Due italiani sono stati fermati in Argentina, avrebbero pagato 5.000 euro a una 28enne in cambio di un bimbo che ha appena 15 giorni: la pratica che si chiama “utero in affitto”, “maternità surrogata” o “gestazione per altri” a seconda di quanto si voglia spingere l’eufemismo e ammantare di politicamente corretto una pratica di schiavitù orrenda. La gestante, infatti, sarebbe stata indotta ad accettare questo squallore dalla condizione di povertà, anche se le autorità argentine sospettano lo sfruttamento da parte di un giro criminale.
Il caso ha avuto risalto soprattutto perché è il primo che ricade nelle recenti norme che hanno reso l’utero in affitto un “reato universale”, come lo definisce il roboante lessico panpenalista, cioè perseguibile anche se commesso all’estero. Una novità fortemente voluta dal governo e avversata fieramente dall’opposizione, non si capisce del tutto perché: c’è sicuramente la volontà di allargare le maglie della libertà di fare figli come, quando e con chi si vuole, anche quando questa tendenza provoca situazioni di sfruttamento, di degrado morale e umano.
Situazione simile, del resto, si verifica con le migrazioni. La posizione della maggioranza è netta: incentivare i flussi regolari, che infatti sono stati normati e aumentati, ma stroncare con ogni mezzo quelli irregolari. Sui quali l’opposizione, in particolare di sinistra, tuona con slogan buonisti a favore dei poveretti che si imbarcano per il Mediterraneo e arrivano sulle nostre coste. Ma è ovvio e notorio che queste persone sono pedine di un gioco criminale che, di nuovo, definire schiavitù non è esagerato: una cinica filiera che parte da chi organizza i viaggi e passa per chi assolda manovalanza illegale, costringendola a lavori massacranti e malpagati quando non a delinquere.
Perché la sinistra non ha reale sensibilità verso i nuovi schiavi e non si indigna a sufficienza contro i loro sfruttatori? Questo problema culturale e sociale ce lo trasciniamo da decenni, il melting pot del lavoro e dei diritti presunti ha portato in realtà ad aumentare i divari globali e locali (coloro che migrano e che acquistano figli sono i più abbienti rispetto ai loro ambienti di provenienza), colpendo e indebolendo nel contempo le fasce meno fortunate, per esempio gli operai delle fabbriche o delle campagne italiane che hanno visto nel corso del tempo diminuire il proprio peso contrattuale.
Ma anche sulla droga, senza ombra di dubbio strumento di schiavitù, i ruoli sono i medesimi, con la destra che tendenzialmente combatte e la sinistra che giustifica o, al massimo, propone di risolvere con la legalizzazione. Misura palesemente insufficiente e contraddittoria, che spingerebbe i narcos solo ad alzare l’asticella della loro offerta, abbassando l’età dei consumatori o alzando i principi attivi delle sostanze. Entrambe le cose, purtroppo, non sono più neppure delle ipotesi ma realtà fattuali.