È trascorso quasi un anno da quando il gigante cinese del fast fashion Shein ha depositato in via riservata i documenti per l’IPO a Londra e ora, secondo due fonti a conoscenza della questione, citate da Reuters, avrebbe ottenuto l’approvazione della Financial Conduct Authority (FCA) britannica – il che indica un significativo passo in avanti verso la quotazione in Borsa.
Manca però il via libera di Pechino e dovrà anche fare i conti con le turbolenze del mercato causate dai dazi del 145% imposti dal presidente americano Donald Trump sulle merci cinesi e dalle regole più severe sulle spedizioni esenti da dazi dalla Cina agli Stati Uniti.
IL SILENZIO DI PECHINO
Stando a Reuters, nelle scorse settimane Shein ha informato dell’approvazione da parte della Fca britannica la China Securities Regulatory Commission (Csrc), la quale tuttavia non si è ancora espressa. Il rivenditore online infatti è soggetto alle nuove regole di Pechino per la quotazione in Borsa delle aziende cinesi offshore.
Sfumato il sogno di quotarsi a Wall Street dopo le pressioni dei legislatori statunitensi preoccupati per le presunte pratiche di lavoro nella sua catena di approvvigionamento in Cina, l’azienda aveva chiesto l’anno scorso l’approvazione di Pechino per quotarsi in Borsa a Londra, nonostante abbia trasferito la propria sede da Nanchino a Singapore nel 2022.
Inoltre è sottoposta alle regole di quotazione della Csrc perché non possiede né gestisce alcun impianto di produzione, ma si rifornisce di prodotti da circa 5.800 produttori terzi a contratto, principalmente in Cina.
VALUTAZIONE IN CALO
Shein, che vende abiti a 10 dollari e jeans a 12 in oltre 150 Paesi, a febbraio si era detta intenzionata a ridurre la sua valutazione in una potenziale quotazione a circa 50 miliardi di dollari, quasi un quarto in meno rispetto alla valutazione di 66 miliardi di dollari ottenuta nel suo ultimo round di raccolta fondi nel 2023. E stando a Bloomberg, era sotto pressione per ridurre la sua valutazione a circa 30 miliardi di dollari.
Adesso, secondo le fonti, la valutazione dell’eventuale IPO dipenderà dall’impatto della risoluzione de minimis sulla sua attività e l’importo da raccogliere rimane poco chiaro. Come osserva Reuters, “la volatilità del mercato azionario dell’ultima settimana rende molto difficile la determinazione del prezzo di un’IPO e ha indotto società come la fintech svedese Klarna a sospendere i propri piani di quotazione”.
LA FINE DELLA PACCHIA
L’azienda sperava di quotarsi già nella prima metà di quest’anno, ma la decisione di Trump di abolire l’esenzione de minimis prevista per le importazioni inferiori agli 800 dollari ha complicato i progetti. La scorsa settimana il presidente Usa ha firmato un ordine esecutivo che pone ufficialmente fine al questo tipo di esenzione per le spedizioni da Cina e Hong Kong a partire dal 2 maggio.
Ora, l’introduzione dei dazi al 145% rende ancora più probabile che le ambizioni di Shein non si realizzino prima della seconda metà dell’anno.
BASTERÀ CAMBIARE STRATEGIA?
In questo contesto, i prezzi bassi che finora hanno garantito a Shein un successo senza eguali dovranno però essere riconsiderati. L’azienda lo aveva previsto e, per adattarsi al nuovo scenario, ha aggiunto fornitori in Brasile e Turchia.
Restano tuttavia le preoccupazioni legate alla guerra commerciale di Trump che fanno temere una ripresa dell’inflazione e un indebolimento della spesa dei consumatori negli Stati Uniti.