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Perché è prematuro brindare su Brexit e tregua Cina-Usa sui dazi

Il commento settimanale a cura di Stefan Scheurer, Director Global Capital Markets & Thematic Research di Allianz Global Investors, su dazi e Brexit

L’accordo commerciale preliminare raggiunto da Stati Uniti e Cina lo scorso venerdì eviterà probabilmente una nuova escalation delle tensioni, almeno per il momento, e potrebbe persino rappresentare il primo passo verso una soluzione dell’impasse. Un’altra sorpresa positiva riguarda i negoziati fra Regno Unito e Unione Europea, che hanno registrato modesti progressi dopo uno stallo che durava da mesi. Sulla scia della parziale intesa sui dazi e degli sviluppi sulla Brexit, i mercati finanziari internazionali hanno evidenziato un rialzo delle quotazioni, in alcuni casi a livelli prossimi ai massimi storici (S&P, Nasdaq), in altri vicini ai massimi da inizio anno (Stoxx 600, EuroStoxx 50, DAX, Nikkei).

Tuttavia gli investitori dovrebbero mantenere la prudenza.

1) Anche se Stati Uniti e Cina hanno abbozzato un accordo, che potrebbe essere siglato in occasione della riunione dell’APEC in Cina a metà novembre, le principali questioni strutturali del conflitto commerciale restano aperte. Inoltre non è chiaro se i dazi supplementari del 15% già annunciati su beni di consumo per USD 160 miliardi entreranno in vigore entro metà dicembre.

2) È ancora in corso il dibattito su come evitare una frontiera fisica fra l’Irlanda del Nord e la Repubblica di Irlanda (il famoso “backstop”). Nonostante le nuove proposte avanzate su questo punto, non si sa se il Partito Unionista Democratico nordirlandese e i Conservatori britannici più intransigenti voteranno per una soluzione in parlamento. Quello che invece sappiamo è che Brexit e guerra dei dazi hanno un impatto negativo sulla crescita globale. Lo confermano anche i dati sull’export cinese delle ultime settimane, per quanto tale debolezza sia ascrivibile a cause sia esterne che interne. Sul fronte statunitense, la flessione dell’indice ISM dei responsabili degli acquisti ha evidenziato che l’economia USA non è immune al rallentamento globale in atto. Nell’area euro la recessione industriale sembra dietro l’angolo. Dati alla mano, Kristalina Georgieva, nuovo Direttore Generale del Fondo Monetario Internazionale (FMI), prevede che nel 2019 almeno il 90% delle economie mondiali registrerà un calo della crescita. In tale contesto, le Banche Centrali manterranno probabilmente tassi di interesse bassi ancora a lungo; infatti, dall’inizio dell’anno le autorità monetarie in tutto il mondo hanno operato nel complesso oltre 40 tagli dei tassi di riferimento. Tra queste anche la Banca Centrale di Singapore, che ha ridotto il costo del denaro per la prima volta negli ultimi tre anni.

LA SETTIMANA PROSSIMA

Ora che il FMI e la Banca Mondiale hanno nuovamente rivisto al ribasso le previsioni per la crescita globale, negli USA l’attenzione si sposterà sull’indice dei responsabili degli acquisti di Markit per il settore manifatturiero, in uscita giovedì. Rispetto all’indice ISM, il Markit dipinge un quadro della situazione attuale dell’economia domestica. Anche i nuovi ordinativi di beni di consumo durevoli, indicatore anticipatore della domanda industriale, potrebbero offrire spunti interessanti (sempre giovedì). Al contempo, la prossima settimana la stagione di pubblicazione degli utili delle società statunitensi per il terzo trimestre entrerà nel vivo.

Nell’area euro, giovedì conosceremo i PMI preliminari e la decisione della Banca Centrale Europea sui tassi. Per quanto riguarda la BCE, dopo il consistente pacchetto di misure espansive proposto dal Presidente Draghi a settembre, non si prevedono nuovi annunci alla prossima riunione. Si tratterà dell’ultima sessione presieduta da Draghi, il cui mandato verrà ricordato per l’espressione “tutto il necessario”. In Germania, tutti gli occhi saranno puntati sull’indice della fiducia delle imprese ifo (venerdì). Quanto al Regno Unito, le trattative sulla Brexit proseguiranno anche dopo il summit dell’Unione Europea del 17 e 18 ottobre qualora il confronto fra le parti si concludesse con un nulla di fatto. Tuttavia, se – a sorpresa – venisse raggiunto un compromesso, il parlamento britannico potrebbe metterlo ai voti già sabato 19 ottobre. È stato comunque preventivamente fissato un nuovo incontro con l’UE il 29 e 30 ottobre. In tale occasione, il Regno Unito potrebbe chiedere una nuova proroga della scadenza in base all’Art. 50 prima di uscire definitivamente dall’Unione il 31 ottobre.

Passando ai mercati emergenti, si attendono decisioni sui tassi in Ungheria (martedì), Cile (mercoledì), Indonesia e Turchia (giovedì) e Russia (venerdì); questi ultimi Paesi opteranno probabilmente per un taglio. In Asia i riflettori saranno puntati sul Giappone, dove lunedì saranno pubblicati i dati sulle esportazioni di settembre. La lieve svalutazione dello yen contro il dollaro USA in agosto potrebbe aver favorito l’export e stabilizzato il PMI del settore manifatturiero (atteso giovedì).

ACTIVE IS:

Gli indicatori sul posizionamento a breve termine suggeriscono attendismo da parte degli investitori. In base al sondaggio dell’American Association of Individual Investors (AAII), nelle ultime quattro settimane la percentuale di “orsi” è cresciuta dal 28% al 44%, mentre la percentuale di “tori” è scesa ai minimi da maggio 2016. Al contempo, i rapporti put-call hanno temporaneamente raggiunto i livelli più elevati da aprile 2010. Il data provider EPFR sostiene infatti che i fondi globali obbligazionari e del mercato monetario hanno registrato entrate nette totali superiori a USD 860 miliardi da inizio anno (di cui quasi USD 22 miliardi nella scorsa settimana), anche se il volume aggregato dei bond in circolazione con rendimenti negativi si attesta a oltre USD 14.000 miliardi. Se davvero le tensioni sulla Brexit e sulla guerra commerciale si attenueranno, nelle prossime settimane il premio per l’incertezza politica potrebbe diminuire supportando il mercato azionario globale, soprattutto in caso di ulteriore allentamento delle politiche monetarie a livello internazionale.

 

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