Le colpe vengono distribuite equanimemente dalla stampa mainstream tra Lega, Forza Italia e Cinque Stelle, con tendenza di moda dal 2019 in poi del tipo “E’ stato sempre Salvini”.
In realtà il centrodestra di governo aveva chiesto il Draghi bis ma senza i Cinque Stelle che hanno provocato la crisi. Ma il drammatico finale di partita con la caduta del governo Draghi, ultimo di una legislatura nata già in modo contraddittorio, registra il crollo della strategia della conventio ad excludendum nei confronti del centrodestra.
Alla coalizione, con allora la Lega primo partito, che però, pur non avendo la maggioranza assoluta, era arrivata prima alle elezioni del 2018 “fu negato persino un giorno di tentativo di formare un governo di minoranza”, ricorda Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera e cofondatore di Fratelli d’Italia.
Il centrodestra aveva il 47 per cento circa, Silvio Berlusconi chiese inutilmente di tentare con un governo di minoranza che potesse raccogliere i voti necessari in parlamento. Poi, per incompatibilità di visioni e decisioni, nonostante ancora adesso la narrazione mediatica insista con il parallelismo tra lui e Giuseppe Conte,. Matteo Salvini nel 2019 staccò la spina al governo Conte/1.
I Cinque Stelle, risultati primo partito alle elezioni, messi al centro di ogni scenario possibile, diventando di fatto l’attore protagonista della legislatura, allora dicevano No alla Tav e ora sempre loro hanno detto No al termovalorizzatore di Roma.
Ettore Licheri, pentastellato, ieri in Senato ha persino rimesso in discussione la linea euro-atlantica a difesa dell’Ucraina.
Ma Pd allora di Nicola Zingaretti considerò Conte “il fortissimo punto di riferimenti dei progressisti”.
E Matteo Renzi, per sua stessa ammissione, pur di sbarrare la strada al leader della Lega, fu determinante per il Conte/2 del tutti contro Salvini e poi anche contro Berlusconi e Giorgia Meloni.
La sinistra in tutte le sue sfumature si mise di traverso per impedire le elezioni, dalle quali il centrodestra sarebbe risultato vincitore. Iniziarono le scissioni con Renzi che dette vita a Italia viva per arrivare ai nostri giorni con quella di Luigi Di Maio che ha scatenato l’ira di Conte.
Il Pd e Iv di Renzi pensavano di tenere a bada i pentastellati, con la vecchia mania dell’egemonia.
Rampelli osserva: “Il Pd di Letta ora ha fatto di tutto per stressare i Cinque Stelle che hanno scatenato poi la crisi, di cui il vero responsabile è il Pd”.
Attacca Salvini, dopo aver riunito i suoi ministri: “Follie dei Cinque Stelle e provocazioni del Pd hanno portato alle dimissioni di Draghi”.
Insomma le accuse vengono respinte al mittente.
Il tanto deprecato Papeete staccò la spina agli stessi “guastatori” di ora, però di fatto messi al centro della scena politica con gli alleati del campo largo, in nome della conventio ad excludendum nei confronti del centrodestra.
Una coalizione che a sua volta ha problemi da risolvere al suo interno ma che in questi quattro anni nelle elezioni regionali e locali successive e nei sondaggi è sempre rimasta al primo posto nel paese.