La Cina è il luogo dove una grande fetta di iPhone, laptop e altri devices Apple vengono di fatto assemblati e prodotti. Ad aprile, però, le spedizioni cinesi verso gli Usa di telefoni e altri dispositivi mobili targati Apple sono crollate del 72%, fermandosi a meno di 700 milioni di dollari. Un livello che non si vedeva dal 2011 ed è dovuto in primis ai dazi e alla guerra commerciale scatenata da Donald Trump. Considerando che smartphone e laptop rappresentano la quota principale delle importazioni Usa dalla Cina, il dato è particolarmente significativo.
IL GIRO DEI FURTI E DELLE RIVENDITE DEGLI IPHONE
Ma la Cina è anche il luogo dove finiscono molti degli iPhone rubati in giro per l’Occidente. Lo ha rivelato il Financial Times, con una inchiesta-reportage che partendo da Londra ha fatto capolino a Shenzhen. È proprio il sud del paese che ospita un mercato tecnologico di rivendita dei dispositivi rubati. Il quotidiano britannico è partito da un iPhone 15 Pro rubato a un imprenditore tecnologico, Sam Amrani, a Londra. L’uomo, però, anche perché la sua azienda fornisce analisi geospaziali ad attività commerciali, si è messo a seguire virtualmente il percorso del suo telefono. Prima è stato localizzato in alcune zone della capitale britannica, ma dopo pochi giorni è passato a Hong Kong e poi nel distretto di Huaqiangbei, a Shenzhen. Un itinerario preciso, che Amrani ha raccontato sui suoi social.
Il Ft ricorda come dietro ai furti di telefoni in Occidente ci sia una vera e propria industria. La polizia metropolitana del Regno Unito, infatti, a febbraio ha dichiarato che solo i dispositivi mobili rubati a Londra hanno poi un mercato dal valore di 50 milioni di sterline ogni anno. E nelle scorse settimane/mesi, anche le autorità di New York e Parigi hanno registrato un aumento dei telefoni rubati.
PERCHÉ I DISPOSITIVI FINISCONO NELLA ZONA DI SHENZHEN
La destinazione di molti di questi iPhone è il ‘Feiyang Times building’, una sorta di centro commerciale di Huaqiangbei. In questa torre cinese arrivano molti telefoni in maniera del tutto legittima, magari restituiti dai consumatori occidentali ai negozi di telefonia quando passano a modelli più recenti. Ma ci passano anche i dispositivi rubati. Poi rivenduti in lotti e sparsi in varie zone del mondo, tra cui il Medio Oriente o il Nord Africa.
Secondo quando riferito al Financial Times dai commercianti di Huaqiangbei, “il motivo per cui i telefoni di seconda mano finiscono a Shenzhen è perché possono trovare acquirenti per ogni componente di un dispositivo nei diversi mercati della zona, dagli schermi ai circuiti interni, dai chip al rame”. I rivenditori non buttano nulla: anche la plastica in eccedenza può essere fusa e riutilizzata. E per questo, anche i telefoni e gli iPhone bloccati a distanza da chi ha subito il furto o con un codice di accesso non decifrabile possono essere smontati e rivenduti. Ottenendo dei profitti.
I RIVENDITORI DI IPHONE IN PAKISTAN, IN LIBIA E ALTROVE
Alle domande del Ft sulla provenienza dei telefoni che smerciavano, molti rivenditori si sono dimostrati reticenti. Ma ci sono molti commercianti stranieri che entrano nella torre di Feiyang con lo scopo di comprare stock di questi dispositivi per poi rivenderli nei propri paesi. Come un uomo pakistano, sentito dal quotidiano, che aveva l’obiettivo di comprare 300 iPhone, meglio se statunitensi con anche la Sim bloccata. Nel mercato interno di Islamabad sono soggetti a dazi doganali inferiori. E in Pakistan molti telefoni sono ricercati solo per l’uso di fotocamere, giochi o per il Wi-Fi, quindi, non servono dati mobili o servizi di chiamata. Ragionamento simile per un altro uomo che voleva comprare 100-200 iPhone 13 Pro Max per rivenderli poi in Libia, guadagnando circa 70 dollari ogni telefono.
LO SNODO DI HONG KONG
Quello che sembra certo è il ruolo svolto da Hong Kong in questa rotta. I telefoni esteri venduti poi a Shenzhen passano da lì, in particolare nel distretto di Kwun Tong, dove pullulano centinaia di grossisti. “Lo status di Hong Kong come porto di libero scambio, senza tasse di importazione o esportazione e con un sistema doganale semplice, lo rende un passaggio essenziale nella catena di approvvigionamento”, ricorda il Financial Times. Da lì i rivenditori di Huaqiangbei li comprano per poi smerciarli, interi o a pezzi, ai singoli commercianti.