È troppo semplicistico liquidare il ruolo del petrolio e del gas da qui a breve. Il pianeta è abitato da miliardi di persone. COP21 ha obiettivi giusti con soluzioni sbagliate
Il futuro dell’energia è rinnovabile. La transizione energetica da petrolio a fotovoltaico, da carbone ad eolico, con il gas naturale che fa da fonte ponte tra i due mondi sembra avere contorni chiari e ben definiti. Sembra, appunto, perchè il processo di transizione di cui molti parlano ha tempi ben più lunghi di quelli che si possono immaginare e il mondo, per molti anni ancora, continuerà a richiedere petrolio e carbone.
Negli ultimi tempi, il settore energia sta vivendo un momento di grande incertezza a causa dei prezzi del petrolio e delle tensioni economiche e geopolitiche. Nel corso del 2016, il prezzo del greggio è crollato, per poi dare qualche segno di risalita dopo l’accordo dell’Opec sul taglio alla produzione, firmato a novembre 2016. Nelle ultime settimane, poi, il costo del barile è tornato a scendere. I motivi sono diversi: dalla crisi del Venezuela all’alta produzione degli Usa. Dal ritorno alla produzione della Libia alla questione Russia (quanto Mosca è disposta ancora a tagliare la produzione?). Scenari difficili, dunque, che hanno spinto le aziende dell’oil&gas a frenare gli investimenti nel settore.

Ad influenzare, comunque, almeno nel breve termine, il prezzo del greggio è, invece, la decisione dell’Opec di estendere i tagli alla produzione. L’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio riunisce alcuni grandi produttori di oro nero, ma non tutti. Restano fuori Russia, Stati Uniti, Kazakistan, per citarne alcuni. Eppure perchè gli accordi sui tagli alla produzione funzionassero, anche la Russia, tra gli altri, ha dovuto prender parte alle riunioni e decidere di partecipare attivamente agli accordi. “L’Opec, oggi, non ha più senso. Aveva un senso quando c’è stato lo shock economico, negli anni 70, quando si perse il riferimento internazionale del dollaro. L’Opec allora si costituì come un monopolio dell’offerta e i sauditi guidarono gli altri” ha continuato Sapelli. “Ora, bisogna costruire un’Opec mondiale in cui si confrontino tutti, soprattutto Russia e Stati Uniti. Anche perchè è caduto il divieto di esportazione Usa di petrolio e gas. Non essendoci alcun vincolo, è ora di iniziare i colloqui per una nuova Opec, che spero abbia come obiettivo quello di riconquistare la centralità degli scambi fisici del petrolio”.
Petrolio a parte, c’è un’altra fonte fossile che ha iniziato a farsi strada e su cui sempre più aziende di settore hanno deciso di investire. Parliamo del gas naturale, visto come soluzione ponte verso un mondo sempre più rinnovabile e meno fossile: azzera le emissioni di particelle solide e riduce drasticamente quelle di Co2. Il metano produce emissioni di CO2 inferiori del 25% rispetto alla benzina, del 16% rispetto al Gpl, del 30% rispetto al diesel e del 70% rispetto al carbone. La sua capacità di formare ozono è inferiore del 80% rispetto alla benzina e del 50% rispetto a gasolio e Gpl.
“Il gas dovrà avere sempre più peso nel mix energetico. Eni ha fatto del gas metano il suo pilastro per una crescita sostenibile. Sono convinto che anche le altre major di settore debbano investire in tal senso, ma non possiamo fare a meno del petrolio finchè esisteranno i trasporti, finchè ci saranno le navi e finchè avremo i container. Immaginiamo una nave che va a gas?”, ha spiegato il professor Giulio Sapelli.
E se l’obbligo, imposto da istituzioni e Governi, sarà quello di ridurre le emissioni, il gas non sarà l’unica fonte a cui attingere. Anche le energie rinnovabili crescono, come gli investimenti delle aziende. Anche di quelle del settore Oil&Gas.

“Investire nelle rinnovabili è importante, sono e saranno sempre una fonte necessaria, ma integrativa. Il mondo è abitato da miliardi e miliardi di persone, che hanno bisogno di cibo, energia, riscaldamento. Non è possibile soddisfare tutto questo con le sole fonti rinnovabili. Ed è per questo che credo che non sia sostenibile COP21, non negli obiettivi, ma nelle soluzioni. Per combattere il cambiamento climatico la soluzione non è nelle rinnovabili, ma nella tecnologia. La grande sfida è di rendere sempre meno inquinante gli idrocarburi, di cui il mondo non può fare a meno”, ha detto Sapelli.
E poi c’è anche Donald Trump. Il mondo dell’energia deve fare i conti anche con il Presidente degli Stati Uniti d’America, che da sempre diffidente verso i cambiamenti climatici, ha tirato fuori gli Usa dagli accordi di COP21. E non solo: nei giorni scorsi, l’inquilino della Casa Bianca ha firmato un provvedimento in cui si raccomanda all’Ente per la Protezione Ambientale e a tutte le agenzie interessate una revisione dei regolamenti vigenti,a favore delle fonti fossili quali carbone e petrolio. Le sue future mosse in materia, se da una pate porteranno la Cina ad essere leader mondiale della lotta al cambiamento climatico, dall’altra sicuramente influenzeranno gli investimenti delle aziende locali e mondiali in tema di energia. Ma non tutto il male viene per nuocere. E forse, “Trump potrebbe essere l’espressione negativa di un processo positivo che porti ad un ritorno all’occupazione, alla produzione, all’industria e a nuovi accordi”, ha concluso il professor Giulio Sapelli.
Intervista di Giusy Caretto a Giulio Sapelli
Articolo pubblicato sul primo numero cartaceo di Start Magazine







