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Come l’Unione Europea vuole provare a sfilare la Groenlandia dagli artigli americani

La ministra degli Esteri della Groenlandia, Vivian Motzfeldt, è volata in Europa per parlare di cooperazione sui minerali critici. L'isola - nelle mire di Trump - fa parte della Danimarca, ma non dell'Unione europea.

L’interesse attorno alla Groenlandia è ai massimi livelli. Ormai è risaputa la volontà espressa dal presidente statunitense Donald Trump di voler annettere, direttamente o indirettamente, l’isola. Per motivi di sicurezza, ma soprattutto per ragioni economiche. Trump non accenna a voler diminuire le sue continue dichiarazioni in merito, ovviamente rilanciate dai media. È passata invece più in sordina un’altra notizia, cioè il viaggio degli ultimi giorni della ministra degli Esteri groenlandese Vivian Motzfeldt in Europa, dove ha incontrato rappresentanti dell’Ue e non solo.

IL VIAGGIO DELLA MINISTRA E L’OFFERTA ALL’UE SULLE TERRE RARE

Motzfeldt è partita l’8 maggio da Nuuk per il suo tour europeo. Culminato con l’incontro con alcuni commissari Ue, come quello per i Partenariati internazionali Jozef Sìkela e quello per l’Energia Dan Jørgensen, ma soprattutto con il faccia a faccia tra lei e l’Alto rappresentante Kaja Kallas. In un breve colloquio con Politico, la ministra groenlandese ha sottolineato come l’Ue si sia dimostrata un partner affidabile nei “momenti difficili”. “La nostra cooperazione con l’Ue è importante, oggi lo è più che mai… La situazione attuale richiede che siamo uniti”, ha aggiunto Motzfeldt.

Per questo ha di fatto proposto una collaborazione aperta con Bruxelles sui minerali e sulle terre rare, presenti – secondo stime e carotaggi – in gran numero nei fondali artici e sotto i ghiacci della Groenlandia. Le stesse terre rare che fanno gola a Washington e sono, sotto sotto, il primo motivo dell’interesse americano. “Oggi vogliamo espandere la nostra cooperazione non solo sulla pesca, ma anche sui nostri minerali critici e sulla nostra energia”, ha detto Motzfeldt. Che ci ha tenuto a sottolineare: “Vogliamo collaborare con i paesi che condividono le nostre stesse idee sui nostri minerali critici, e l’Ue è un buon partner”. Un concetto messo nero su bianco da un comunicato del governo groenlandese, in cui viene rimarcato che Motzfeldt e Kallas “hanno concordato di avviare discussioni approfondite sullo sviluppo della cooperazione in questo ambito”.

Il messaggio è, sì, indirizzato all’Europa, ma anche e soprattutto agli Stati Uniti. La Groenlandia non ha problemi ad ampliare i rapporti economici con attori esterni, anche sulle terre rare. Anche perché non ha le risorse tecniche e i mezzi finanziari per farlo autonomamente. Vuole però essere trattata da alleata, da pari. Non di certo come un lembo di terra pronta a essere conquistata o comprata. Cioè lo scenario minacciato dalla Casa Bianca e dall’amministrazione Trump negli ultimi mesi. Da qui l’apertura al continente europeo, ben felice di approfondire i rapporti.

IL RAPPORTO TRA LA GROENLANDIA E L’EUROPA

La Groenlandia, pur facendo parte del Regno di Danimarca, è uscita negli anni ’80 dall’Unione europea. Oggi ne è un Territorio Speciale. Ma, complice l’interessamento di Trump fin dal suo primo mandato, negli ultimi anni Bruxelles si è mossa per rinsaldare il legame con l’isola nell’Artico. Lo ha dimostrato a fine novembre 2023, quando Groenlandia e Ue hanno firmato un memorandum per un partenariato strategico sulle materie prime. In cui veniva specificato che “25 delle 34 materie prime critiche identificate dalla Commissione come strategicamente importanti per l’industria europea e la transizione verde si trovano in Groenlandia”.

Poi a marzo del 2024 Ursula von der Leyen in persona era volata a Nuuk per inaugurare un ufficio dell’Ue, sede che ha il compito di promuovere i rapporti tra Bruxelles e il governo locale, e per stringere accordi dal valore di 94 milioni di euro su energia verde e istruzione. 94 milioni di euro che fanno parte di un pacchetto totale di 225 milioni di euro, legato al Global Gateway europeo, previsto per il periodo 2021-2027. Soldi europei che Nuuk riceve per lo sviluppo di determinati settori. Investimenti mirati da parte dell’Ue, che ora vorrebbe entrare ancora di più nella partita mineraria. In modo da sfidare Washington.

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