È sempre imbarazzante quando la scienza insiste per confermare ciò che perlopiù la società preferirebbe considerare un ‘pregiudizio’. C’è però poco da fare: gli obesi sono, mediamente, meno intelligenti dei ‘non-obesi’. La questione è stata molto studiata, forse perché è facile; basta mettere in rapporto due cifre – il QI (Quoziente Intellettivo) e il BMI (Body Mass Index, Indice di massa corporea) – di un numero sterminato di soggetti abitanti in paesi diversi e provenienti da culture diverse. Gli studi, maledetti, danno sempre lo stesso risultato innegabile.
Brutalmente, il dato sulla minore acutezza mentale – sempre in media – degli obesi è ormai quanto di più vicino si possa arrivare a una certezza ‘matematica’… La questione ora non è più ‘se’, ma ‘perché’. Esistono due grandi scuole di pensiero al riguardo, tendenzialmente in contrasto, che litigano sulla questione della ‘direzione causale’ del fenomeno. Cioè, è il grasso che ostacola lo sviluppo cerebrale e rende pertanto meno intelligenti, o piuttosto la minore intelligenza che incoraggia eccessi dietetici e fa mettere su peso?
Il disaccordo ‘intellettuale’ sorge dal fatto che le due scuole partono da basi di ricerca che danno risultati in un senso ‘chiari’, ma anche contrastanti. Semplificando, le tecniche di ricerca impiegate sono due: studi ‘cross sectional’ che ‘fotografano’ le popolazioni attuali in termini di rapporto tra intelligenza e peso, ed altri studi di tipo ‘longitudinali’ focalizzati invece sullo sviluppo intellettuale dei soggetti nel tempo. In sé, entrambe le tecniche danno risultati solidi, ma aperti a interpretazioni incompatibili. I dati ‘cross sectional’ sulle popolazioni estese confermano nettamente la correlazione intelligenza/obesità e la sua distribuzione tra la popolazione. L’approccio ‘longitudinale’ mira maggiormente all’evolversi del fenomeno tra gli individui…
Il primo approccio dimostra chiaramente l’esistenza del rapporto ‘negativo’ tra peso e intelligenza su popolazioni estese, e conferma nitidamente la relazione tra i due fattori. Per i suoi sostenitori la ‘causa’ del fenomeno è ovvia; per loro la variabile ‘attiva’ starebbe nel fatto di essere sovrappeso. I simpatizzanti dell’approccio ‘longitudinale’, invece, si chiedono come mai i soggetti del fenomeno sono obesi in partenza, suggerendo che la ‘causa della causa’ debba essere piuttosto il fattore che porta all’obesità iniziale…
Com’è evidente, si tratta di uno scontro del tipo ‘prima l’uovo o la gallina?’ ed è pertanto di difficile risoluzione. Per ora, i proponenti ‘longitudinali’ hanno un punto di vantaggio, in quanto possiedono dati derivati da ricerche svolte in Svezia, Nuova Zelanda e Regno Unito che dimostrano come il livello d’intelligenza nella prima gioventù sia fortemente correlata all’obesità in età adulta. Forse inevitabilmente, altri studi su soggetti giovani mancano di confermare l’esistenza della relazione. Allora uovo o gallina? Forse è in fondo più una questione filosofica che scientifica…