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Fintech, le grandi banche favorite dalla rivoluzione tecnologica

Le start up inglobate e “ingabbiate” delle grandi istituzioni finanziarie consentono agli operatori storici di esternalizzare gran parte del processo di innovazione, mantenendo la maggior parte dei profitti e, di solito, tutti i clienti.   La promessa delle start up Fintech di cambiare radicalmente la struttura del mercato, migliorare i prodotti finanziari e sconvolgere le…

Le start up inglobate e “ingabbiate” delle grandi istituzioni finanziarie consentono agli operatori storici di esternalizzare gran parte del processo di innovazione, mantenendo la maggior parte dei profitti e, di solito, tutti i clienti.

 

La promessa delle start up Fintech di cambiare radicalmente la struttura del mercato, migliorare i prodotti finanziari e sconvolgere le imprese di settore già consolidate, non si è ancora realizzata. Tanto che un recente rapporto della Accenture si chiede se “qualcuno abbia annullato la rivoluzione del Fintech”. La domanda nasce dal declino del numero di start up Fintech in Stati Uniti ed Europa dopo il 2015 rispetto alla crescita costante degli anni precedenti. Negli Usa, secondo i dati raccolti da Atlas, si è passati dalle 257 del 2008 alle 1000 del 2015 per poi calare a 501 nel 2016 e a 88 nel 2017.  Lo stesso trend si registra anche in Gran Bretagna, Germania e Francia pur con cifre più basse. Secondo Forbes, tuttavia, non si può parlare di rivoluzione finita per il Fintech ma bensì di aggregazioni.

Le start up Fintech inglobate e “ingabbiate” delle grandi istituzioni finanziarie

fintechLe start up che un tempo miravano a sconvolgere le grandi imprese finanziarie ora sono loro partner. Molte di loro annoverano imprese già consolidate tra i principali investitori o sono state acquisite direttamente. In sostanza l’avviamento di nuove start up Fintech è rallentata perché parte dell’innovazione tecnologica si sta muovendo all’interno delle grandi istituzioni finanziarie, dove burocrazia e inerzia tendono a ridurre il ritmo del cambiamento. Ma nonostante ciò la rivoluzione Fintech non ridurrà la portata del suo impatto. Secondo Forbes, infatti, la tecnologia per interrompere la catena del valore finanziario nel modo in cui le imprese Fintech hanno promesso esiste. Le grandi imprese finanziarie storiche continueranno a controllare la maggior parte del valore nel settore, ma la struttura della catena di valore e il modo in cui queste imprese competono cambieranno drasticamente.

La nuova frontiera del Fintech delle banche è il back end

Molti leader del settore finanziario comprendono già il nuovo panorama competitivo. Per esempio il Ceo di Ubs Group Sergio Ermotti in una recente intervista a Bloomberg ha detto di essere “convinto che il campo di battaglia della banca non sia il front office ma il back end. Non c’è alcuna ragione comprensibile per cui l’industria dei servizi finanziari non abbia sviluppato una condivisione più ampia della catena di valore”.

Per integrare ricerca ed esecuzione, le istituzioni finanziarie hanno usato gran parte del lavoro di back-end come la raccolta dati modularizzati ed esternalizzati. La stragrande maggioranza del valore derivava dall’esecuzione delle transazioni, per cui tutto il lavoro di back-end è stato fatto con l’obiettivo di incoraggiare un maggior trading. Tuttavia le nuove tecnologie hanno già iniziato a scombussolare questa catena di valore e regolamenti come la MiFID II renderanno in futuro ancora più difficile raccogliere valore grazie all’abbinamento dei servizi sul versante della clientela. Pertanto la rivoluzione si manifesterà proprio nel back-end. Con la crescente mercificazione dell’esecuzione e di altri servizi, gli istituti finanziari competeranno, in sintesi, in base a quelle che sono le loro infrastrutture e capacità tecnologiche. Se i Robo-Advisor hanno ricevuto un’ attenzione mediatica sproporzionata, secondo Forbes, si può dire che il futuro appartiene in realtà ai Robo-Analisti. E i gestori di patrimoni che possono utilizzare le partnership Fintech per integrare l’infrastruttura back-end di raccolta dati, analisi e machine learning con i loro dipartimenti di ricerca controlleranno questo nuova integrazione.

Nel settore finanziario più problemi di quelli della Silicon Valley

Solo un paio d’anni fa, le aziende Fintech sognavano di prendere il controllo della value chain. Tuttavia pur enfatizzando il lato “tech“, hanno sottovalutato l’elemento finanziario. E negli ultimi due anni hanno imparato che l’adagio della Silicon Valley “Move fast and break things” non è adatto al settore finanziario. Quando si tratta di gestire il denaro delle persone, le startup Fintech si scontrano con un labirinto di problemi di conformità, responsabilità e fiducia che non incidono sulle imprese della Silicon Valley. Queste problematiche sono più complesse nel settore finanziario e possono affondare una società come avvenuto con LendingClub. A fronte di ciò, le grandi istituzioni finanziarie hanno accumulato decenni o addirittura secoli di esperienza nella gestione di queste complessità. Anche quando qualcosa va storto, come nel caso del falso scandalo dei conti di Wells Fargo, hanno squadre legali, budget pubblicitari da centinaia di milioni e, forse, la cosa più importante e difficile da replicare, relazioni di lunga data con i clienti per aiutarli a superare la caduta. Questi vantaggi, per non parlare di un costo molto più basso dei capitali, sono molto più difficili da “sconvolgere” rispetto alla maggior parte delle altre industrie. E visto che diverse Fintech hanno capito la lezione molte di loro sembrano ora più desiderose di collaborare con gli operatori storici piuttosto che competere con loro.

Acquisire aziende Fintech equivale a trasformare un concorrente in un collaboratore

FintechFinora, le aziende Fintech hanno trovato gli istituti finanziari storici come partner disponibili. Nel corso del primo semestre 2017, gli investitori societari hanno partecipato ad oltre il 20% delle operazioni di capitale di rischio Fintech. Le principali banche americane come Citi, Goldman Sachs e JP Morgan hanno intrapreso decine di investimenti nei portafogli delle aziende Fintech. Tanto che il numero di imprese acquisite dalle istituzioni finanziarie è pari al numero di IPO. Per le banche quindi, osserva Forbes, la collaborazione con le Fintech non è un’idea stupida: dal loro punto di vista non solo trasformi un potenziale concorrente in un collaboratore, ma ottieni anche soluzioni tecnologiche a problemi che una grande organizzazione potrebbe avere difficoltà a risolvere. Soluzioni che possono avere un impatto immediato sul risultato economico. Una recente indagine condotta su 70 fornitori di servizi finanziari del Regno Unito ha rivelato che l’87% di loro ha ottenuto riduzioni dei costi grazie alla collaborazione con imprese Fintech, mentre il 54% ha aumentato i ricavi. In conclusione le partnership e le acquisizioni Fintech consentono agli operatori storici di esternalizzare gran parte del processo di innovazione, mantenendo la maggior parte dei profitti e, di solito, tutti i clienti.

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