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I conti di Toyota sbanderanno con i dazi di Trump

Toyota, marchio più venduto al mondo, ha dichiarato di aspettarsi un crollo del 34,9% dell'utile netto per l'esercizio finanziario 2025-2026 a causa dei dazi di Trump. La diplomazia nipponica è già al lavoro per disinnescare la guerra commerciale con gli States ma al momento non sembrano esserci progressi

C’è chi sostiene che il reale obiettivo dei dazi di Donald Trump, più che le auto cinesi (già escluse dal mercato americano dalle norme anti spionaggio volute da Joe Biden) fossero le automobili giapponesi, da sempre fumo negli occhi per i costruttori statunitensi. E che il bazooka commerciale della Casa Bianca fosse puntato anzitutto su Toyota, uno dei marchi più diffusi negli Usa, i cui pick-up scorrazzano soprattutto nell’America rurale e bovara che vota repubblicano ma poi ai mezzi statunitensi preferisce quelli esteri. Nel corso del 2024, annus horribilis per l’intera industria dell’auto, la domanda americana per Toyota è aumentata del 4,3%, con 2,73 milioni di unità vendute, risultato di gran lunga superiore a quello registrato in Europa dove l’incremento si è fermato al 3,6% e 1,17 milioni di veicoli.

LE FOSCHE PREVISIONI DEL MARCHIO GIAPPONESE

Si comprende insomma perché il governo nipponico, appena la Casa Bianca ha alzato il velo sui dazi che avrebbero sferzato l’industria dell’auto, ha perduto l’abituale tatto diplomatico e il sangue freddo da samurai protestando con inusuale fervore.

Il fiore all’occhiello del Giappone, Toyota, quest’oggi ha dichiarato di aspettarsi un crollo del 34,9% dell’utile netto per l’esercizio finanziario 2025-2026, iniziato all’inizio di aprile, tenendo conto delle pesanti perdite previste a causa delle sovrattasse doganali statunitensi volute da Trump.

Quanto all’esercizio 2024-25 che in Giappone si chiude a fine marzo, il produttore ha registrato un calo del 3,6% dell’utile netto, a 4.765 miliardi di yen (29,3 miliardi di euro) a fronte di un aumento delle vendite del 6,5% a 48.037 miliardi di yen (295 miliardi di euro).

TRUMP FARA’ USCIRE DI STRADA I CONTI DI TOYOTA?

Se ci si fermasse ai risultati della singola trimestrale saremmo testimoni di una sbandata controllabile per un marchio che, pur rifiutando aspramente di rincorrere le sirene della mobilità elettrica, nel 2024 ha visto le vendite dei propri ibridi compiere un balzo di poco superiore al 21 per cento mentre a livello globale, per il quinto anno consecutivo, ha mantenuto il primato nelle vendite globali, con 10,82 milioni di veicoli venduti, nonostante un calo del 3,7% rispetto all’anno precedente.

Ma a preoccupare i giapponesi di Toyota è appunto ciò che accadrà sul fronte dei dazi, dato che i balzelli voluti da Trump avrebbero già impattato sull’utile operativo per oltre 1,1 miliardi di euro tra aprile e maggio e, proiettati sul lungo periodo, sarebbero capaci di zavorrare a tal punto i conti del costruttore da far crollare l’utile netto del 35 per cento circa.

IL PREMIER ISHIBA SI SFOGA IN TV

Il dialogo tra il Giappone e gli Usa è guardato con attenzione da tutti persino più di quello tra Usa e Regno Unito (l’Uk, è parere diffuso, godrà a prescindere di un regime di favore) in quanto potrebbe fare da apripista ad accordi analoghi che gli States potrebbero concludere con gli altri Stati in cerca di soluzioni migliori.

Il Paese del Sol Levante, conscio di quanto sia importante il mercato statunitense per la propria industria e della pericolosità della concorrenza crescente rappresentata dai suoi vicini di casa (dalla Cina alla Corea del Sud) si è mosso immediatamente attivando la propria diplomazia, ma il dialogo sembra arrivato a un punto morto se il primo ministro giapponese Shigeru Ishiba continua a ripetere ai media locali che i dazi sono “inaccettabili” aggiungendo che il governo di Tokyo ha già “avuto discussioni approfondite e molto serrate, ma non potremo mai accettare dazi su automobili e prodotti simili”.

LE MINACCE DEL MINISTRO DELLE FINANZE SUL DEBITO USA

Ishiba ha ammesso di aspettarsi “difficoltà di liquidità nel breve termine”, rassicurando però industriali e cittadini di aver “già predisposto l’allentamento o la rimozione dei requisiti per i finanziamenti e messo in piedi un servizio di consulenza immediatamente operativo”.

Particolarmente aggressivo il ministro delle Finanze Katsunobu Kato che in televisione ha lasciato intendere che se la situazione non si sbloccherà rapidamente il Giappone potrebbe utilizzare le sue massicce riserve di titoli di Stato americani come strumento di pressione nei negoziati commerciali con Donald Trump.

COSA FARANNO LE CASE GIAPPONESI PER EVITARE I DAZI

Mentre la politica annaspa, gli industriali preparano velocemente piani di riserva: secondo Reuters, Toyota starebbe pianificando di produrre la prossima Rav4 negli Stati Uniti così da mettere al riparo la sua Suv di punta dai balzelli doganali voluti da Trump.

Nel caso in cui l’azienda guidata da Koji Sato andasse fino in fondo con tale proposito, questo vorrebbe dire sottrarre la produzione agli stabilimenti nipponici ma soprattutto a due dei tre hub canadesi del gruppo, finiti nel centro della guerra dei dazi ben prima dell’offensiva commerciale scatenata dal tycoon dal giardino delle rose della Casa Bianca a inizio aprile dato che il presidente Usa aveva anzitutto assestato bordate agli stati confinanti: Messico e Canada appunto.

COLPITA LA PRODUZIONE CANADESE?

Dal 2019 il fortunato modello Rav4 viene prodotto anche in Tmmc North che si trova a Cambridge, in Ontario e ha così affiancato l’altro impianto canadese del Gruppo, Tmmc West, che ha sede sempre in Canada. Gli stabilimenti canadesi Tmmc Nord e Ovest producono circa 350.000 RAV4 all’anno, ovvero oltre 1.400 RAV4 al giorno.

Nel marzo 2022, Tmmc è anche diventata la prima azienda al di fuori del Giappone a produrre due veicoli Lexus, il marchio premium nel portafogli dell’azienda nipponica. Si comprende insomma quanto i dazi di Trump rischino di far male pure in via indiretta all’economia canadese dato che la produzione sembra destinata a essere rimodulata fortemente.

SI PUNTA TUTTO SUL KENTUCKY

Tutto ciò a favore dello stabilimento statunitense nel Kentucky che a breve compirà 40 anni. Già oggi l’impianto statunitense è il più grande che Toyota ha al mondo, in grado di produrre 550.000 veicoli e oltre 600.000 motori all’anno. Fondato nel maggio del 1986 e avviato esattamente due anni dopo, nel maggio 1988, ha prodotto oltre 14 milioni di mezzi, occupando stabilmente più di 9.950 persone.

Oltre alla Camry Hybrid, l’auto più venduta in America, Toyota Kentucky produce anche la Rav4 Hybrid e le Lexus ES 350 e 300h e i motori a quattro cilindri e V6. Sempre secondo Reuters per compiere la decisa sterzata a favore della linea americana Toyota avrà bisogno di almeno un paio di anni.

HONDA CORRE NELL’INDIANA

Esattamente come Toyota un altro importante marchio nipponico, Honda, starebbe per sovvertire la propria filiera per mettersi al riparo dai dazi. Questa volta a farne le spese sarebbe il Messico, dato che a Guanajuato l’azienda guidata da Toshihiro Mibe produce le Civic destinate al mercato statunitense. Anche in questo caso la prima a svelare le nuove mosse nipponiche è stata Reuters.

Nel 2024 Honda ha venduto 1,4 milioni di veicoli: numeri che rendono gli States un mercato irrinunciabile, presidiato con una filiera che al momento è sostenuta almeno al 40% del totale tra Messico e Canada. Ecco perché mentre Honda si appresta a tirare il freno sulla produzione nell’impianto del sobborgo di Celaya avviato nel 2014 dovrebbe contemporaneamente pigiare l’acceleratore a Greensburg, nell’Indiana, in cui si produce già la Civic assieme alla gemella ibrida. In questo caso però si parla di un avvio del piano solo nel 2028. Nessuna delle due case potrebbe resistere tanto, per questo la soluzione di compromesso dovrà giungere dalla politica.

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