skip to Main Content

Telecom - Tim

Vivendi-Tim: giorni decisivi. Cosa potrebbe accadere

Giorni decisi per Vivendi e Tim: il Governo è vicino ad una scelta per l’ipotesi Golden Power   Giorni intensi al 42 di avenue de Friedland, sede parigina di Vivendi. La società francese che fa capo al finanziere bretone Vincent Bollorè ed è guidata da Arnaud De Puyfontaine, è in attesa delle decisioni di Governo italiano…

Giorni decisi per Vivendi e Tim: il Governo è vicino ad una scelta per l’ipotesi Golden Power

 

Giorni intensi al 42 di avenue de Friedland, sede parigina di Vivendi. La società francese che fa capo al finanziere bretone Vincent Bollorè ed è guidata da Arnaud De Puyfontaine, è in attesa delle decisioni di Governo italiano (sul golden power) e Consob in merito al controllo di Telecom: quello che sarà stabilito nelle prossime ore potrebbe rivoluzionare la campagna italiana dell’azienda media d’Oltralpe e delineare nuovi accordi o rotture. Ma andiamo per gradi.

Vivendi in Telecom

telecomVivendi, azienda francese guidata dall’imprenditore bretone Vincente Bollorè, è l’azionista di maggioranza con il 23,9% del capitale ordinario di Telecom. I numeri delle azioni hanno spinto Vivendi a sottoporre all’Ue la volontà di poter prendere il pieno controllo di Telecom. Il via libera al controllo de facto di Vivendi su Telecom è arrivato il 30 maggio 2017.

Il 28 luglio 2017, poi, la francese ha annunciato di aver avviato “l’attività di direzione e coordinamento” su Tim.

E questo significa che Telecom, l’ex monopolista italiana, è ufficialmente francese: il gruppo potrebbe essere tranquillamente coordinato da Parigi. È la prima volta, nell’era privata di Telecom, che l’azienda italiana perde formalmente la sua indipendenza.

Si tratta di un’azienda strategia. E scatta ipotesi Golden Power

Telecom però è una società di comunicazioni strategia per il nostro Paese. In questo caso, per legge, tutti gli eventuali cambi di controllo devono essere notificati alla Presidenza del consiglio entro dieci giorni o in ogni caso prima che divengano effettivi. Nel settore delle comunicazioni, poi, la legge prevede che, con poteri speciali, il Governo in carica possa mettere un veto sulle operazioni riguardanti asset strategici (golden power), oppure porre particolari condizioni.  Per accedere alla golden power dall’istruttoria dovrebbe emergere un possibile ‘grave pregiudizio’ per gli interessi pubblici. 

Nei giorni scorsi sono state depositate le posizioni di Tim e di Vivendi sul nodo del controllo e ora si attende il responso dell’istruttoria avviata dal Governo, che ha dato vita ad un comitato presieduto da Luigi Fiorentino, al quale partecipano rappresentanti dei ministeri di Esteri, Interni e Difesa. Gli avvocati delle due società, Sabino Cassese e Andrea Zoppini, sono convinti che la posizione di Vivendi in Tim (ovvero direzione e coordinamento ma non controllo di Tim) non causi “alcun pregiudizio per gli interessi pubblici relativi alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e della continuità degli approvvigionamenti”.

Vivendi - MediasetObiettivo della commissione è indagare se la comunicazione inoltrata a marzo, ai fini antitrust, alla Commissione europea, sull’avvio della direzione e coordinamento su Tim non rappresentasse già un controllo di fatto. Di cui, però, al Governo italiano non è giunta notizia. E di qui, dunque, la possibilità di imporre una sanzione milionaria e quella di pretendere ulteriori chiarimenti rispetto al piano industriale.

Nella morsa di Consob

A preoccupare Vivendi c’è anche la decisione della Consob sul nodo del controllo ai fini civilistici della telco da parte dei francesi. Se i tecnini stabilissero che si tratta di un controllo de facto potrebbe scattare la richiesta da parte di Consob, alla Amf francese (la Consob d’Oltralpe), di obbligare il gruppo a consolidare, per la propria quota, i debiti della controllata italiana. I francesi possiedono il 23,9% di Tim, che ha un debito netto di 25 miliardi.

Ma Vivendi, cosa vuol farne di Telecom?

Le ipotesi in campo sono diverse. Arnaud de Puyfontaine, Presidente di Telecom e ad di Vivendi, ha più volte accennato allo scorporo della rete Telecom, per dar vita ad una società unica dell’infrastruttura di telecomunicazioni. In pratica si avrebbe da una parte la Telecom della rete, dall’altra la Telecom dei servizi e della media-company. Due sarebbero anche le società quotate a Piazza Affari con lo stesso azionariato: 24% Vivendi, 76% il mercato.

Considerando la parte della Rete, questa vanta un valore di carico di 14 miliardi e produce un Ebitda dell’ordine di 1,7-1,8 miliardi. Dunque, l’enterprise value potrebbe arrivare anche a 20 miliardi. La società della rete potrebbe sopportare fino al 60% di debito. In totale su Telecom pesano ben 32-33 miliardo: dividere questa cifra 12 miliardi da una paret e 20 dall’altra sarebbe una buona soluzione per il mercato, che rivaluterebbe le due società. Una Telecom senza rete e con debito più piccolo, infatti, sarebbe certo più snella e appetibile in Borsa.

Vivendi potrebbe anche essere solo interessata a monetizzare il suo investimento ed ad uscire.

Mediaset: ecco l’unico obiettivo di Vivendi

Di certo l’obiettivo più importante di Vincente Bollorè è Mediaset. Il primo accordo Vivendi-Mediaset risale ad aprile 2016 e parlava di uno scambio azionario di un pacchetto del 3,5% del capitale e della vendita della quota del Biscione nella pay-tv Mediaset Premium (l’89% della pay-tv, mentre il restante 11% acquistato dagli spagnoli di Telefonica sarebbe arrivato in un secondo momento). Dopo aver analizzato il business plan di Mediaset Premium (che secondo la francese si basava “su ipotesi irrealistiche” nel fissare al 2018 il limite per il ritorno all’equilibrio operativo), l’azienda guidata da Vincent Bollorè ha fatto marcia indietro, proponendo un nuovo accordo. Accordo, però, che non piace a Mediaset, che decide di far causa.

Vivendi-MediasetNasce una guerra legale, ancora non conclusa, e una guerra a colpi di azioni. Vivendi inizia a rastrellare i titoli del Biscione e ad oggi  il gruppo guidato da Vincent Bolloré è salito al 28,8% del capitale, vicinissima al 30%, ovvero alla soglia massima oltre la quale è necessario lanciare una offerta su tutto il capitale (data la presenza in Telecom, causa legge Gasparri, ha congelato una parte dei diritti di voto in Mediaset).

Ma un accordo potrebbe ancora arrivare. Anche Berlusconi, tribunali e cause in corso a parte, vuole accordarsi con Bollorè. Grazie alla vendita, infatti, il Cavaliere potrebbe definire la successione industriale di Mediaset. Il problema (non proprio così piccolo) resta il prezzo, che dovrebbe soddisfare il Biscione, il mondo politico e anche i cittadini italiani (in vista delle elezioni).

Back To Top