Martedì scorso Meta ha chiuso l’account Instagram di Outpump, magazine digitale di lifestyle e non solo, per “violazione di copyright fotografico”. Ma non è stata l’azienda di Mark Zuckerberg ad accorgersi dell’infrazione. A segnalarla è stata infatti una società americana di nome Okularity, la cui specializzazione è andare alla ricerca di chi non rispetta il copyright.
Missione rispettabilissima se non fosse che, per sbloccare l’account, Okularity chiede una somma di denaro spesso molto onerosa e improponibile a seconda del malcapitato, senza passare per tutte le tappe previste dalla legge.
COSA FA OKULARITY
“Siamo specializzati nel trovare le vostre immagini, fotografie e video su Internet e sulla stampa”. Così si presenta sul proprio sito Okularity, azienda californiana fondata nel 2015 con sede a Beverly Hills.
Attraverso l’uso di un software, Okularity rintraccia e abbina online milioni di fotografie e video su Internet, social media e pubblicazioni cartacee allo scopo di proteggere il lavoro di migliaia di fotografi e agenzie.
La ricerca di fotografie è il loro “servizio di punta” pensato per rilevare l’uso legittimo e non autorizzato di un marchio online e non solo.
I VERTICI
Ai vertici di Okularity ci sono Jon Nicolini (Ceo) e il legale specializzato in proprietà intellettuale Peter Perkowski (General Counsel), che nei suoi casi significativi cita le controversie sul diritto d’autore relative ai franchise cinematografici di James Bond e Spider-Man.
IL CASO OUTPUMP
Un paio di giorni fa nel mirino di Okularity è finito il magazine digitale Outpump, o meglio, il suo profilo Instagram. L’azienda, da quanto fa sapere la testata, ha infatti segnalato a Meta una sua “violazione di copyright fotografico”, che ha portato alla sospensione dell’account.
“Outpump – si legge nella nota di redazione – avrebbe infatti postato immagini di cui non possedeva il copyright sul proprio account”.
LA RICHIESTA DI 150MILA EURO PER SBLOCCARE L’ACCOUNT
Il magazine poi aggiunge che per sbloccare l’account ha ricevuto dall’azienda la richiesta di pagare 150mila euro. “Un ricatto”, scrive Outpump, “perché [il modo di operare di Okularity, ndr] non segue un iter basato su leggi o normative, ma al contrario opera uno slalom tra i paletti nelle zone grigie del mondo del copyright digitale, senza distinguere tra diritto di cronaca e fini commerciali, tra il possesso e l’utilizzo”.
UNA PRATICA CONCLAMATA
Ma Outpump riferisce inoltre di non essere l’unico a essere finito nella rete di Okularity e parla di una “pratica ormai conclamata”. Nel luglio 2020 era accaduto a PAPER Magazine e lo scorso maggio al media spagnolo HIGHXTAR. Al primo era stato chiesto circa un milione di dollari e al secondo 120.000 euro.
Tuttavia, “anche molte celebrities – scrive Outpump – sono state ricattate da questo punto di vista, in primis Kim Kardashian, Bella Hadid e David Beckham”, i quali sono stati citati in giudizio per aver pubblicato foto non autorizzate dai paparazzi.
Okularity, secondo le sue vittime, raccoglie i post incriminati e poi li segnala contemporaneamente per uso improprio in termini commerciali in modo da far arrivare una marea di segnalazioni di violazioni (strike) sul profilo di chi li ha postati e, di conseguenza, far bloccare l’account. In seguito procede alla richiesta di ingenti cifre economiche per risolvere la situazione.
Inoltre, come sottolinea Outpump, non si ha nemmeno la certezza che, una volta pagata la somma richiesta, Okularity lo notifichi a Meta facendo cadere le accuse.
LA CAUSA LEGALE DI PAPER MAGAZINE
PAPER Magazine, che ha aperto un nuovo profilo (all’epoca della sospensione aveva 1,7 milioni di follower, oggi 1,9 milioni), ha avviato una causa legale contro Okularity accusandola di aver “creato un software con l’esplicito scopo di disabilitare account commerciali di valore sulle piattaforme di social media, in modo da poter poi chiedere somme estorsive ai titolari degli account per ripristinarli”.
COSA DICE LA LEGGE
I copyright fotografici, come afferma anche Outpump, vanno ovviamente rispettati, su carta come online, e per questo negli Stati Uniti è stato definito nel 1998 il Digital Millennium Copyright Act, che ha appunto l’obiettivo di proteggere la diffusione online di proprietà intellettuali.
L’iter, tuttavia, prevede che le foto prima vengano identificate e visionate da un legale e che poi si proceda con una lettera di avviso che può portare a una risoluzione economica, a una rimozione di un contenuto o, eventualmente, di un account, che però non può essere tenuto in ostaggio. In un contenzioso infatti nessuno dovrebbe essere punito prima ancora di essere giudicato colpevole.
NICOLINI: TROLL DEL COPYRIGHT?
Ma quanto messo in atto dal Ceo di Okularity, già coinvolto in cause simili quando lavorava per la società di monetizzazione del copyright CegTek International, è un abuso della legge finalizzato a “ottenere vantaggi impropri”, scrive Outpump, poiché il bombardamento di segnalazioni inviato a Meta si conclude con la sospensione dell’account e dunque salta tutto l’iter legislativo senza portare a verifiche approfondite.