Caltagirone in Mediobanca: sale per sbancare o tanto rumore per nulla?
E’ quello che da stamattina fra Milano, Torino e Roma analisti, investitori e faccendieri di tutte le risme si stanno chiedendo dopo la notizia del quotidiano torinese La Stampa.
L’imprenditore romano – riporta oggi infatti il quotidiano del gruppo Gedi – è salito al 9,9% del capitale della banca guidata dall’amministratore delegato Alberto Nagel. La quota risulta quasi doppia rispetto al 5,6% di cui l’imprenditore era accreditato dopo gli acquisti iniziati il 22 febbraio del 2021, quando era comparso nel libro soci di Piazzetta Cuccia con poco più dell’1%. Un portavoce del gruppo Caltagirone ha confermato la notizia, facendo però notare che “si tratta di un investimento presente da circa un anno”.
Dunque bisogna contestualizzare. La salita del costruttore e finanziere romano risale quindi a un anno fa quando la battaglia su Generali imperversava. Da allora è cambiato tutto: come ha certificato l’assemblea di Generali di quest’anno, il blocco anti Nagel dello scorso anno formato da Caltagirone-Del Vecchio-Benetton-Crt oggi si è sciolto e ciascun protagonista ha votato secondo convenienza.
Quindi quello che rileva oggi, visto il mutato contesto, non è la sostanza (che risale a un anno fa e che tutti gli addetti ai lavori davano per assodata) ma che emersa ora, fa notare un osservatore della finanza milanese: probabilmente c’è un’ansia da “ricostruzione” che si riflette in un revisionismo più o meno spinto.
L’osservatore fa riferimento ad alcune ricostruzioni giornalistiche secondo cui sul ribaltone che c’è stato al vertice di Crt (Cassa di risparmio di Torino), con l’elezione di Fabrizio Palenzona al posto di Giovanni Quaglia c’è anche lo zampino di Caltagirone; ricostruzioni poco aderenti ai fatti. Piuttosto su altri dossier caldi (come Generali, Anima e non solo) si nota di sicuro lo zampino di Caltagirone.
Si ricorda, comunque, che Mediobanca è il primo socio di Generali, società sulla quale Caltagirone ha lo scorso anno combattuto una battaglia finanziaria, come detto.
Il 24 maggio è previsto il Capital market day nel quale l’amministratore delegato Alberto Nagel presenterà al mercato il nuovo piano industriale della banca che accompagnerà l’istituto fino al 2026. A fine ottobre, poi, si terrà l’assemblea in cui dovrà essere rinnovato il consiglio di amministrazione e con esso i vertici di Mediobanca, proprio mentre Donnet compirà il giro di boa del suo terzo mandato.
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ESTRATTO DELL’ARTICOLO DEL QUOTIDIANO LA STAMPA SU CALTAGIRONE E MEDIOBANCA, SECONDO UNA SINTESI DELL’ANSA
La Stampa ricostruisce la salita di Caltagirone. Quando nel febbraio del 2021 salì al 5,6% – spiega – l’ascesa “venne interpretata come una manovra a tenaglia mentre infuriava la battaglia per i vertici delle Generali, in cui Caltagirone un anno fa ha tentato, senza riuscirvi, di rovesciare – proponendo una propria lista con un capoazienda alternativo – la leadership dell’amministratore delegato Philippe Donnet, riconfermato all’interno della compagine proposta dal consiglio di amministrazione uscente con il sostegno proprio di Mediobanca, primo socio del Leone con il 13,1%”. Ora, con il 9,9%, l’imprenditore romano – che ha fatto anche altri investimenti, come ad esempio in Banca Bpm e in Anima, utilizzando la liquidità del suo gruppo – si consolida come secondo azionista di Mediobanca, dietro solo a Delfin, la finanziaria della famiglia Del Vecchio, la quale dall’estate di due anni fa, è saldamente primo socio al 19,8% quota autorizzata dalla Bce quale azionista finanziario. Per il resto nell’azionariato di Piazzetta Cuccia c’è il patto di consultazione che raccoglie il 10,9%, da cui a settembre 2021 sono usciti i Benetton con la loro quota del 2,1%. Finora l’entità dell’investimento di Caltagirone era rimasta nell’ombra perché nel frattempo non ha superato alcuna soglia che obblighi al disvelamento. Inoltre, come si ricorderà, all’ultima assemblea di Mediobanca Caltagirone non ha partecipato e non ha dunque depositato azioni utili per la conta.
La Stampa fornisce anche una lettura dell’investimento fatto oramai da tempo e quindi non legato alle scadenze. “Contrariamente a quello che si possa ritenere – scrive il quotidiano – la quota di Caltagirone non costituisce al momento una dichiarazione di ostilità verso Nagel, banchiere che da quasi 16 anni regge le sorti di Piazzetta Cuccia. Nessun segnale, per ora, nemmeno da Delfin, pur critica in passato sulla strategia.
Dunque, in vista dell’assemblea di ottobre, le opzioni restano tutte aperte: si va da una tregua che avrebbe l’esito di mantenere, pure in un mutato contesto azionario, lo status quo, fino a scelte alternative come un appoggio dei soci alla lista di Assogestioni o a un’altra, eventuale, compagine che dovesse essere proposta da un fondo attivista, categoria sempre più presente nel Paese come dimostrano i casi di Enel e Leonardo.
A quanto risulta il focus di Caltagirone è e resta su Trieste mentre su Nagel l’atteggiamento sarebbe improntato a totale laicità, con il rammarico per il fatto che il manager non abbia trovato, pur potendo, una soluzione condivisa con gli azionisti italiani di Trieste. Nagel, piuttosto, sarà giudicato sulle prossime mosse, a cominciare dal piano strategico, oltre che sulla sua capacità di convincere gli azionisti proprio sul futuro delle Generali”