Una delle idee che ho dovuto rivedere in tre giorni di Bilderberg riguarda il disimpegno degli Stati Uniti dall’Europa: come ha chiarito alla Conferenza per la sicurezza di Monaco il vicepresidente JD Vance, l’amministrazione Trump considera gli europei dei profittatori che imbrogliano l’America con il commercio e scroccano la sua protezione militare (idea, quest’ultima, condivisa con toni diverse anche dalle ultime due amministrazioni Democratiche).
Ed è vero che gli Stati Uniti vedono la Cina come la vera e forse unica minaccia strategica, non la Russia di Vladimir Putin. Dunque la guerra in Ucraina non è una battaglia esistenziale per loro come invece lo è per l’Europa, in particolare per l’Europa dell’Est.
Probabilmente a molti degli elettori di Trump il destino di Kiev e di Volodymyr Zelensky deve sembrare esotico quanto agli italiani le isole Falkland oggetto della breve guerra tra Gran Bretagna e Argentina nel 1982.
Eppure proprio per questo gli Stati Uniti sono costretti a mantenere un rapporto di collaborazione strategico con l’Europa. Per due ragioni. Primo: non sono più in grado di costruire una deterrenza (anche nucleare) efficiente su due fronti così lontani, a difesa di Taiwan e nell’indo-pacifico, e per arginare la Russia di Putin.
La deterrenza verso Pechino richiede difesa cyber, sottomarini nucleari, e moltissime altre cose ma non droni o carri armati come invece servono sul fronte ucraino.
Dunque, quella deterrenza dovranno gestirla gli europei. Ma anche nell’interesse degli americani, perché nella prospettiva degli Stati Uniti la Russia non è una minaccia di per sé ma è un potenziale fattore destabilizzante che può compromettere la sfida geopolitica decisiva con la Cina.
Se per esempio la Russia attaccasse un Paese Nato, l’alleanza atlantica dovrebbe intervenire in base alla clausola della difesa collettiva, ma questo significherebbe distogliere attenzione, risorse, uomini dal Pacifico, creando così la finestra di opportunità per Pechino per prendersi Taiwan, e sancire la fine di quel che resta dell’egemonia americana.
Così si spiega l’idea ricorrente di separare la Russia dalla Cina, la dottrina che va sotto il nome di “reverse Nixon”, visto che invece Richard Nixon cercava di separare la Cina dall’Urss nel 1972.
Il guaio è che la via scelta da Trump, cioè costringere l’Ucraina a una tregua di qualunque genere pur di riprendere relazioni accettabili con Mosca e sottrarla alla scelta obbligata di avere Pechino come unico partner, rischia di avere l’effetto opposto a quello desiderato.
Una volta congelato il conflitto ucraino che occupa l’80 per cento dell’apparato militare russo, Putin potrà smobilitare il suo grande esercito o spostarlo altrove e aggredire magari l’Estonia o la Finlandia.
Come se ne esce? Rischiamo di scoprirlo presto, se l’Europa non garantirà all’Ucraina risorse e supporto nei prossimi mesi che le evitino di capitolare di fronte alla Russia.
Per queste ragioni, in ogni caso, le traiettorie di difesa e sicurezza di Stati Uniti ed Europa rimarranno intrecciate a prescindere dalle dichiarazioni pubbliche di rottura dei leader su una sponda e sull’altra dell’Oceano.
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Esiste un livello, che è quello della cronaca, sul quale tutto sembra decisivo: ogni decisione di Donald Trump rivela la crisi irreversibile della democrazia americana, ogni mossa di un capo di governo europeo sancisce la fine dell’Occidente.
E poi c’è un livello – che si intravede dalla prospettiva del Bilderberg – che un po’ prescinde da tutto questo, un filo di dialogo che si mantiene nonostante (o proprio in risposta) ai terremoti quotidiani.
Molti dei partecipanti al Bilderberg hanno di sicuro la possibilità di influenzare gli eventi nel rispettivo ambito di azione – che sia la politica, la tecnologia, la finanza – ma proprio a vedere tanti protagonisti riuniti nella stessa stanza per tre giorni si percepisce meglio che ci sono anche forze più profonde – i cicli dell’economia, i vincoli della geopolitica, i trend della demografia – che definiscono il perimetro entro il quale i singoli individui o i singoli Stati possono agire e incidere.
Mi viene il dubbio che i cinesi siano molto più consapevoli di noi occidentali che celebriamo l’individuo – con le sue libertà e le sue responsabilità – di questa dimensione collettiva della storia.
Se questa maggiore consapevolezza sia davvero un vantaggio competitivo o se invece l’Occidente continuerà a prosperare proprio grazie all’illusione che ogni individuo possa spostare, sia pure di poco, il corso degli eventi verrà misurato e discusso nelle conferenze Bilderberg degli anni a venire.
(Estratto da Appunti)