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Abruzzo: governo cercasi

“Caro presidente, le scrivo da un letto di ospedale, uno di quelli riservati ai malati Covid di Avezzano; per arrivarci ci sono volute 30 ore di pronto soccorso su una barella non proprio comoda, in un locale non proprio adatto a trovare le giuste premure per uno con polmonite interstiziale. Successivamente sono arrivato in una sorta di area grigia dove in tre giorni non ho visto un medico; hanno persino dimenticato di darmi un antibiotico per due giorni, soltanto grazie a interventi esterni autorevoli e dopo un febbre a 39 sono stato spostato in un reparto Covid dedicato, più precisamente quello di medicina. Ora, fatta salva la grande umanità degli operatori, la carenza più grave è quella di operatori qualificati (ho visto aspersioni di disinfettanti ad ogni respiro); certo, arrivare al reparto è stata la salvezza, grazie anche alle cure già praticate a casa, che in ospedale hanno corso il rischio di essere vanificate.

Ora leggo della polemica con i sindaci, ho visto le passerelle sulla tensostruttura, non so se sono propaganda e quali siano più propaganda di altre: la verità è che qui c’è sofferenza e solitudine, gente buttata su letti da sola senza premure. La prego quindi di sottrarsi alla dialettica e di prendere seriamente in carico il problema, le scaramucce lasciamole ad altre occasioni: qui la gente muore, e muore sola; la colpa non è di nessuno, ma la responsabilità è di molti; avere il Covid non è una scelta, è una disgrazia; ho positivi in casa mia moglie e mio figlio, spero in uno scatto di orgoglio: il “popolo” ne ha bisogno. Grazie Vinicio Blasetti”.

Questo il commento di un carissimo amico, malato di Covid, che ha voluto lasciare sulla sua pagina Facebook dal reparto di medicina dell’Ospedale Civile di Avezzano (AQ) dove è ricoverato ormai da una settimana. Una situazione fuori controllo, non degna di un Paese come l’Italia, soprattutto dopo la prima ondata di pandemia che nell’ultimo inverno aveva colpito per lo più le regioni del nord e che avrebbe dovuto far scattare un minimo di allerta da parte della Regione, e invece nulla. Oggi, 1 dicembre, l’Abruzzo, regione verde d’Europa, resta zona rossa. La situazione sarebbe ridicola se non fosse drammatica per le decine di morti e la sofferenza che questa pandemia sta seminando (ma sarebbe più corretto dire che la disorganizzazione sta provocando). Un capolavoro tutto attribuibile – e non ci sono scusanti – all’attuale Giunta regionale a trazione Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, guidata dal romano Marsilio, ex missino che ora milita nelle file di Fratelli d’Italia.

I prodromi erano già ampiamente visibili quest’estate, quando un Abruzzo preso d’assalto da un’ondata di turismo mai vista, sia sulla costa che nell’entroterra, era del tutto impreparato a reggere l’urto. Speriamo ci aiuti la fortuna! – mi disse un amico albergatore di Pineto (Te) a luglio – perché se in caso di contagio, non abbiamo indicazioni sul da farsi e nonostante le nostre richieste non è stato previsto nessun albergo o edificio per far trascorrere la quarantena in sicurezza agli ospiti degli alberghi; se dovesse succedere qui – aggiungeva – saremmo costretti a mettere tutto l’hotel in quarantena. Lo stesso problema si pone nelle aree interne, che mentre nella prima ondata di fatto non sono state colpite, oggi sono invece quelle nelle peggiori condizioni della regione.

Ma d’altra parte, come scriveva Silone : “voi siete cafone –  ci rispose quello – carne abituata a soffrire”; così le condizioni dettate dall’assoluta disorganizzazione, nonché dalla incapacità della Regione e dei responsabili Asl di predisporre per tempo tutto il necessario per limitare al massimo il contagio, hanno dato il colpo di grazia. Ma dal sito della Regione e in ogni dichiarazione pubblica la Giunta fa quadrato: “abbiamo fatto tutto il possibile”, dicono, non accettando nessuna critica a un operato che è sotto gli occhi di tutti, certificato dalla zona rossa. In particolare nella Marsica, la terra di Ignazio Silone e Benedetto Croce, nell’ospedale civile di Avezzano (Aq) a inizio novembre non erano stati predisposti percorsi separati tra potenziali Covid e non, i tamponi si facevano in reparto attraversando di fatto più aree dell’ospedale, non erano state predisposte zone di pre-triage, e le terapie intensive che a marzo erano 6, a novembre sempre 6 erano. Nessuno, fino al mese scorso, aveva pensato di predisporre in caso di emergenza Covid uno degli ospedali di territorio (Tagliacozzo, Pescina o l’ex clinica privata Santa Maria, chiusa da diversi anni). Eppure il Governatore Marsilio aveva nominato nell’estate del 2019 il ragioniere Roberto Testa nuovo direttore generale della Asl1 di Avezzano-Sulmona-L’Aquila e contemporaneamente aveva “adeguato” il compenso dei nuovi direttori a 149 mila euro, specificando nella nota di Giunta che:  “La Regione Abruzzo, adeguando il compenso a 149.000 euro annui lordi, pur continuando ad essere una delle più ‘sobrie’ (solo la Calabria ha un’indennità leggermente inferiore, tutte le altre sono pari o superiori a tale importo), può da oggi collocarsi in una condizione di attrattività e di competitività almeno pari alle altre Regioni”.

Ma a fronte di ciò il direttore Roberto Testa non ha pensato di adeguare gli ospedali della Marsica, per far fronte alla seconda ondata di contagio. Eppure ben altro ci si doveva aspettare da uno che nella sua biografia è definito come “studioso ed esperto di sistemi organizzativi della sanità”. Autore di numerose pubblicazioni, Testa è docente ordinario all’università La Sapienza di Roma e nel polo romano di Tor Vergata. Eppure nulla ha fatto per quelli che il Marsilio  chiama “marsicanesi” .

D’altra parte non c’era da aspettarsi nulla di buono: la campagna  per il rinnovo delle amministrazioni locali, che ha visto anche l’elezione del nuovo sindaco della città di Avezzano, si è concentrata su un’improbabile, quanto scimmiottata lotta all’immigrazione; nessuno dei candidati sindaci nemmeno lontanamente ha affrontato la prospettiva della possibile seconda ondata e della necessità di preparare il territorio; di fatto non erano stati predisposti spazi o alberghi per far trascorrere in sicurezza la quarantena a possibili persone contagiate; non era stata pensata una struttura per processare i tamponi (oggi fortunatamente si è provveduto), né si era sollecitata la Regione a dare seguito al potenziamento delle terapie intensive.

E così, come se la prima ondata pandemica non ci avesse insegnato nulla, il primo cluster parte proprio da una Rsa, quella dell’Istituto Don Orione di Avezzano, dove un sacerdote ha contagiato oltre 100 ospiti della struttura, mandando in tilt nel giro di qualche giorno l’Ospedale Civile, che in una decina di giorni si è ritrovato con l’intero reparto di medicina contagiato e lo stesso pronto soccorso in tilt (le immagini trasmesse da “Le Iene” sono quanto mai eloquenti). Ora, per far fronte alla situazione, è stata allestita una tensostruttura  fuori dell’ospedale: un rimedio d’urgenza in una delle zone più fredde della regione, con la speranza  che il virus ci dia una tregua.

Non è il momento delle polemiche, ma bisognerà pure accertare responsabilità e negligenze. L’Abruzzo ha una densità abitativa tra le più basse d’Italia, dove il distanziamento sociale è strutturale e favorito anche dalla geografia, e una popolazione che arriva a circa 1 milione e trecentomila abitanti  (un paio di quartieri della città di Roma): è dunque inaccettabile che si ritrovi in questa situazione. Ma la “colpa”, non quella giuridica, ma quella morale e civile di questo stato delle cose, va cercata un po’ più a fondo, in quella coscienza civica che ci chiama a scegliere chi ci governa e che dovrebbe avere come metro di scelta non le piccole convenienze  e conoscenze di turno, ma la qualità dei propri governanti, siano essi locali o regionali, come persone capaci di mettere al centro il bene comune e lo sviluppo: in una parola, una vera capacità di governo. Solo cosi potremo riscattarci da questa perenne cappa che ci tiene bloccati tra un passato mai passato e un futuro che non sembra arrivare mai.

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