È stata firmata il 5 febbraio dai ministri per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta (Forza Italia), e del Lavoro, Andrea Orlando (Pd), una circolare per sensibilizzare le amministrazioni pubbliche e i datori di lavoro privati a usare pienamente gli strumenti di flessibilità che le discipline di settore già consentono sul ricorso allo smart working.
Ecco che cosa prevede.
«L’acuirsi dei contagi ha riproposto la necessità di utilizzare ogni strumento utile a diminuire la possibilità del diffondersi del virus, incluso il lavoro agile», spiega la circolare aggiungendo che lo Smart Working (o lavoro agile) «non è mai stato interrotto». Nel lavoro pubblico «una delle principali caratteristiche della disciplina oggi vigente è la flessibilità», con cui «ciascuna amministrazione è libera di organizzare la propria attività, mantenendo invariati i servizi all’utenza».
In sostanza «ogni amministrazione può programmare il lavoro agile con una rotazione del personale settimanale, mensile o plurimensile con ampia flessibilità, anche modulandolo, come necessario in questo particolare momento, sulla base dell’andamento dei contagi». Questa opzione è resa possibile dal fatto che «la prevalenza del lavoro in presenza potrà essere raggiunta anche nella media della programmazione plurimensile».
Per esempio, se una Pubblica amministrazione prevede 10 giorni al mese in lavoro a distanza, è possibile concentrare anche 15 o 20 giorni fuori ufficio nei primi mesi e recuperare la presenza nella seconda parte del periodo. La stessa autonomia riguarda la definizione della platea dei dipendenti collocabili in Smart Working, che ogni Pa deve individuare confrontandosi con i sindacati. Una platea che ovviamente esclude medici, infermieri, insegnanti, Polizia e forze di sicurezza, e che di fatto può comprendere circa 400mila persone: il 12-13% dei dipendenti pubblici.
Due gli obiettivi della circolare Brunetta-Orlando, secondo il quotidiano Il Sole 24 Ore: “Sensibilizzare i datori di lavoro sull’utilizzo dello Smart Working, che per il settore privato viene «raccomandato» nel «massimo utilizzo» possibile. E illustrare le possibilità offerte dalle regole attuali nella Pa, non chiarissime a tutti come mostra il dibattito politico e mediatico di questi giorni”.
In fatto di Smart Working, le differenze fra il mondo privato e quello pubblico oggi sono due, ha aggiunto il Sole 24 Ore: l’obbligo di accordo individuale, che nelle aziende è sospeso fino al 31 marzo, e il vincolo della «prevalenza», per cui le Pa devono programmare una rotazione fra i dipendenti con un’alternanza fra distanza e presenza che dia più peso a quest’ultima.
Nasce da qui il “criterio del 49%”, indicato dalla Funzione pubblica in un comunicato a inizio settimana, ha chiosato il quotidiano economico-finanziario: “Non si tratta della percentuale di dipendenti a cui garantire lo Smart Working, perché con l’archiviazione delle vecchie regole non ci sono più quote minime o massime di lavoratori da far operare a distanza. Il parametro indica il tetto delle giornate in lavoro agile nel periodo di programmazione. Che però, e qui c’è il dato chiave, può svilupparsi su più mesi”.