Si continuano a fare sentire gli effetti del coronavirus sulle richieste dei sussidi di disoccupazione negli Stati Uniti. Mentre lievitano contagiati e morti.
Ecco tutti i dettagli.
I NUMERI AGGIORNATI SU CONTAGIATI E MORTI
Sono 30.990 le persone morte negli Stati Uniti di coronavirus, secondo il conteggio della Johns Hopkins University. Gli Usa sono il Paese più colpito al mondo dalla pandemia di Covid-19 davanti all’Italia (21.645 vittime), la Spagna (19.130) e la Francia (17.167). I casi di coronavirus in totale in Usa hanno raggiunto i 639.733.
CHE COSA MOSTRANO I DATI SUI SUSSIDI DI DISOCCUPAZIONE
Stando a quanto riportato dal dipartimento del Lavoro, 5,245 milioni di lavoratori hanno fatto richiesta per i sussidi la scorsa settimana, in calo di 1,37 milioni di unità rispetto alla settimana precedente; le attese erano per un dato a 5 milioni. Il dato della settimana precedente è stato rivisto da 6,606 a 6,615 milioni di unità. La media delle ultime quattro settimane, un misura più stabile del dato, e’ salita di 1.250.750 unità dalla settimana precedente a 5.508.000 unita’. Il numero complessivo dei lavoratori che ricevono sussidi di disoccupazione da più di una settimana – relativo alla settimana terminata il 4 aprile, l’ultima per la quale e’ disponibile il dato – ha registrato un rialzo di 4.530.000 unita’ a 11.976.000 unità.
IL DATO PESSIMO SULLE COSTRUZIONI
Le costruzioni di case nuove negli Stati Uniti in marzo sono crollate del 22,3% a un tasso annualizzato di 1,22 milioni di unità. Il dato è peggiore delle attese degli analisti. I permessi sono calati del 6,8%.
COME COVID-19 TOCCA LE MINORANZE NERE
Il coronavirus sta colpendo in modo “sproporzionato” le minoranze nere, asiatiche e d’altra origine non solo negli Usa, ma anche nel Regno Unito. Lo ha ammesso oggi un portavoce di Downing Street nel briefing ai giornalisti dopo la riunione quotidiana del consiglio di gabinetto sull’emergenza. Il portavoce ha poi annunciato che il governo di Boris Johnson s’impegna a condurre un’indagine ad hoc per approfondire questo aspetto – legato in particolare a una concentrazione di problemi sociali in alcune comunità del Paese – che “sembra emergere” sempre di più dai dati sull’epidemia.
LE IPOTESI SULL’ORIGINE DEL CORONAVIRUS
Nel frattempo gli Stati Uniti indagano sulla possibilità che il coronavirus, che si è inizialmente manifestato in Cina e che ha fatto più di 137.000 morti nel mondo secondo la Johns Hopkins University, sia ‘nato’ in un laboratorio di Wuhan, non in un mercato, e che si sia poi diffuso per un incidente. Lo riporta la Cnn, che cita funzionari dell’intelligence Usa e della sicurezza nazionale, varie fonti ben informate che invitano comunque alla cautela. E’ prematuro trarre conclusioni. Gli Stati Uniti, riporta la Cnn citando una fonte dell’intelligence, non ritengono che il virus sia associato a ricerche su armi biologiche.
LE FONTI DELLA CNN
Secondo altre fonti interpellate dalla Cnn, l’intelligence americana non è stata sinora in grado di confermare la teoria della nascita del virus in laboratorio, ma si sta cercando di capire se qualcuno sia stato infettato in laboratorio a causa di un incidente o negligenze nella gestione dei materiali. Altre persone potrebbero poi essere state contagiate. L’origine reale della pandemia, avvertono alcuni funzionari dell’intelligence, potrebbe comunque non essere mai accertata. Ieri Donald Trump ha confermato che è in corso un “esame molto approfondito di questa orribile situazione”. La notizia arriva dopo che due giorni fa il Washington Post scriveva di cablogrammi diplomatici che nel 2018 avevano già nero su bianco i timori per le misure di sicurezza e la gestione dell’Istituto di virologia di Wuhan.
CHE COSA HA SVELATO IL WSJ
La Cina potrebbe essere nella fase di condurre segretamente test nucleari con potere esplosivo molto basso, nonostante le rassicurazioni che sta rispettando strettamente un accordo internazionale che vieta qualsiasi test nucleare. Lo scrive il Wall Street Journal citando un rapporto del dipartimento di Stato Usa sul controllo degli armamenti non ancora pubblicato. Il rapporto non presenta prove di violazioni ma cita una serie di attività che “sollevano la preoccupazione” che Pechino potrebbe non aderire del tutto all’intesa.
I timori, scrive il Wsj, derivano dall’alto ritmo di attività del sito cinese di Lop Nur, dagli estesi scavi nel sito e dal presunto uso di camere speciali per contenere le esplosioni. Un altro fattore che alimenta i sospetti americani e’ l’interruzione negli ultimi anni della trasmissione di dati dalle stazioni che monitorano il territorio cinese e che sono designate a rilevare emissioni radioattive e scosse sismiche.