Più reti e infrastrutture, meno armamenti e intrattenimento. La Cina ha aggiornato la lista dei settori considerati sensibili perché potenzialmente rischiosi per gli investimenti all’estero delle società cinesi. L’elenco, che entrerà in vigore dal 1º marzo, conferma le indicazioni date con le linee guida diffuse lo scorso novembre, aggiornandole in alcuni punti.
LE NOVITA’
Restano pertanto in piedi le restrizioni agli investimenti nell’edilizia, negli hotel, nei cinema, nello spettacolo e nello sport, per i quali sarà necessario richiedere l’approvazione delle autorità. Rispetto alla versione circolata nei mesi scorsi, la nuova lista include gli investimenti in aziende che producono armi. Restano invece fuori le operazioni negli operatori telefonici e nelle reti elettriche, per i quali sarà sufficiente presentare adeguata documentazione alla Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme, il principale organismo di pianificazione economica. Di contro saranno posti paletti a quei fondi di private equity che non investono «nell’economia reale».
GLI OBBLIGHI
Le nuove regole inoltre forniscono l’elenco di informazioni che le aziende cinesi dovranno presentare alla Ndrc quando realizzano degli accordi all’estero. Tra queste spicca l’obbligo di dichiarare gli azionisti per chiarire chi abbia il reale controllo dell’azienda. I dubbi sulla struttura societaria della conglomerata Hna, sollevati sia negli Stati Uniti sia in Svizzera, sono un esempio.
IL CASO HNA E NON SOLO
La scarsa trasparenza nell’assetto azionario è una delle mancanze rimproverate al gruppo fondato dall’ex pilota dell’aviazione militare, Chen Feng, che per questo ha avuto problemi con le banche statunitensi ed è stato sanzionato dalle autorità elvetiche in merito all’acquisizione della società di catering a bordo, Gategroup. In base alle nuove regole, la trasparenza dovrà valere anche quando più società agiscono in partnership all’estero. E in caso di una singola società dovranno essere dichiarati i primi cinque azionisti e quelli che detengono oltre il 10% del capitale.
GLI OBIETTIVI
Con queste misure Pechino intende porre un freno alle operazioni «irrazionali» finanziate indebitandosi, che a detta delle autorità mettono a rischio la stabilità finanziaria della seconda economia al mondo, una delle priorità della presidenza di Xi Jinping. Le restrizioni imposte a partire da dicembre del 2016, di cui l’elenco fornisce un quadro più preciso, hanno già prodotto effetti. Secondo i dati forniti dal ministero del commercio gli investimenti diretti all’estero, escluso il settore finanziario, sono diminuiti di circa un terzo a 120 miliardi di dollari. Si tratta del primo calo in otto anni.
(Articolo tratto da Mf/Milano Finanza)