Nel giorno dell’abbraccio del nuovo Papa col mondo in Eurovisione dal sagrato della Basilica di San Pietro, e della sua scelta – di grande significato politico in questa congiuntura internazionale- di dedicare al presidente ucraino Zelensky la prima udienza da intronizzato, la premier italiana Giorgia Meloni ha voluto e saputo concretizzare materialmente a Palazzo Chigi il ruolo impostosi – e anch’esso di rilievo in questa congiuntura internazionale- di ponte fra gli Stati Uniti di Donald Trump e l’Unione Europea di Ursula von der Leyen.
Con quest’ultima e con Vance, il vice di Trump venuto a Roma per rappresentare il suo paese alla cerimonia di intronizzazione del connazionale Leone XIV, la premier italiana ha presieduto un vertice dedicato non solo alle questioni bilaterali di Europa e Stati Uniti ma anche alle altre, comprese le guerre che continuano pur tra accenni o parvenze di trattative.
Ciò non è bastato naturalmente alle opposizioni per rinunciare alle “parole armate”, lamentate a livello ancora più ampio dal Papa, e proseguire nella demonizzazione del governo italiano. La segretaria del Pd Elly Schlein è corsa nel salotto televisivo di Fabio Fazio per continuare ad accusare la Meloni di avere isolato il Paese. Matteo Renzi sul Foglio ha annunciato che “l’’incantesimo è finito” e che le cancellerie di tutto il mondo, a cominciare evidentemente dalla Casa Bianca per finire al Cremlino e forse anche a Pechino, hanno scoperto che “Giorgia Meloni non è stabile ma immobile”.
L’ex presidente del Consiglio ed ex commissario europeo Paolo Gentiloni, che qualcuno sogna prima o poi al Nazareno al posto della Schlein, si è adeguato a suo modo all’”asse anti Meloni” sparato dalla Stampa nel titolo di prima pagina. Egli ha riconosciuto su Repubblica, testualmente e diversamente dai suoi compagni di parte o di area, che “la postura di politica estera fin qui era stata un punto di forza della presidente del Consiglio, capace di rassicurare il tradizionale sistema di alleanze del nostro Paese”. “Ma ora, come d’improvviso, rischia di essere un suo serio punto di debolezza”, ha aggiunto Gentiloni, non so se riuscendo a farsi perdonare dalla Schlein, Pier Luigi Bersani, Renzi, Conte, Fratoianni, Bonelli e “campisti” vari, di maggiore o minore larghezza, l’immagine di un rischio temuto al posto di una realtà o catastrofe certa, assoluta. Anche quell’”improvviso”, al posto di continuo e simili, potrebbe non rispondere ai canoni dei soprannominati campisti, ripeto. Chissà.