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Qual è stato il rapporto di Papa Francesco con l’Unione europea

Papa Francesco e l'Unione europea: fatti, ricordi e approfondimenti. Estratto dal Mattinale Europeo

I dirigenti delle istituzioni dell’Unione europea non hanno fatto mancare le loro parole di cordoglio dopo la scomparsa di Papa Francesco lunedì 21 aprile. “Ha ispirato milioni di persone, ben oltre la Chiesa cattolica, con la sua umiltà e il suo amore puro per i meno fortunati”, ha detto Ursula von der Leyen. “L’eredità di Papa Francesco continuerà a guidarci tutti verso un mondo più giusto, pacifico e compassionevole”, ha aggiunto la presidente della Commissione. “Era profondamente compassionevole. Si preoccupava delle grandi sfide globali del nostro tempo – migrazioni, cambiamenti climatici, disuguaglianze, pace – così come delle difficoltà quotidiane di tutti”, ha detto il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, augurandosi che “le sue idee continuino a guidarci verso un futuro di speranza”. Davvero?

Primo Papa non europeo in oltre un millennio, Francesco ha avuto una relazione diversa con l’Europa e l’Ue da quella dei suoi più vicini predecessori, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. “Sogno di un’Europa sanamente laica, in cui Dio e Cesare siano distinti ma non opposti”, ha scritto Papa Francesco in una lettera sull’Europa il 2 novembre 2020 in occasione del 50esimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra la Santa sede e l’Ue. Per tutto il suo pontificato Papa Francesco ha rispettato questo principio, evitando di cercare di dettare a istituzioni e governi norme morali ispirate dalla Chiesa cattolica che ha guidato. Con un’eccezione. I 12 anni di pontificato sono stati segnati da una profonda e continua rottura con l’Ue e i suoi Stati membri sulle politiche migratorie. Papa Francesco non ha mai smesso di richiamare i dirigenti politici europei alle loro responsabilità nei confronti di chi fugge dalle miserie, dalle persecuzioni e dalle guerre, in nome di un’Europa umanista, che è stata e continua a essere fonte di ispirazione per il resto del mondo. Nel frattempo i politici europei hanno intrapreso e continuato la costruzione di un’Europa fortezza sempre più chiusa ai più disperati del mondo.

L’8 luglio del 2013, tre mesi dopo essere stato eletto Papa in Conclave, Francesco scelse Lampedusa come meta di una delle sue prime visite pastorali. All’epoca la crisi migratoria non aveva ancora travolto l’Ue. Era prevalentemente confinata ai paesi meridionali. La piccola isola italiana al centro del Mediterraneo era diventata il luogo abituale di sbarco di migranti e rifugiati in provenienza dalla Libia e dalla Tunisia. E di cadaveri. Quel giorno, Francesco iniziò la sua omelia citando i titoli dei giornali. “Immigrati morti in mare, da quelle barche che invece di essere una via di speranza sono state una via di morte”. Si era rivolto ai “cari immigrati musulmani” che stavano iniziando il digiuno per il Ramadan. “La Chiesa vi è vicina nella ricerca di una vita più dignitosa per voi e le vostre famiglie”. Il Papa aveva lanciato un appello. “Non si ripeta per favore”. Pochi mesi dopo, il 3 ottobre del 2013, in un naufragio al largo di Lampedusa provocò la morte di 368 persone. Dal 2013, secondo i dati dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni, più di 25 mila persone nel mar Mediterraneo, in gran parte nella rotta del Mediterraneo centrale.

“Cimitero” è un’espressione che Papa Francesco ha utilizzato decine di volte per qualificare il Mediterraneo. “Non si può tollerare che il Mar Mediterraneo diventi un grande cimitero!”, ha detto in un discorso nella plenaria del Parlamento europeo il 25 novembre del 2014. “Sui barconi che giungono quotidianamente sulle coste europee ci sono uomini e donne che necessitano di accoglienza e di aiuto. L’assenza di un sostegno reciproco all’interno dell’Unione Europea rischia di incentivare soluzioni particolaristiche al problema, che non tengono conto della dignità umana degli immigrati”. Era stato un avvertimento premonitore, poco prima della grande crisi dei rifugiati siriani del 2015-16, che ha portato l’Ue sull’orlo dell’implosione e le cui ripercussioni continuano a condizionare le sue scelte politiche.

Due visite di Papa Francesco nell’isola greca di Lesbo, dove vengono rinchiusi migranti e rifugiati in provenienza dalla Turchia, hanno incarnato la sua opposizione alle politiche dell’Ue. La prima dell’aprile 2016, appena dopo la conclusione dell’accordo tra l’Ue e la Turchia per bloccare le partenze dei siriani, si era conclusa con un gesto simbolico forte. Il Papa aveva caricato sul suo aereo dodici rifugiati siriani di cui si sarebbe fatto carico il Vaticano. Ma l’Ue aveva scelto una strada molto diversa. L’accordo Ue-Turchia e il mondo in cui è stato messo in opera ha anche mostrato il trattamento disumanizzante che gli europei sono pronti a infliggere ai migranti per tenerli lontani.

Il campo di Moria, che ha ospitato fino a 13 mila migranti (oltre quattro volte la capienza massima prevista) in condizioni spaventose, nel 2020 è stato distrutto da un incendio appiccato dai rifugiati che protestavano per le condizioni sanitarie aggravate dalla pandemia. Al suo posto è stato costruito un campo provvisorio Kara Tepe, quasi interamente realizzato con i finanziamenti dell’Ue, fatto di alti muri e filo spinato. E’ lì che Papa Francesco è tornato nel dicembre del 2021, per denunciare il “naufragio di civiltà” in Europa. “Il Mediterraneo, che per millenni ha unito popoli diversi e terre distanti, sta diventando un freddo cimitero senza lapidi. Questo grande bacino d’acqua, culla di tante civiltà, sembra ora uno specchio di morte. Non lasciamo che il mare nostrum si tramuti in un desolante mare mortuum”, ha detto Papa Francesco.

Argentino, figlio di emigrati di origine italiana, Papa Francesco nei suoi discorsi e nelle sue lettere ha espresso spesso una visione idealizzata dell’Europa, incrocio multiculturale fertile, che aveva saputo superare le guerre grazie ai suoi ideali. Il 6 maggio del 2016, ricevendo il premo Carlo Magno, Papa Francesco aveva confessato di sognare “un nuovo umanesimo europeo” di fronte a un’Europa che a molti sembra “stanca e invecchiata, non fertile e vitale, dove i grandi ideali che hanno ispirato l’Europa sembrano aver perso forza attrattiva”. Aveva denunciato “un’Europa che si va ‘trincerando’ invece di privilegiare azioni che promuovano nuovi dinamismi nella società”. Aveva esortato i leader a superare gli interessi nazionali per “costruire dei ponti e abbattere muri”.

Le posizioni di Papa Francesco sull’immigrazione, la storia e l’ambiente, così come il rifiuto di mettere la Chiesa cattolica al servizio della guerra culturale condotta dalle forze reazionarie gli hanno procurato molti nemici nell’estrema destra in Europa e oltre Atlantico. Matteo Salvini in Italia, Marine Le Pen in Francia, Santiago Abascal in Spagna sono tra i molti che hanno criticato e polemizzato con il Papa. Perfino Giorgia Meloni, quando era una leader dell’estrema destra più radicale, prima della sua conversione a nazionalista pragmatica, ha detto di sentirsi come “una pecorella smarrita” perché “non sempre ho compreso Papa Francesco”.

Nella lettera del 2 novembre 2020, Papa Francesco aveva lanciato un altro grido contro l’internazionale reazionaria che nel frattempo ha preso il potere in diversi paesi occidentali. “Europa, ritrova te stessa! Quindi ritrova i tuoi ideali che hanno radici profonde. Sii te stessa! Non avere paura della tua storia millenaria, che è una finestra sul futuro più che sul passato”, perché “mentre in Europa molti si interrogano sconfortati sul suo futuro, molti la guardano con speranza, convinti che abbia ancora qualcosa da offrire al mondo e all’umanità”. I dirigenti europei che onorano la memoria di Francesco, farebbero bene a seguire la lezione ottimista sull’europeismo umanista del papa non europeo.

(Estratto dal Mattinale Europeo)

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