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Quando la Cassazione scassa e non cassa

Reazione e polemiche sul documento del Massimario della Cassazione. I Graffi di Damato

Dei due ministri, della Giustizia e dell’Interno, in qualche modo “cassati” dal Massimario della Suprema Corte per il disegno di legge sulla sicurezza poi tradotto in decreto legge e infine approvato dalle Camere, il primo – Carlo Nordio- si è notoriamente dichiarato “incredulo”. L’altro, Matteo Piantedosi, intervistato dalla Stampa, ha avvertito e lamentato nelle 129 pagine di critiche al provvedimento “una forte impostazione ideologica”. Che non piacerà neppure essa, come la incredulità del Guardasigilli, ai magistrati associati nel loro sindacato, pur gratificati dal ministro e prefetto Piantedosi di una “ideologia” che meriterebbe forse di essere chiamata diversamente.

Di ideologico vedo poco nel documento del Massimario della Cassazione. Vedo molto invece di pratico. Inteso come pratica del potere. Di un potere, quello della giustizia ordinaria, prevaricante anche su quello della giustizia straordinaria e costituzionale: l’unica che con la Corte Costituzionale, appunto, è legittimata ad esprimersi sulla legittimità, a sua volta, delle norme approvate dal Parlamento, comprese quelle sulla sicurezza strapazzate da una quarantina di giudici della Cassazione. Quanti sono quelli dell’ufficio del Massimario che hanno steso un documento di analisi, studio, eccetera sulla legge chiamata sicurezza scommettendo -credo- sulla ignoranza mediatica e politica, a dir poco, che lo avrebbe scambiato per una sentenza. Per una “bocciatura”, uno “schiaffo”, una “sepoltura” e altre amenità che si sono lette e scritte fra ieri e oggi.

Con fiducia, spero ben riposta, nei giudici davvero investiti del potere di bocciatura, il ministro Piantedosi si è detto “certo che, allorquando le questioni in argomento dovessero essere sollevate in veri e propri procedimenti giudiziari, saranno ben altre le valutazioni che verranno espresse”.

Nel frattempo avremo assistito al solito spettacolo della giustizia, rigorosamente al minuscolo, capace di autodelegittimarsi con invasioni di campo che la pubblica opinione avverte da tempo. Non a caso da un recente rilevamento Eurispes la sfiducia nella magistratura è risultata maggiore della sfiducia nella politica. Il 46,5 contro il 43,9 per cento. E in un contesto del genere l’associazione dei magistrati scommette ancora sulla disponibilità degli italiani a bocciare nel referendum cosiddetto confermativo la separazione delle carriere dei giudici e dei pubblici ministeri e altro della riforma costituzionale dell’ordinamento giudiziario all’esame del Parlamento.

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