Nonostante la guerra commerciale Usa Cina sia in una fase di studio, se ne cominciano a vedere già gli effetti sull’export del Dragone, che ad aprile ha conosciuto un drastico calo che mette in forti difficoltà gli operatori economici esposti al mercato a stelle e strisce. Ne ha scritto l’Economist in un articolo di cui riporteremo le informazioni più rilevanti integrandole con quelle fornite dalle fonti ufficiali e dai principali quotidiani anglosassoni.
Prospettive cupe.
Come l’Economist aveva già scritto in un precedente articolo, malgrado ambedue le superpotenze abbiano espresso l’auspicio di una de-escalation che perlomeno mitighi l’offensiva tariffaria reciproca, un accordo formale sembra ancora lontano, almeno nel breve termine. Nel frattempo, osserva la testata britannica, il WTO prevede che le esportazioni cinesi verso gli Usa, che nel 2024 ammontavano a circa 440 miliardi di dollari, potrebbero crollare quest’anno del 77%.
Export in picchiata.
Ormai è chiaro che i dazi stanno mordendo. Stando a quanto riporta il Wall Street Journal, a fine aprile il principale indicatore degli ordini di esportazione ha toccato il minimo dal 2022, evidenziando così un significativo rallentamento.
Se i dati delle Dogane cinesi segnalavano che l’export totale nel mese di marzo era aumentato del 12,4%, con un balzo attribuito all’anticipazione degli ordini al fine di evitare i dazi trumpiani, il trend si è invertito ad aprile e segnala ora una robusta flessione.
È stato appena diffuso un rapporto della Banca Mondiale da cui emerge come le esportazioni cinesi verso l’America, che nel 2024 rappresentavano il 15% del totale dell’export del Paese, sono diminuite del 37% nel primo trimestre del 2025. Come ha osservato Reuters, tali dati confermano l’impatto devastante dei dazi introdotti ad aprile dall’amministrazione Trump.
Indicatori della crisi.
Un indicatore di tale malessere segnalato dall’Economist lo offre il porto di Ningbo-Zhoushan, uno dei più importanti del Paese, che nel 2024, secondo i dati resi disponibili dal Ministero dei Trasporti cinese, aveva gestito 1,33 miliardi di tonnellate di merci. Ma nella settimana dal 7 al 13 aprile 2025 il carico movimentato è crollato rispetto alla settimana precedente del 9,7%, mentre il traffico container presentava un calo del 6,1%.
Il problema però, rileva il Financial Times, non è circoscritto ma generalizzato, perché ad aprile le prenotazioni di container dalla Cina agli Stati Uniti sono crollate del 67% in una sola settimana, evidenziando l’impatto immediato dei dazi.
Malgrado il Pil sia cresciuto del 5,4% nel primo trimestre, un rapporto dell’Ufficio Nazionale di Statistica cinese confermava i presagi evidenziati dalla contrazione delle esportazioni verso gli Stati Uniti calcolata, stando a quanto riportato dal New York Times, al 20% già negli stessi primi tre mesi dell’anno.
Dramma nello Zhejiang.
Un’altra spia della crisi in corso è quanto avvenuto nel porto di Ningbo-Zhoushan, nella provincia di Zhejiang che è un colosso dell’export cinese, con circa 90.000 aziende che producono per i mercati internazionali.
Il volume di container trasportati dalle fabbriche al porto è diminuito fino a un terzo nelle ultime settimane. Come riferito dal Financial Times, il gigante delle spedizioni COSCO ha riportato infatti nelle prime tre settimane di aprile un calo rispetto a marzo del 12-13% nel volume di container trans-Pacifici, e le previsioni sono di un ulteriore peggioramento entro fine mese che potrebbe toccare il 20%.
La sofferenza delle imprese.
Le imprese site nella stessa provincia dello Zhejiang stanno ormai affrontando gravi perdite. Ad esempio Shuangma, un produttore di plastica, ha perso ordini per circa 20 milioni di dollari, mentre Feilong, un’azienda di elettrodomestici, ha riferito ai media statali cinesi che gli ordini americani per 3.000 frigoriferi e lavatrici sono stati annullati.
Ma a soffrire sono anche le piattaforme di e-commerce cinesi come Temu e Shein. Secondo un articolo di Bloomberg, esse hanno subito a causa dei dazi un aumento dei costi del 30% sui prodotti spediti negli Stati Uniti sui pacchi sotto gli 800 dollari, portando ad aprile ad un calo del 60% nella domanda di trasporto aereo per l’e-commerce.
Le conseguenze rischiano di essere devastanti soprattutto sui lavoratori. Goldman Sachs stima infatti che, se la guerra commerciale dovesse persistere, sarebbero a rischio ben 16 milioni di posti di lavoro nel settore esportazioni.
Tentativi di mitigazione.
Conscio della gravità della situazione, Pechino sta cercando strategie alternative dirette a mitigare l’impatto dei dazi. Le strade da seguire sono essenzialmente due: incoraggiare gli esportatori a diversificare i mercati e puntare sul consumo interno.
I funzionari locali stanno offrendo consigli in tal senso alle aziende, mentre il Politburo, dopo una riunione tenutasi qualche settimana fa, ha promesso di facilitare l’accesso al credito per gli esportatori. C’è già chi si è adeguato come il gigante tecnologico JD.com che ha annunciato l’intenzione di acquistare beni precedentemente esportabili per 200 miliardi di yuan da rivendere sul mercato interno.
Anche le scorciatoie hanno i propri limiti.
Un’altra strada perseguita per contenere i danni è ben simbolizzata, riferisce ancora l’Economist, dal caso di Su Zhan, proprietario di un’azienda di cappellini a Yiwu nota per aver ricevuto l’estate scorsa un’ondata di ordini per i famosi cappellini rossi con la scritta “Make America Great Again”. Ora però i dazi hanno reso questi prodotti troppo costosi per gli importatori americani, determinando la cancellazione di metà degli ordini. Per aggirare l’ostacolo, l’impresa sta valutando ora di spedire i cappellini in Messico rimuovendo l’etichetta “Made in China”.
Ma anche queste strategie presentano limiti. I consumatori cinesi tendono a richiedere infatti prodotti diversi rispetto a quelli destinati all’export. Ad esempio, come riporta Bloomberg, a Yiwu, Ding Heng, un venditore di alberi di Natale in plastica che ha visto gli ordini americani (valore annuo di 1 milione di yuan) sospesi a causa dei dazi, rischia di perdere la stagione natalizia.