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Perché governo e authority bisticciano su Iva e manovra correttiva

I dati sul Pil sono accolti con favore dal governo, ma sulla prospettiva di una manovra correttiva sui conti pubblici c’è baruffa tra i tecnici dell’Ufficio parlamentare di bilancio e il ministero dell’Economia. Fatti, numeri, analisi e commenti nell’approfondimento di Fernando Soto I dati sul Pil pubblicati oggi sono accolti con favore dall’esecutivo, ma sulla…

I dati sul Pil pubblicati oggi sono accolti con favore dall’esecutivo, ma sulla prospettiva di una manovra correttiva sui conti pubblici c’è baruffa tra i tecnici dell’Authority sulla finanza pubblica (Upb) e il ministero dell’Economia. Ecco fatti, numeri, analisi e commenti nell’approfondimento di Start Magazine.

I DATI SUL PRODOTTO INTERNO LORDO

Nella media del 2017 l’economia italiana è cresciuta dell’1,4% rispetto all’anno prima. Lo rileva l’Istat, nella prima stima sulla crescita del Pil in termini grezzi, basata su dati trimestrali. Bisognerà però aspettare il primo marzo per conoscere il dato di riferimento per la politica economica, considerando che le previsioni del Governo indicano un +1,5%. Ancora più tardi, in aprile, ci sarà la comunicazione a Eurostat valida ai fini dei parametri europei. L’economia italiana non cresceva a ritmi così alti dal 2010. Se la prima stima diffusa oggi dall’Istat, ancora provvisoria, sarà confermata anche a marzo, nel report che fa il punto sui conti nazionali, il +1,4% sarebbe il dato più alto dal +1,7% messo a segno sette anni fa. Ma nonostante la ripresa, il livello del Prodotto interno lordo è ancora sotto i valori pre-crisi: siamo ancora indietro del 5,7% raffrontando il quarto trimestre del 2017 al primo trimestre del 2008, quando si raggiunse il picco. In deficit anche il confronto col resto d’Europa: nel 2017, dice Eurostat, la crescita del Pil nella zona euro e nella ue è stata del 2,5%, in accelerazione rispetto al 2016 quando il Prodotto era aumentato nella zona euro dell’1,8% e nella Ue dell’1,9%.

IL FOCUS DELL’AUTORITA’ SULLA FINANZA PUBBLICA

Ma non è tutto oro quello che riluce. I dati della finanza pubblica non inducono a troppi entusiasmi. A sottolinearlo indirettamente sono stati proprio ieri gli esperti dell’Ufficio parlamentare di bilancio, l’autorità sui conti pubblici presieduta dall’economista Giuseppe Pisauro. Tra 2008 e 2016, prima di tutto, l’unico freno effettivo al debito pubblico è stato l’avanzo primario, che ha pesato per 11 punti di Pil (un dato secondo solo ai 12 punti registrati in Germania). Stando ai documenti ufficiali di finanza pubblica, sempre all’avanzo primario toccherebbe ora lo sforzo principale nella discesa del debito, che dovrebbe arrivare al 123,9% del Pil fra due anni.

I DUE PROBLEMI DEI CONTI STATALI

Ma c’è un problema, anzi due. Ad alimentare i “risparmi” è prima di tutto l’aumento dell’Iva incorporato nelle clausole di salvaguardia, tanto evocate e stimmatizzate quanto trascurate dai programmi elettorali. Da lì dovrebbero arrivare 12,5 miliardi nel 2019 e 19,2 nel 2020. È vero che negli ultimi anni la minaccia delle clausole è sempre stata bloccata, ovvero rinviata, ma il risultato è stato raggiunto a suon di «flessibilità» (leggi: deficit) “che ora sarebbe più complicato trovare in Europa anche per il venir meno delle «circostanze eccezionali» (ciclo sfavorevole, bassa inflazione eccetera) che l’hanno motivata”, chiosa il Sole 24 Ore.

SCENARIO DA MANOVRA CORRETTIVA

Anzi, se il consuntivo 2017 confermerà le deviazioni significative dalle regole su saldo strutturale e spesa, secondo l’Authority scomparirebbero gli ultimi dubbi sulla richiesta di una manovra correttiva. Nell’ultimo focus sulla finanza pubblica l’Upb ha infatti scritto: “il rispetto delle regole del braccio preventivo è di nuovo a rischio di deviazione significativa. Come avvenuto nello scorso anno, nell’ambito della sorveglianza europea potrebbe emergere la richiesta di misure correttive che riportino il saldo a un livello coerente con il rispetto delle regole”, sottolineando che il debito è “la principale debolezza italiana”. In particolare si segnala anche che sarà difficile cancellare le clausole di salvaguardia nei prossimi anni.

DOSSIER CLAUSOLE DI SALVAGUARDIA

Cancellare, in parte o in tutto, le clausole di salvaguardia nei prossimi anni, sostituendole con coperture alternative, è una prospettiva “particolarmente ardua alla luce della riduzione progressiva dei margini di contenimento di molte voci del bilancio pubblico dopo le manovre correttive dell’ultimo decennio e dei più ristretti gli spazi di flessibilità ancora disponibili nell’ambito delle regole di bilancio”. Lo afferma l’Upb nell’ultimo focus dedicato alla finanza pubblica italiana.

LA SMENTITA DI PADOAN

Le ipotesi su manovra correttiva/clausole di salvaguardia sono state però respinte da da fonti dell’Economia, che rivendicano «la costante riduzione del deficit» registrata negli ultimi anni e sostengono che la ripresa in corso «fa ritenere che gli obiettivi di bilancio verranno centrati». In ogni caso, per fermare l’Iva bisognerebbe trovare entrate alternative equivalenti. La politica del “sentiero stretto” in questi anni ha conciliato le esigenze concomitanti e contrastanti di sostenere la crescita per uscire dalla crisi e di fermare l’incremento del debito pubblico in rapporto al PIL. Entrambi i risultati sono stati raggiunti, con la costante riduzione del deficit e una ripresa che migliora, anche in prospettiva, l’incidenza del debito sul Pil (che nel 2015 ha invertito la rotta dopo sette anni di costanti e significativi incrementi)”, spiegano le fonti. “Il continuo progresso dell’economia, segnalato di recente anche dall’andamento della produzione industriale, fa ritenere che gli obiettivi di bilancio verranno centrati e che l’impostazione dei conti pubblici potrà essere confermata anche nell’ambito della sorveglianza europea”, concludono.

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