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Cosa cambia per l’Italia e l’Europa dopo il memorandum con la Tunisia

Il memorandum con la Tunisia ha un approccio globale, che non si limita ai migranti ma include anche l'energia e gli scambi universitari. Conversazione di Marco Orioles con Michela Mercuri, docente di Cultura, Storia e Società dei Paesi musulmani all’Università di Padova.

Dopo un lungo braccio di ferro col presidente Kais Saied, l’Europa – auspice la premier Meloni e il suo collega olandese Mark Rutte – ha siglato con la Tunisia un Memorandum che getta le basi per una nuova stagione di cooperazione tra le sponde Nord e Sud del Mediterraneo anche, o forse soprattutto, sul delicato fronte del contrasto all’immigrazione irregolare. Come si è arrivati alla firma e cosa prevedono gli accordi sono gli argomenti affrontato da Start Magazine in questa conversazione con Michela Mercuri, analista e docente di Cultura, Storia e Società dei Paesi musulmani all’Università di Padova.

Quanto è stato faticoso per Meloni e l’Unione convincere Saied ad accettare che nel Memorandum firmato domenica fosse incluso un capitolo sul contrasto alle migrazioni?

Il Memorandum è stato il frutto di un braccio di ferro tra il premier Meloni, la Commissione europea e Saied. Saied ha alzato la posta soprattutto dall’11 giugno, quando c’era stata la precedente visita del trio Meloni, von der Leyen, Rutte, il cosiddetto team europeo. Ha stretto ulteriormente la presa sugli emigranti subsahariani proprio per ottenere sempre di più, e sembra proprio esserci riuscito, visto che l’Ue ha garantito importanti interventi in campo economico, di investimenti e a livello infrastrutturale.

Cosa succederebbe se Saied non intervenisse sui flussi migratori o magari sobillasse ulteriormente la popolazione contro i migranti subsahariani?

Io credo che adesso Saied farà il possibile per tenere fede agli accordi che sono stati frutto, ripeto, di una contrattazione da cui Saied ha ottenuto abbastanza, almeno per ora. Tutto è però condizionato dall’arrivo del ben più cospicuo finanziamento dell’Fmi per il cui arrivo si è spesa anche l’Europa. Quindi io credo che per ora Saied, pur di ottenere questi fondi, farà per così dire il bravo.

Intanto però la pressione migratoria che origina dalla Tunisia è in continuo aumento.

Il problema è che negli ultimi mesi sono nate nel Paese numerose organizzazioni criminali che lucrano sul traffico dei migranti e che spesso sfuggono anche al controllo di Saied. È più o meno quanto è accaduto in Libia: il modello libico è la rappresentazione plastica di quello che potrebbe succedere e sta in parte succedendo in Tunisia, e cioè che Saied non riesca più a controllare quelle organizzazioni che potrebbero operare al di fuori del suo controllo e ovviamente di quello dell’Ue.

Nel frattempo si argina la situazione con la firma di un Memorandum che allarga il campo della cooperazione tra Europa e Tunisia. In cosa consiste?

Per l’approccio con cui è stato costruito, questo Memorandum mi ricorda molto il partenariato euro-mediterraneo risalente al lontano 1995. È un approccio globale, che non riguarda solo i migranti, per cui l’Europa ha stanziato comunque oltre 100 milioni di euro finalizzati a coordinare le operazioni di ricerca e soccorso (cosiddette Sar) Il Memorandum tocca infatti altri aspetti, tra cui l’assistenza microfinanziaria alle imprese tunisine con una dotazione iniziale di 150 milioni di euro destinati a salire più avanti a 900. C’è poi lo sforzo per convincere l’Fmi a erogare i quasi 2 miliardi di dollari richiesti di cui il Paese ha un estremo bisogno. Sono poi previsti altri tipi di investimenti.

Quali?

Quelli ad esempio sulle energie rinnovabili: sono stati stanziati 300 milioni in progetti per l’energia verde. Sono stati poi stanziati 65 milioni per incrementare i contatti tra il popolo tunisino e quelli europei, investendo ad esempio in interscambi universitari col progetto Erasmus. Quindi è un approccio davvero globale, anche se bisognerà capire quanto di ciò che è stato messo sulla carta sarà realizzabile, per creare un’effettiva collaborazione con quello che continua ad essere un Paese instabile, a rischio default e nel quale operano numerose organizzazioni criminali.

Quali sono le potenzialità inesplorate della cooperazione tra sponda Nord e Sud del Mediterraneo?

Non dobbiamo dimenticare che sotto la Tunisia c’è molto di più: c’è l’Africa, ossia un continente in grande difficoltà che sta vivendo una crisi dovuta a fattori come la siccità e la penuria di grano. Ma è un continente che ha tantissime risorse. Il problema è che, proprio per questo, l’Africa è sempre stata depredata. Come Giorgia Meloni ha detto in una recente conferenza, l’Africa non è affatto povera, ma è depredata. Se noi riuscissimo ad attuare un approccio non predatorio verso quei Paesi da cui partono i migranti che raggiungono l’Italia, sicuramente si potrebbe favorire una cooperazione in forme che gioverebbero ad entrambe le sponde del Mediterraneo.

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