Quando, nel marzo del 2016, General Motors acquisì l’allora startup Cruise per una cifra mai rivelata (si parla di 500 milioni di dollari), la strada per i ragazzi di San Francisco – è stata fondata da Kyle Vogt e Dan Kan – sembrava tutta in discesa. E Cruise appariva l’ennesima realtà in scia a Google, partita da uno scantinato (o meglio, un garage dato il core business) e arrivata velocemente alle stelle.
CHI HA FATTO IL PIENO AI ROBOTAXI CRUISE
L’impressione che il sogno americano fosse ancora alla portata di tutti si è avvertita più volte, anche in anni recenti: per esempio nel gennaio del 2021, quando più di 2 miliardi arrivarono da Microsoft, Gm, Honda e altri investitori istituzionali. E qualche mese dopo, quando, stante l’uscita di scena di SoftBank Vision Fund, General Motors acquisì le sue azioni per 2,1 miliardi di dollari e ne mise sul piatto altri 1,35 miliardi.
L’ANNUS HORRIBILIS DELLA GUIDA AUTONOMA
La strada per la guida autonoma – e per il successo – è lastricata di buone intenzioni e soldi fruscianti, ma pure ricca di ostacoli. E la corsa di Cruise si è brutalmente interrotta lo scorso anno, con un sinistro avvenuto a San Francisco, tra le prime città Usa ad avere aperto le proprie strade a questo genere di sperimentazioni, che è costato all’ex startup la pesante accusa di non aver comunicato alle autorità tutte le informazioni in merito e, soprattutto, il ritiro della licenza per servire come robotaxi.
GENERAL MOTORS DECAPITA CRUISE
Da allora per Cruise è stato un susseguirsi di pessime notizie che hanno portato General Motors all’inevitabile decisione di azzerarne il management nel tentativo di recuperare almeno un po’ della fiducia andata perduta.
Parallelamente, l’azienda madre ha fermato tutte le corse, messo le morse a pneumatici e al team di R&D, sforbiciato l’organico e iniziato a diminuire gli investimenti sulla guida autonoma. È stato calcolato che la breve corsa dei robotaxi di Cruise sarebbe già costata a General Motors oltre 8 miliardi di dollari.
SI RIPARTE DA DALLAS, NUOVAMENTE COME STARTUP
E ora? Adesso Cruise prova a ripartire e lo fa nuovamente ridotta al ruolo di startup. Come si legge su TechCrunch la realtà in cui hanno investito miliardi anche Microsoft e Honda ha appena messo in strada a Dallas tre robotaxi.
FIDARSI DELLA GUIDA AUTONOMA È BENE, NON FIDARSI…
Un numero infinitamente piccolo, ben lontano dalla flotta che circolava solo fino a pochi mesi fa lungo le strade di San Francisco, che ben permette di comprendere la crisi – economica ma anche fiduciaria – in cui è piombata Cruise.
Anche perché, se prima i test avvenivano senza conducenti e consentivano già il trasporto di passeggeri, adesso la società di Gm non può prendere a bordo nessuno ed è in più obbligata all’uso di autisti, pronti a intervenire nel caso in cui il cervellone del mezzo desse nuovamente i numeri.
TEXAS PIGLIATUTTO?
L’apertura di Dallas naturalmente ha salvato Cruise dal restare in garage a tempo indefinito e soprattutto dimostra ancora una volta come, dopo Tesla che ha scelto Austin come quartier generale attratta dalle politiche “pro imprese”, il Texas stia attuando una politica sempre più aggressiva nei confronti della California, “startup nation” a stelle e strisce per antonomasia, con l’evidente obiettivo di sottrarle idee, talenti e giovani realtà.