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I messaggetti di Cina, India e Russia a Biden

Che cosa è successo al summit della Shangai Cooperation Organization, il Forum intergovernativo creato nel 2001 da Cina e Russia e che aggrega l’India, il Pakistan, quattro Paesi dell’Asia Centrale (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan) e il nuovo membro iraniano.

Si è tenuto martedì il summit della Shangai Cooperation Organization, il Forum intergovernativo creato nel 2001 da Cina e Russia e che aggrega l’India, il Pakistan, quattro Paesi dell’Asia Centrale (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan) e il nuovo membro iraniano. Ma per volontà della Presidenza di turno indiana, tutt’altro che smaniosa di ritrovarsi in giro per Delhi Vladimir Putin, si è svolta in formato virtuale, con una scelta che evidenzia lo iato tra i magniloquenti obiettivi dell’organizzazione e la realtà dei rapporti molto tesi fra i suoi contraenti.

SUMMIT SÌ, MA SOLO ONLINE

A differenza del vertice SCO dell’anno scorso a Samarcanda, che aveva visto tutti i capi di stato riunirsi in Uzbekistan – con Xi Jinping che compì proprio in quell’occasione la sua prima uscita fuori dai confini nazionali dopo tre anni di relegamento in patria causa Covid – per tracciare l’agenda del gruppo, la Presidenza di turno indiana ha preferito ripiegare su un più discreto summit on line.

Come sottolinea Cnn, Delhi non ha fornito nessuna spiegazione per la decisione, salvo dichiarare martedì che il formato virtuale “in nessun modo significa, suggerisce o insinua il minor peso degli obiettivi” del summit. Le rassicurazioni indiane non sono bastate però a compensare l’evidenza di un incontro senza contatti umani, durato appena tre ore e culminato con una dichiarazione congiunta di 5mila parole più breve di quella prodotta l’anno scorso a Samarcanda.

Secondo Manoj Joshi, ricercatore presso l’Observer Research Foundation di Nuova Delhi, il motivo del ridimensionamento è chiaro e rimanda alla volontà dell’ospite, il premier Narendra Modi, di non urtare le “sensibilità occidentali” che sarebbero state turbate alla vista di un Putin “che si aggira” nella capitale indiana.

Identica la convinzione di Steve Tsang, direttore del SOAS China Institute dell’Università di Londra, che, intervistato da Cnn, rimarca come la scelta dell’on line abbia evitato a leader come Modi e Xi di farsi immortalare con un collega radioattivo come Putin.

OBIETTIVI DEI TRE LEADER

Nonostante il declassamento, per il New York Times il summit ha offerto ai leader di Russia, Cina e India un’altra opportunità per perseguire i propri obiettivi strategici,

Per Putin si trattava di mostrare al mondo che la sua presa sul potere dopo il clamoroso mezzo golpe di Prigozhin è ancora salda. Dal canto suo Xi Jinping ne ha approfittato per la consueta rampogna contro gli imperialisti americani e la loro smania di egemonia. Per Modi, infine, è stata un’occasione per evidenziare la crescente statura internazionale del suo Paese.

Per il New York Times il vero punto di convergenza fra i tre leader era rappresentato dalla possibilità di lanciare un segnale diretto all’altra parte del mondo, ossia all’America di Biden: siamo uniti per perseguire il disegno di un nuovo ordine mondiale all’insegna del “multipolarismo”.

LA SFERZATA DI PUTIN

Ovviamente lo zar ha colto la palla al balzo facendo il possibile per mostrare agli americani come la Russia disponga ancora di alleanze solide. Come sottolinea Reuters, durante il suo intervento Putin ha ringraziato i membri della SCO per averlo sostenuto nelle difficili ore dell’ammutinamento della Wagner, ribadendo anche che la Russia non si piegherà dinanzi a quell’Occidente che l’ha posta sotto sanzioni.

Ecco perché Mosca, ha rimarcato Putin, punta a rafforzare i legami con la SCO e a inseguire con loro il sogno di un mondo nuovo mondato dall’egemonia del dollaro.

UN NUOVO ORDINE MONDIALE SINOCENTRICO

Per il presidente cinese il summit ha rappresentato l’ennesima chance per propagandare la sua visione di un nuovo ordine mondiale libero dalla maligna influenza degli Usa. Un ordine che si regga su una “governance globale” non più verticale ma orizzontale e in grado così di meglio promuovere la modernizzazione dei Paesi emergenti e la loro prosperità.

Ovviamente, fa notare ancora il New York Times, queste parole d’ordine non sono altro che “frasi in codice” per rappresentare una visione del mondo al cui centro non c’è più Washington ma Pechino.

GLI INTERESSI DELL’INDIA

A fronte delle lenti ideologiche indossate dai leader russo e cinese, l’approccio di Modi a questo summit SCO è stato improntato al pragmatismo.

L’India guarda con estrema attenzione ai Paesi dell’Asia centrale inclusi nella SCO: il Forum le serve per rafforzare i rapporti con i suoi principali fornitori energetici ma anche per mantenere la propria influenza in un Paese confinante e problematico come l’Afghanistan, e soprattutto per una ragione cogente qual è quella di scongiurare che l’Asia centrale diventi preda esclusiva del rivale cinese.

Ecco perché secondo Sreeram Chaulia, preside della Scuola di Affari internazionali alla O.P. Jindal Global University di New Delhi, nonostante l’ingombrante presenza di Mosca e Pechino, “l’India non uscirà dalla SCO, dato che questo significherebbe privarla di un punto d’appoggio nell’Asia Centrale e concederebbe la regione euroasiatica al suo principale avversario, la Cina”.

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