dei dividendi relativi alla partecipazione in Mediobanca”.
IL COMMENTO DI BANCA AKROS
Secondo Banca Akros, d’altra parte, l’operazione avrà un effetto positivo di 100 punti base sul Cet 1 e potrebbe portare “a un dividendo straordinario nel 2026”. Per quanto riguarda Mediobanca, d’altra parte, l’uscita di Banca Mediolanum comporta anche una contrazione della quota detenuta dall’ex patto di sindacato, storicamente vicino al management guidato da Nagel, a circa l’8%. Resta da capire quindi come evolveranno gli equilibri nell’azionariato in vista dell’avvio dell’ops di Mps.
LA POSIZIONE DELLA FAMIGLIA DORIS
La famiglia Doris aveva scelto di non prendere una posizione pubblica sull’ops lanciata da Mps su Mediobanca con il beneplacito del governo. Interpellato lo scorso 26 maggio sul tema delle aggregazioni bancarie e sull’iniziativa di Mps nei confronti di Mediobanca, l’amministratore delegato Massimo Doris aveva commentato: «Sulla carta tutte le ops hanno senso, non c’è una valutazione univoca». Ma comunque in assemblea aveva dato voto favorevole all’Ops di Piazzetta Cuccia su Banca Generali.
LE PAROLE DI MARINA BERLUSCONI
Una linea di pensiero simile era stata espressa a febbraio anche da Marina Berlusconi, presidente di Fininvest (azionista forte di Mediolanum con una quota del 30,1%): «Siamo solo spettatori. Non ci sono ancora tutti gli elementi per fare una riflessione compiuta e comunque mi pare molto corretto quello che ha detto Massimo Doris: ad esprimersi saranno i cda». Berlusconi aveva infine sottolineato che «su questa partita, come su tutte le altre, qualsiasi cosa sceglierà il mercato sarà quella giusta». Il mancato appoggio del mondo berlusconiano all’Ops di Mps su Mediobanca è stato interpretato in ambienti politici come un disallineamento rispetto alle posizioni dell’esecutivo, visto che il Tesoro è azionista rilevante del Monte dei Paschi di Siena.
IL COMMENTO DI LIERA (EX SOLE 24 ORE)
Ha commentato su X Marco Liera, già firma di primo piano di finanza e mercati al Sole 24 ore: “Massimo Doris alla guida di Banca Mediolanum fa la cosa più logica. Vende con una maxi plusvalenza la quota in Mediobanca, che fu acquistata dal padre Ennio in un’epoca storica molto lontana, in cui contava sedersi nel “salotto buono”. Che ora non è più un “salotto buono”, ma è diventato un concorrente agguerrito di Mediolanum, con piani ambiziosi nel risparmio gestito, non si capisce se perseguiti a scopo puramente difensivo o perché ci credano veramente. E allo stesso tempo Doris si allontana saggiamente da una palude politica di OPA bancarie che non fa bene al business”.
CHE COSA SUCCEDE AL PATTO DI MEDIOBANCA
Il passo indietro di Mediolanum da Piazzetta Cuccia e dal patto che governa la banca guidata da Alberto Nagel non è isolato. Infatti dall’inizio dell’anno anche Vittoria Assicurazioni ha ceduto lo 0,27% e la famiglia Gavio lo 0,2% e ora l’accordo parasociale che governa l’istituto fondato da Enrico Cuccia si attesta attorno all’8% del capitale della merchant bank. Il progressivo disimpegno dei pattisti arriva mentre si avvicina l’offerta pubblica di scambio promossa da Mps su Mediobanca: la Bce ha già dato il via libera e Consob è attesa a breve sul prospetto (qui l’approfondimento di Start Magazine). Ma pende sull’Ops anche l’iniziativa della procura di Milano sulle modalità della parziale privatizzazione dell’istituto senese gestita da Banca Akros (gruppo Banco Bpm) su indicazione del ministero dell’Economia (qui l’approfondimento di Start Magazine).
IL RAPPORTO MEDIOBANCA-MEDIOLANUM TRA STORIA E CRONACA
Annota oggi Mf/Milano Finanza: “La cessione segna la fine della presenza dei Doris nel capitale di Mediobanca, di cui erano entrati a far parte nel 2000. La relazione era iniziata nel 1996, quando Piazzetta Cuccia, sotto la regia di Enrico Cuccia, aveva curato la quotazione di Mediolanum. Negli anni, i rapporti si erano rafforzati: nel 2001 le due realtà avevano creato la joint venture Banca Esperia, poi confluita in Mediobanca nel 2017. Mediolanum è stato anche uno dei principali membri del patto di consultazione, erede del vecchio sindacato di blocco, che fino a ieri raccoglieva l’11,7% del capitale”.