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Le condizioni di Monti per dire sì al governo (e danneggiare per la seconda volta l’Italia)

Il senatore a vita, Mario Monti, svela i programmi dell'Unione europea per il nostro Paese e non ci sono buone notizie. Il commento di Giuseppe Liturri

 

Quando parla, il professore e senatore a vita Mario Monti non lo fa solo per sé, ma è anche un latore di messaggi di chi, tra Berlino, Francoforte e Bruxelles, tiene le fila della UE. Ed allora val la pena commentarne i passaggi salienti. Il professore ci fornisce una visita guidata nella galleria degli orrori che abbiamo percorso fin qui (soprattutto sotto la sua guida), con ampia vista sul sentiero di guerra che ci attende.

L’inizio è tutto un programma:

L’Italia è in guerra. Ha un comando e degli alleati. L’attende, non si sa quando, un dopoguerra molto difficile, dato che era entrata in guerra già in condizioni di debolezza cronica. In questo teatro, che cosa fa l’Italia? Il governo e la maggioranza (il comando) si sfaldano.

Stupisce la logica sottesa a tale infelice similitudine. Forse al senatore sfugge la differenza tra una gerarchia militare ed una democrazia. Pare che l’assioma di base sia quello che durante un periodo di difficoltà non sia possibile esercitare i diritti democratici e che lo scrutinio sull’operato del governo debba essere sospeso proprio nel momento in cui c’è più bisogno di controllarne l’efficacia ed eventualmente sostituire chi non è capace. Il tutto servito in livrea e guanti bianchi, come se nulla fosse.

L’Unione Europea e i suoi Stati membri non erano stati mai (mai nella storia, si potrebbe dire risalendo nei secoli) alleati dell’Italia con tanto sostegno e generosità come in questa comune guerra alla pandemia.

Di quali aiuti parla il Senatore? Parla dei miliardi del Mes, disponibili previa dichiarazione di stato di pre fallimento del Paese richiedente, con potenziale assoggettamento a programma di aggiustamento macroeconomico “alla greca”, in corso d’opera? Oppure parla ancora dei miliardi del Recovery Fund, per i quali non è stato ancora approvato il Regolamento e che forse vedremo a fine 2021, ed il cui potenziale di crescita aggiuntiva, una volta che saremo stati costretti a soddisfare i vincoli di bilancio pubblico dettati dal Patto di Stabilità, sarà azzerato, se non a saldo negativo? Oppure parla dei miliardi del Sure (per le spese di cassa integrazione) del quale vengono mantenuti segreti aspetti essenziali al fine di determinarne la convenienza?

Ma da qualche giorno si chiedono se l’Italia, per la quale avevano pianto come noi vedendo quei camion militari con le bare di Bergamo, non sia tornata ad essere, pur nella tragedia di questa guerra, un Paese semiserio e non del tutto affidabile.

Ecco, l’antico espediente oratorio della mozione degli affetti ce lo poteva risparmiare. Così come il, francamente inaccettabile e liso, luogo comune, intriso di autorazzismo, di Paese “semiserio e non del tutto affidabile”. E quali sarebbero i Paesi seri? La Germania? Con Siemens, Wirecard e Deutsche Bank, coinvolte a vario titolo in scandali di portata internazionali, di cui non c’è quasi mai traccia nella stampa italiana e al confronto dei quali gli italiani passano come dei ladri di galline? Direi anche basta.

Il dubbio che si affaccia in Europa è se l’Italia sia in grado di stare nell’Ue come un Paese normale. Quando l’Ue, come è giusto in tempi normali, chiede a ogni Stato di contenere il disavanzo pubblico e non glielo finanzia creando moneta europea, in Italia molti strillano contro l’«austerità». Quando invece l’Ue, in tempi eccezionali di pandemia, dà enormi risorse europee agli Stati, più di tutti all’Italia, il nostro Paese sembra abbagliato da improvvisa ricchezza, si attarda in crisi politiche nelle quali l’interesse del Paese è al massimo una foglia di fico.

Qui c’è da avere comprensione per il professore. Deve difendere l’operato della sua esperienza di governo come “normale”, in contrapposizione all’eccezionalità del momento attuale. No, sono queste soluzioni ad essere normali e c’è voluta l’emergenza del Covid per fare cadere castelli di menzogne costruiti impunemente per anni. In passato, come attestato dall’OCSE e da altri autorevoli economisti, siamo stati ingiustamente danneggiati. Oggi non c’è nessuna “improvvisa ricchezza”. Sono solo caduti dei dogmi insostenibili.

Se quel che è accaduto ora in Italia si fosse verificato qualche anno fa, prima che la Bce e altre banche centrali introducessero politiche monetarie ultra-accomodanti che offuscano la percezione degli squilibri sottostanti ritardandone la soluzione, che cosa sarebbe accaduto? Lo spread sarebbe schizzato a livelli tali da impaurire l’opinione pubblica e i politici, la crisi probabilmente non si sarebbe aperta oppure si sarebbe risolta in un paio di giorni, con il recupero del senso della realtà e forse con un governo di unità nazionale per affrontare rapidamente i veri problemi del Paese: in questa fase, soprattutto la mancanza di crescita, mentre crescono solo due cose, le gravi disuguaglianze e il debito pubblico.

Nostalgia, eh? Bei tempi quelli in cui i mercati ci tenevano fermi con lo spread a 500 ed in Parlamento passavano in rapida successione, sotto il suo governo: i regolamenti del six pack, l’equilibrio di bilancio nell’articolo 81 della Costituzione, il Trattato sul Fiscal Compact, il Trattato istitutivo del Mes, i Regolamenti del two pack. Belli i tempi del “FATE PRESTO” a caratteri cubitali sul Sole 24 Ore!

A proposito di quest’ultimo, mi aspetto che il governo spieghi meglio agli italiani che oggi vi sono ragioni eccezionali per non curarsi troppo dell’aumento del debito, ma che probabilmente prima della fine di questa legislatura — cioè prima che abbia termine il governo che forse vedrà la luce nei prossimi giorni — cambieranno alcune cose nella Ue: in qualche forma, speriamo più corretta della precedente dal punto di vista economico, verrà reintrodotta una disciplina di disavanzi e debiti pubblici, e noi più di altri arriveremo a quell’appuntamento dopo l’impennata di questi anni ; inoltre, la «revisione strategica» della politica della Bce, che Christine Lagarde ha avviato, difficilmente permetterà di fare affidamento a lungo sulla possibilità di finanziare a costo zero il disavanzo italiano.

È sempre bello ascoltare la verità. Pare che ci si possa disinteressare dell’aumento del debito, seppure sotto la foglia di fico delle “ragioni eccezionali”. Non erano forse meritevoli di attenzione le ragioni che consigliavano di non condannare l’Italia ad una seconda recessione tra fine 2011 ed inizio 2014? Sembra tanto “Cicero pro domo sua”. C’è anche l’annuncio del ritorno della UE sul vecchio sentiero. Questo con buona pace di chi in Italia si illude che una mitologica prossima Conferenza per l’Europa riformi il Patto di Stabilità. La riforma è pronta e ci condannerà ad un decennio di avanzi primari del bilancio pubblico, altrimenti non vedremo un centesimo del Recovery Fund. Monti annuncia anche il rientro della Bce nei ranghi e questo è tutto da vedere. Nemmeno la Fed negli USA è riuscita a rientrare dal programma di acquisto di titoli pubblici. Al massimo si potranno fermare gli acquisti aggiuntivi, come già accaduto nel 2019, ma il rinnovo dei titoli in scadenza potrebbe durare molto a lungo.

Diviene perciò importante porsi con urgenza il problema di quanto abbia senso continuare a «ristorare» con debito, cioè a spese degli italiani di domani, le perdite subite a causa del lockdown, quando per molte attività sarebbe meglio che lo Stato favorisse la ristrutturazione o la chiusura, con il necessario accompagnamento sociale, per destinare le risorse ad attività che si svilupperanno, invece che a quelle che purtroppo non avranno un domani.

Qui siamo allo Zenit. Visto che fare debito non è buono (ma allora vanno bene solo i prestiti del Recovery Fund?) allora meglio accompagnare verso una dolce morte qualche migliaio di alberghi, ristoranti, attività culturali e ricreative con tutto il relativo indotto, vero senatore? Cos’è questo darwinismo economico, che non avremmo immaginato nemmeno nel peggiore degli incubi? Cosa sono le “attività che si svilupperanno”? La servitù della gleba? Avete mai visto un medico decidere che i feriti provocati dalla caduta di un asteroide (perché il Covid è un evento esogeno di simile natura) non debbano meritare cure, perché faremmo troppo debito?

(Conte) Spieghi che la ricerca del consenso elettorale a tutti i costi è stata la principale causa della decadenza dell’Italia, perché di questo ormai si tratta.

Non avevamo dubbi sulla scarsa considerazione nutrita dal senatore verso l’esito elettorale, naturale premessa di un sistema democratico. Lui preferisce il governo degli Ottimati, è noto.

(Conte) Dica che il governo avvierà entro un mese alcuni pubblici dibattiti, che il governo stesso guiderà in modo aperto e trasparente, con audizioni di esperti e di rappresentanti degli interessi, e che concluderà con decisioni entro sei mesi, sui seguenti temi:

Riforma fiscale, con adeguato spazio alle semplificazioni, a un Fisco «friendly ma non troppo» verso i contribuenti, alla necessità di salvaguardare la competitività; ma anche, senza pregiudizi in alcuna direzione, ai temi che solo in Italia sono considerati tabù, temi che tutti i partiti, pavidi, non osano neppure pronunciare: imposta ordinaria sul patrimonio, imposta di successione, imposizione sugli immobili e aggiornamento del catasto, imposizione sul lavoro, ecc. Ci si potrebbe avvalere, come punto di partenza, delle audizioni parlamentari svoltesi recentemente, in particolare di quella — meticolosamente non sovversiva, ma che non ha tabù — di Giacomo Ricotti della Banca d’Italia (11 gennaio 2021).

Ecco disegnato il sentiero di guerra per i prossimi anni. Esattamente quello prefigurato nelle raccomandazioni Paese 2019 della Commissione UE e ben dettagliato nel citato studio di Bankitalia. Spostamento della tassazione dal lavoro ad altre fonti di reddito, con l’essenziale precisazione di Bankitalia che “La necessità di non pregiudicare la sostenibilità dei conti pubblici richiede che, qualora la ricomposizione delle entrate risultante dalla riforma comportasse una perdita di gettito, questa andrà compensata con opportuni interventi di riduzione delle spese”. La pressione fiscale non può cambiare e, qualora accadesse, bisognerebbe mettere mano a tagli di spesa. Cioè tornare a tagliare le spese sanitarie, impedire l’ammodernamento della pubblica amministrazione, ecc… Tutte le belle cose che ora la UE ci chiede di fare con i prestiti del Recovery Fund. Ma Monti sa (domanda retorica) che le fonti di base imponibile a cui si riferisce spesso non producono reddito? Sa che quei beni risultano aggredibili solo in danno di chi non ha accuratamente nascosto quei beni dietro lo schermo di strutture societarie estero vestite? Intende nuovamente prelevare somme dai conti correnti o prendere altri 20 miliardi raddoppiando il gettito dell’IMU o aumentando l’imposta di bollo sulle attività finanziarie? Sa che una simile operazione ci porterà nuovamente in recessione, oltre a mettere una croce sopra a quel che resta della classe media nel nostro Paese?

Come accrescere la concorrenza e frenare le rendite di posizione. Grazie anche alla Commissione europea e all’attività nel tempo dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, si dovrebbero individuare molti nodi su cui intervenire, per eliminare vere e proprie «imposte occulte» che mercati poco concorrenziali o regolamentazioni pubbliche a protezione dei rentiers fanno gravare sui consumatori e utenti di servizi pubblici.

Ma davvero Monti crede che aumentando i notai o le farmacie si contribuisca alla crescita del Paese? Ma lo sa che c’è una concorrenza feroce, frutto di un eccesso di offerta, che ci ha già mandato quasi in deflazione negli ultimi mesi? Cosa ancora resta da liberalizzare?

A questi esercizi di consapevolezza civile, che non esproprierebbero affatto governo e Parlamento del potere di decisione, ma li stimolerebbero e forse migliorerebbero la qualità delle decisioni, il governo dovrebbe invitare anche le opposizioni, per annodare anche con loro un dialogo sulla realtà delle cose, invece di dispute spesso vuote nelle quali si contrappongono sovente due modi diversi di non decidere.

Se Conte saprà parlare il linguaggio della verità e dirà chiaramente verso quale deriva rischiamo di andare tutti se ciascuno mira solo alla tutela degli interessi di parte anche quando sono legittimi, penso che ispirerà maggiore fiducia nei cittadini. E forse anche in Parlamento.

Ringraziamo il senatore Mario Monti per l’estrema accuratezza con cui ci ha illustrato il programma di aggiustamento macroeconomico prossimo venturo a noi riservato dall’Unione Europea.

Ora sta agli italiani ed alle forze politiche fare esattamente il contrario. Il sentiero è tracciato. Se nel 1917, in piena guerra e con le truppe ripiegate sul Piave dopo la disfatta di Caporetto, Armando Diaz non avesse sostituito Luigi Cadorna, saremmo diventati un Protettorato austro-ungarico. Il rischio è identico, se non peggiore.

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