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Riarmo Nato, ecco gli investimenti necessari all’Italia

Dopo che i Paesi Nato hanno deciso di alzare la spesa per la Difesa al 5% del Pil entro il 2035, forze armate e industria della difesa fanno il punto sulle aree dove destinare le nuove risorse e sulle sfide da vincere lungo il percorso del riarmo.

Aumento spesa per la Difesa: sì, ma dove in Italia?

A conclusione del vertice Nato della scorsa settimana a L’Aja, i 32 Paesi dell’Alleanza Atlantica hanno approvato l’impegno ad aumentare le spese militari a fino al 5% del Pil entro il 2035.

Come ricorda stamani Politico, Roma è uno dei Paesi Nato con la spesa militare più bassa: lo scorso anno ha stanziato solo l’1,49% del Pil per le sua spesa in difesa. Questo fa sembrare il nuovo obiettivo del 5% entro il 2035 irraggiungibile.

Parlando in un punto stampa a margine del vertice Nato, la premier Giorgia Meloni ha parlato di “un vertice importante per gli impegni che vengono assunti, impegni significativi e sostenibili”. Ricordando che le spese militari “sono necessarie per rafforzare la nostra difesa e la nostra sicurezza”, Meloni ha assicurato “non toglieremo nemmeno un euro dalle priorità del governo e dei cittadini italiani” ed ha ribadito che “i costi sono sostenibili”.

Al di là della sostenibilità dei costi, ci si interroga anche e soprattutto dove e come investire queste nuove risorse. La parola passa quindi ai vertici militari, che dovranno spendere, e all’industria della difesa, destinataria di tali investimenti.

Hanno fatto il punto da una parte il generale Luciano Portolano – Capo di Stato Maggiore della Difesa – in un’intervista al Sole 24 Ore, e dall’altra parte Giuseppe Cossiga – presidente dell’Aiad, la Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza di Confindustria, nonché presidente di Mbda Italia, controllata italiana del gruppo missilistico europeo joint-venture di Airbus (37,5%), Bae Systems (37,5%) e Leonardo (25%) – in un’intervista odierna a La Stampa.

Tutti i dettagli.

IL BALZO PER PASSARE DAL 2% AL 5% DI SPESE MILITARE

“Gli alleati si impegnano a investire il 5% del Pil per le esigenze fondamentali di difesa e per le spese relative alla difesa e alla sicurezza entro il 2035 – si legge nella dichiarazione finale del vertice Nato – al fine di garantire gli obblighi individuali e collettivi, in conformità con l’articolo 3 del Trattato di Washington”. In particolare gli alleati si sono impegnati ad investire “almeno il 3,5% del Pil” per le spesa della difesa entro il 2035, “per finanziare i requisiti fondamentali della difesa e per soddisfare gli obiettivi di capacità della Nato”, e l’1,5% del Pil per le spese più generali di sicurezza.

Questo obiettivo tradotto in numeri per l’Italia è stimato dalle aziende “tra i 10 miliardi e gli 11 miliardi all’anno per una decina d’anni”, ha spiegato il presidente dell’Aiad Cossiga.

LE AREE A CUI DESTINARE LE RISORSE DALL’INCREMENTO DELLA SPESA IN DIFESA IN ITALIA

Quindi, da dove iniziare?

Secondo il generale Portolano, “abbiamo bisogno di rafforzare specifiche capacità operative: la componente terrestre (forze corazzate, l’artiglieria, il genio), le capacità di contrasto alle minacce aeree e missilistiche, anche di tipo balistico, nonché le capacità di ingaggio di precisione a lunga distanza. Ma anche logistica e le scorte di armamento e munizionamento. Parallelamente, con l’attuale livello di digitalizzazione, in cui è acclarata la centralità e l’importanza del dato, è essenziale continuare a investire in maniera importante nel dominio cibernetico e negli abilitanti strategici, primo tra tutti quello spaziale, traguardando ai fondamentali fattori di interoperabilità, interconnessione e interscambiabilità”.

RAFFORZARE LA DIFESA AEREA

Dopodiché, i conflitti in Ucraina e in Medio Oriente hanno evidenziato in modo drammatico quanto la difesa aerea e missilistica sia diventata una componente strategica imprescindibile per proteggere infrastrutture, popolazioni e capacità militari sul campo.

“Quella che definiamo la Difesa Aerea e Missilistica Integrata va sempre parametrata alla minaccia di riferimento. Quella dell’Italia, così come quella degli altri paesi Nato, va rafforzata attraverso l’acquisizione di ulteriori assetti di nuova generazione, sia per la difesa a medio e corto raggio sia per la cortissima distanza”, ha osservato il Capo di Stato Maggiore della Difesa al quotidiano confindustriale.

Da parte sua, il numero uno dell’Aiad ha ammesso che “le esercitazioni hanno evidenziato che la nostra difesa antiaerea e antimissile non dura più di pochi minuti. I dati sono preoccupanti”, citando a La Stampa un esempio: “i proiettili dell’artiglieria da 155 millimetri. Fino a un anno fa l’Europa produceva in un mese quello che i russi in Ucraina sparano in un giorno. Questo dà la misura. L’Europa non è pronta neanche lontanamente a un conflitto come quello russo-ucraino”.

Lo stesso generale Portolano insiste che “per quanto riguarda la difesa da missili balistici e sistemi ipersonici, nessun Paese può, ad oggi, vantare una copertura totale ed è necessaria la massima collaborazione internazionale. L’Italia partecipa alla ‘Ballistic Missile Defence’ della Nato come parte integrante della missione permanente dell’Alleanza di Difesa Aerea e Missilistica Integrata. Anche in questo settore, sono già stati avviati specifici programmi con l’acquisizione di nuovi sensori radar di scoperta della minaccia balistica e di ulteriori batterie equipaggiate con missili di nuova generazione”.

E INCREMENTARE L’ORGANICO DELLE FORZE ARMATE IN ITALIA CON L’AUMENTO DELLE SPESA IN DIFESA

Se questi sono i settori d’intervento prioritari, una buona fetta delle risorse va anche al capitale umano della Difesa.

“Abbiamo, ad oggi, personale altamente formato, stimato a livello globale, ma in numero inadeguato per sostenere un conflitto come quello in corso russo-ucraino, che comunque ci auguriamo di non dover affrontare mai”, ha messo in luce il Capo di Stato Maggiore della Difesa.

A questo proposito, Portolano ha evidenziato che “la prontezza operativa dipende da forze numericamente adeguate e addestrate per essere pronte all’impiego. Anche sulla base delle indicazioni del Ministro Crosetto sono allo studio proposte per aumentare progressivamente gli organici, perseguendo un bilanciamento tra la componente in servizio permanente e quella a tempo determinato; la costituzione di un bacino di riserva ben addestrato, prontamente impiegabile e con personale altamente professionalizzato in specifici ambiti; tutte risorse pronte a integrare le attività della Difesa già in tempo di pace”.

GLI OSTACOLI…

Infine, ad aggiungere un ulteriore tassello al quadro appena tracciato ci pensa Giuseppe Cossiga, ricordando che “non c’è soltanto il produttore di armamenti e l’utilizzatore, le forze armate. Dietro c’è un paese, la sua burocrazia”. Secondo il presidente dell’Aiad, infatti, “l’iter degli acquisti richiede una lunga serie di passaggi”, sostenendo che “c’è tutto un mondo che dovrà raddoppiare la sua operatività. E questo richiederà molto tempo”.

Proprio per questo, Cossiga afferma di avere “qualche dubbio che il corpus amministrativo e burocratico sia in grado di attrezzarsi in cinque anni per gestire il doppio dei contratti. Ci mette meno un’azienda a realizzare un nuovo stabilimento”.

…E RISCHI

E alla domanda del quotidiano torinese se un incremento così grande, in quanto non sostenibile in tempi rapidi dall’Italia, si tradurrà in acquisto di prodotti americani, il presidente dell’associazione delle industrie della difesa ammette che “questo è il rischio.” D’altronde, da tempo Bruxelles punta a incentivare il “buy european” per gli equipaggiamenti militari e facilitare gli acquisti congiunti tra gli Stati membri allo scopo di rafforzare il settore della difesa europea.

“Però bisogna fare attenzione – richiama Cossiga – noi abbiamo programmi che hanno una forte componente statunitense. Non parlo solo degli F-35 ma anche dell’elettronica, dei motori. Il peso finale degli Stati Uniti non lo vedo diminuire. E sospetto che questa volontà politica di Trump di dire “5 subito” sia dettata dall’industria americana: “se lo facciamo molto in fretta, ci prendiamo una bella fetta di questo mercato”.

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