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Europa. La privacy online tra le prime sfide nel nuovo Parlamento Europeo?

Il week end elettorale per le Europee 2014 si è appena concluso, e già circola la voce che uno dei primi obiettivi del nuovo Parlamento Europeo sia il raggiungimento di un accordo finale sulla privacy online. Obiettivo già da tempo da tempo discusso ma mai realmente raggiunto. 

Le regole, che sono state discusse fin dal 2012, sarebbero più rigorose di quelle attive negli Stati Uniti. Tali norme avrebbero il compito di creare una legge comune in tutta l’Unione Europea, per la tutela dei diversi aspetti della privacy online, sancita come diritto fondamentale in Europa, comprese le restrizioni sul flusso d’informazioni che potranno giungere anche all’estero. Le sanzioni penali previste, dovrebbero infliggere multe multimilionarie a qualsiasi paese, ente o società, che abuserà dei dati dell’U.E.

Eppure resta una domanda cruciale: Quale sarà il paese-regolatore europeo che avrà l’ultima parola nel far rispettare le regole?

In base alle proposte, le aziende saranno in grado di operare in tutti gli stati membri, se soddisfano i requisiti e l’interpretazione della normativa europea sulla privacy. Le aziende dovranno rispettare l’autorità del paese garante della privacy, in ciascuno dei 28 paesi dell’Unione.

I legislatori a favore delle proposte dicono che lasciando la sorveglianza all’Ufficio di Gabinetto del singolo paese preposto, si offrirà alle aziende una maggiore chiarezza sulle regole da rispettare. Ironicamente, come viene anche indicato dalle pagine del New York Times, le associazioni dei consumatori europei, hanno avvisato che se l’attuale proposta sarà approvata, i big dell’hi-tech – tra cui le majors dell’hi-tech come Microsoft, Amazon e Google – “potrebbero aprire un negozio in un paese europeo con un’interpretazione più indulgente della riservatezza dei dati”.

“Questo problema è diventato più politico che tecnico”, ha detto Raegan MacDonald, Direttore per la Politica europea per i Diritti Digitali del gruppo Access a Bruxelles. “Chi arriva a decidere su questi temi è molto importante.”

La legislazione dovrebbe essere completata nella prima metà del prossimo anno. Essa ha avuto un forte impulso fin dalle rivelazioni di Edward J. Snowden, ex factotum della National Security Agency, sulle attività di spionaggio dei servizi segreti americani e britannici. Prima che le norme entrano in vigore, però, ogni paese dell’Unione deve raggiungere un accordo definitivo con la Commissione europea, con il braccio esecutivo del sindacato, e il Parlamento europeo.

Le proposte si basano sulle norme esistenti dal 1990, fornendo ai cittadini un maggiore controllo su quali dati vengono raccolti, dove saranno conservati, e quali imprese, società e governi avranno accesso a questo servizio. Le norme potranno inoltre limitare il flusso d’informazioni inviate ai paesi che non rispettano le leggi sulla protezione dei dati in Europa.

“Le riforme in Europa influenzeranno le operazioni globali delle imprese”, ha dichiarato Wim Nauwelaerts, partner della Protezione dei dati presso lo studio legale Hunton & Williams a Bruxelles. “Le multe sono un grosso bastone in Europa per assicurarsi che le persone prendano sul serio la cosa.”

Di fronte alla prospettiva di regole più severe sulla privacy, aziende come Facebook e eBay, manifestano le loro perplessità in quanto le proposte legislative delineate dall’U.E. stanno rendendo difficile le operazioni d’investimento nell’economia, al momento poco brillante, dei paesi europei.

“Siamo preoccupati che le nuove regole rimangono frammentate come lo sono oggi, ma costerà di più ai paesi farle rispettare”, ha dichiarato John Higgins, direttore generale di Digital Europe, un ente commerciale a Bruxelles, i cui membri includono Microsoft e Apple.

 

Se le decisioni finali sulla privacy termineranno con un regolatore individuale, molti gruppi di consumatori si aspettano che l’Irlanda diventi almeno per il sindacato europeo, l’arbitro de facto in materia di privacy. Molte aziende tecnologiche americane hanno sede in Irlanda a causa delle aliquote fiscali basse, e i difensori dei diritti digitali dicono che l’Irlanda è già nota per avere una visione più moderata sulle questioni legate alla privacy online, rispetto ai paesi come la Germania e la Francia.  

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