L’incendio in corso in Medio Oriente risucchia un nuovo attore, il Pakistan, colpito martedì da un raid iraniano che ha provocato la dura risposta di Islamabad arrivata giovedì sotto la forma di un analogo attacco con missili e droni nella provincia iraniana di confine del Sistan-Balucistan. Ma non sarà guerra aperta tra due nazioni che anche in queste ore drammatiche si chiamano sorelle precisando in modo del tutto simile che quelle incursioni erano dirette solo contro gruppi terroristici. Ecco tutto quello che c’è da sapere su due episodi consecutivi che hanno allarmato in egual misura Washington e Pechino.
La risposta necessaria del Pakistan
Benché lanciati contro una nazione sorella nell’Islam a scopo esclusivamente di prevenzione antiterrorismo, gli inediti raid iraniani di martedì scorso nel Balucistan pakistano non potevano ovviamente restare senza risposta.
Lo aveva chiarito lo stesso governo di Islamabad in un comunicato emesso poche ore dopo e col quale si condannavano “la non provocata violazione del (nostro) spazio aereo da parte dell’Iran e l’attacco dentro il territorio pakistano che è risultato nella morte di due bambini innocenti e nel ferimento di due bambine. (…) Questa violazione della sovranità del Pakistan – concludeva la dichiarazione vergata dal ministero degli Esteri – è completamente inaccettabile e potrà avere gravi conseguenze”.
L’annuncio
Le conseguenze si sono materializzate meno di 48 ore dopo, quando il Pakistan, come riferisce la Bbc, ha annunciato di aver colpito “nascondigli dei terroristi” nella provincia sudorientale iraniana del Sistan-Balucistan.
Il ministero degli Esteri pakistano ha quindi annunciato che le forze armate del Paese hanno condotto “strike di precisione” con quelli che l’esercito di Islamabad ha successivamente precisato, come riporta ancora Bbc, essere droni, razzi e missili a lungo raggio che hanno preso di mira obiettivi del Balucistan Liberation Army e del Balucistan Liberation Front, due gruppi che da decenni conducono una battaglia violenta per ottenere autonomia o indipendenza per la parte pakistana del Balucistan.
Attacchi ma a distanza
Un dettaglio importante viene precisato dall’Associated Press: nell’attacco sono state impiegate quelle che nel gergo militare anglosassone si chiamano “standoff weapons”, ossia missili che vengono lanciati a distanza dagli aerei, a indicare che i jet del Pakistan non hanno assai probabilmente sconfinato in territorio iraniano.
Minaccia imminente
Chiarendo che Islamabad “rispetta pienamente la sovranità e l’integrità territoriale” del Paese colpito, il ministero degli Esteri del Pakistan ha successivamente spiegato che i raid condotti in sette luoghi diversi nei dintorni della città di Saravan, che si trova a trenta miglia oltre il confine, sono stati il risultato di “credibili informazioni di intelligence circa imminenti attività terroristiche su larga scala”.
Il bilancio
Come rivelato dal vicegovernatore della provincia all’Associated Press, i raid nel Sistan-Balucistan hanno causato la morte di sette persone, di cui quattro bambini, nessuno dei quali – particolare rilevante – era cittadino iraniano. Secondo quanto hanno dichiarato i separatisti dell’Esercito di Liberazione del Balucistan, si trattava di “innocenti martiri baluci”.
Fibrillazioni
Naturalmente l’Iran è sotto choc dopo quello che è stato il primo attacco dentro i suoi confini da più di trent’anni, e infatti il governo ha subito convocato l’incaricato d’affari del Pakistan, non potendo ascoltare quell’ambasciatore che Islamabad aveva richiamato in patria poche ore prima in risposta al raid iraniano di martedì.
Nessuno vuole l’escalation
Ma come chiarisce il New York Times, Teheran non ha alcuna intenzione di provocare l’escalation con quello che il ministero degli Esteri ha definito un vicino amico, spiegando che l’Iran “non intende permettere ai nemici di guastare le amichevoli e fraterne relazioni tra Teheran e Islamabad”, precisando che la prima distingue nettamente tra il governo “alleato” del Pakistan e i gruppi terroristici che operano e si nascondono in quel Paese.
Ma anche il Pakistan, secondo il Nyt, non ha alcun interesse a calcare la mano con una crisi che rischia di distrarre il Paese dai gravi problemi politici ed economici che lo affliggono. Tra l’altro l’8 febbraio i pakistani andranno al voto in elezioni rese turbolente dagli strascichi del clamoroso arresto del popolare ex primo ministro Imran Khan.
Risposta necessaria
Ma quegli strike in Iran proprio non si potevano evitare, sottolinea al quotidiano della Grande Mela l’analista Syed Muhammad Alì, per il quale “una risposta calcolata e tempestiva era necessaria per confutare l’errata percezione dell’Iran che un attacco militare non provocato e a sorpresa sul Pakistan non poteva generare una forte, veloce ma calibrata risposta”.
“Il governo e l’esercito” del Pakistan, commenta all’AP l’analista del Pakistan Institute for Conflict and Security Studies Abdullah Khan, “sono stati sottoposti a un’immensa pressione. L’Iran infatti aveva celebrato il suo attacco nei suoi media e la percezione pubblica in Pakistan di un esercito forte” a quel punto era a rischio.