Quale sarà ora, dopo il fallito golpe dello scorso weekend, il destino del gruppo Wagner e del suo fondatore Evgenij Prigozhin? E quale quello del suo ex alleato di ferro Vladimir Putin, il cui regime ha barcollato per un intero giorno davanti alla fulminea avanzata dei mercenari? Ecco le analisi e le opinioni di tre esperti: l’ucraino Anton Gerashchenko, l’americano Ilan Berman e l’italiana Marta Ottaviani. Ne emerge un quadro articolato e niente affatto scontato dove i punti di convergenza non sono meno interessanti dei pareri discordanti.
Chi pagherà la Wagner ora? L’analisi di Gerashchenko
L’analisi di Anton Gerashchenko, consulente del Ministero dell’Interno di Kiev e seguitissimo commentatore delle vicende belliche su Twitter, muove da una domanda cruciale: “Chi pagherà Prigozhin ora?”.
Who will pay Prigozhin now?
Prigozhin's private army existed thanks to Putin's dirty money.
For the money from selling oil, gas, timber, metals, gold and other resources of Russia to the West and to the East.
Yesterday, Russian media reported that during searches in the…
— Anton Gerashchenko (@Gerashchenko_en) June 25, 2023
Svolgendo un semplice esercizio matematico, ossia moltiplicando il presunto numero dei mercenari della Wagner (circa 50.000) per il valore della paga mensile (240.000 rubli), ne emerge un totale di 150 milioni di dollari al mese. A questa somma andrebbe aggiunta la cifra considerevole per mantenere in piedi, tra armamenti e rifornimenti vari, l’esercito privato di Prigozhin. Si arriva così a un totale, secondo la stima di Gerashchenko, compreso tra 250 e 350 milioni di dollari mensili.
Dettaglio importante aggiunto dal consulente sulla base delle dichiarazioni pubbliche di Prigozhin: la Wagner funziona solo con soldi cash. Lo dimostra, tra le altre cose, il ritrovamento di 4 miliardi di rubli in contanti, ossia 50 milioni di dollari, negli uffici della Wagner perquisiti mentre era in corso il golpe. Danaro che, come ha spiegato il capo della Wagner, serviva per il pagamento dei familiari dei combattenti deceduti.
Fatte queste precisazioni, Gerashchenko avanza la sua ipotesi: “Una delle ragioni che ha spinto Prigozhin a rivoltarsi era il conflitto sulle verifiche su come lui ha speso gli oltre due miliardi di dollari ricevuti da Putin e dai suoi oligarchi durante i quindici mesi di guerra”.
Da ciò discendono una serie di domande. Putin continuerà a finanziare come prima la Wagner? E poi: la Russia continuerà a rifornire di armamenti e munizioni la Wagner? E ancora: l’esercito russo, che fino a questo momento ha idolatrato Prigozhin come un vero leader militare, lo perdonerà dopo che questi ha ucciso piloti russi durante l’avanzata verso Mosca?
La risposta a tutte queste tre domande è negativa secondo Gerashchenko: dopo che Prigozhin ha varcato il Rubicone della lotta armata, e versato sangue russo, non sarà possibile tornare allo status quo ante.
Che ne sarà allora dell’aura di invincibilità e fascino promanata dalla brigata? Non sarà un ostacolo per l’epurazione? A questo ci penserà, spiega Gerashchenko, la propaganda del Cremlino, che già nelle ore concitate del golpe aveva drasticamente cambiato la propria narrazione degli “eroi” della Wagner, presentati ora come “traditori, ribelli e assassini di valorosi piloti”.
Da tutto ciò Gerashchenko ne deduce che la Wagner è destinata a un rapido collasso provocato dalla graduale riduzione dei fondi destinati da Mosca alla compagnia. E poiché la Wagner si è distinta come la forza russa più letale nei teatri ucraini, ecco che il consulente del Ministero dell’Interno ne conclude che la ribellione fallita di Prigozhin ha rappresentato un’ottima notizia per Kiev.
L’analisi di Berman
Ilan Berman è il Vicepresidente senior del think thank Usa American Foreign Policy Council. Nel suo cinguettio di domenica, Berman ha fatto il punto sulle conseguenze del fallito golpe di Prigozhin.
For anyone who might be interested, here’s my brief postmortem on yesterday’s abortive palace coup by Evgeny Prigozhin and his Wagner cronies.
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— Ilan Berman (@ilanberman) June 25, 2023
Considerando che la brigata, nella sua avanzata verso Mosca, non ha praticamente incontrato resistenza, e che varie unità dell’esercito russo si sono unite alla Wagner cambiando casacca, l’analista ne deduce che “la lealtà verso il regime di Putin è oggi molto esile”.
Considerato inoltre che questo indebolimento di Putin dopo una ribellione avvenuta in diretta Tv è più evidente che mai, Berman avanza l’ipotesi che sia molto probabile un nuovo colpo di mano da parte di Prigozhin o di “altre forze e strutture” dello Stato, incoraggiate dalla “fragilità politica di Putin”.
È anche vero tuttavia che l’accordo mediato da Lukashenko non appare molto vantaggioso per Prigozhin. Difficilmente l’esilio può essere considerato una promozione, mentre non si può escludere che sul capo della Wagner piombi la vendetta dello zar. Prigozhin peraltro deve fare i conti con la delusione e la rabbia di quei suoi mercenari che non hanno digerito il suo repentino dietrofront e che si sentono letteralmente “traditi”.
Nonostante ciò, continua Berman, il golpe non può essere definito fatuo in quanto ha partorito dei risultati per Prigozhin, nella fattispecie i molto probabili cambiamenti di organico al Ministero della Difesa, vertice incluso, che Prigozhin aveva indicato come motivazione principale del proprio colpo di mano.
Pertanto per l’analista americano siamo di fronte a una vera e propria “capitolazione” di Putin, costretto a rimangiarsi il proprio pubblico impegno di perseguire Prigozhin e i suoi ribelli. E anche per Berman questa rappresenta un’ottima notizia per Kiev, che si misura ora con un nemico “molto più fragile e instabile internamente”.
Il commento di Ottaviani
Per completare questo giro d’orizzonte Start Magazine interpellato Marta Ottaviani, giornalista e analista esperta di Russia, nonché autrice del saggio Brigate russe. La guerra occulta del Cremlino tra troll e hacker.
Quale sarà il destino di Prigozhin e quali saranno le sue prossime mosse? “Troppo difficile è dire ora – risponde Ottaviani – quale sarà il destino del proprietario della Wagner. Quello che si può dire è che, dagli elementi in nostro possesso, possiamo dire anzitutto che la creatura si è ribellata al suo creatore”.
“La mia ipotesi – prosegue Ottaviani – è che la mossa di Prigozhin abbia un carattere non ideologico ma di opportunità. In gioco ci sono infatti i finanziamenti e l’indipendenza della Wagner dal resto delle forze armate russe”.
L’autrice di Brigate russe è del parere che Prigozhin abbia voluto mandare “un chiaro messaggio non solo a Vladimir Putin, ma anche all’establishment all’interno del Cremlino che fino a questo momento lo aveva sempre snobbato e sottovalutato le sue ambizioni politiche. L’ex cuoco di Putin sta iniziando a costruirsi un seguito popolare e se continua così non potrà più essere ignorato”.
Quale sarà dunque il destino della Wagner? Lungi dal considerare finita la sua parabola, Ottaviani ricorda che “è grazie alla Wagner che la Russia ha riportato gli scarsi risultati positivi conseguiti durante questa guerra. Non ci dimentichiamo poi che la Wagner è anche garante del controllo del territorio in Siria e in Africa. Territori che per la Russia sono troppo importanti per essere lasciati scoperti”.
E Vladimir Putin? È giusto sottolineare che da questa vicenda è lui a uscire perdente? “Direi che il presidente russo – è la convinzione di Ottaviani – è ora molto più debole e solo di prima. Questo non significa necessariamente che verrà destituito, potrebbe rimanere in carica, ma come fantoccio di quelli che sono garanti del suo potere e quindi con margini di manovra inesistenti”.