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Ipo Doordash Airbnb

Airbnb dichiara guerra all’Italia. E alla tassa sugli affitti brevi

Airbnb fa ricorso al Tar contro la legge sugli affitti brevi si rivolge all’Antitrust perchè è convinta che norma   Non si arrende Airbnb: la tassa sugli affitti brevi non le è mai piaciuta e continua a non piacerle. Ed per questo che, dopo aver fatto ricorso al Tar, il 22 settembre, la start up…

Airbnb fa ricorso al Tar contro la legge sugli affitti brevi si rivolge all’Antitrust perchè è convinta che norma

 

Non si arrende Airbnb: la tassa sugli affitti brevi non le è mai piaciuta e continua a non piacerle. Ed per questo che, dopo aver fatto ricorso al Tar, il 22 settembre, la start up di San Francisco ha deciso di rivolgersi anche all’Antitrust, ritenendo che la norma italiana sia lesiva della concorrenza. Ma andiamo per gradi.

Affitti brevi, un fenomeno in crescita

tassa airbnbE’ boom di affitti brevi negli ultimi mesi. E il fenomeno è in crescita. A testimoniare quanto stiamo sostenendo sono i dati di AirBnB, uno dei leader del settore. Già nel 2015 la società americana contava, nel Bel Paese, 83.300 “host”, ovvero proprietari che hanno avuto un guadagno medio annuo di 2.300 euro, per un totale di 191 milioni all’anno. Che in tasse, per lo stato, si dovrebbe tradurre in 40 milioni di euro di entrate. Numeri importanti se si pensa che sono riferiti ad una sola piattaforma.

Cos’è la tassa Airbnb

È stata chiamata “tassa Airbnb”, come se fosse una nuova imposta. Di nuovo, però, c’è ben poco: la ritenuta del 21% per gli affitti brevi, infatti, non è una novità. Il versamento al Fisco della tassa (in alternativa del regine Irpef ordinario con aliquote progressive in base al reddito) è sempre stato un obbligo per chiunque affitti una stanza o un’intera casa, anche per periodi inferiori ai 30 giorni (nonostante non sia necessario registrare il contratto).

Ma allora, cosa cambia la tassa Airbnb? Le nuove norme obbligano gli intermediari che incassano il canone dall’inquilino per girarlo al proprietario a funzionare come sostituto d’imposta. In sostanza, le tasse dovute da chi affitta dovranno esser trattenute direttamente dalle piattaforme, come Airbnb, e le verseranno all’Erario (I portali chiederanno in anticipo ai proprietari di case le tasse da girare direttamente allo Stato). Fino ad oggi, il versamento era affidato al buon cuore dei proprietari di casa.

Sarà compito dell’intermediario comunicare all’Agenzia delle entrate i dati dei contratti e in caso di irregolarità è prevista una multa fino a 2mila euro. Il proprietario avrà sempre la possibilità di scegliere tra imposta sostitutiva del 21% e Irpef ordinario, nel qual caso la ritenuta del 21% sarà a titolo di acconto.

Airbnb non raccoglie la tassa

Tutti i siti che fanno da intermediari tra chi affitta e gli affittuari, come Airbnb e Booking, tra gli altri, dovranno far pagare le tasse ai proprietari degli immobili entro il 16 di ogni mese successivo, come stabilito dall’Agenzia delle Entrate, che ha emanato un apposito codice tributo,   relativo al versamento delle ritenute dei contratti di locazione breve, che i soggetti di intermeAirbnbdiazione immobiliare dovranno inserire nel modello F24.

La norma è operativa da settembre. Il 16 ottobre dovrebbero arrivare al Fisco i primi versamenti di imposta da parte delle piattaforme, ma attualmente Airbnb e gli altri grandi operatori online non stanno raccogliendo la tassa.

Airbnb fa ricorso al Tar

Airbnb prova a difendere i suoi interessi in tribunale. La società, il 22 settembre 2017, ha deciso di far ricorso al Tar contro la norma introdotta dalla manovrina di primavera, perchè violerebbe diverse leggi comunitarie, a partire dalla direttiva 1535 del 2015 secondo cui gli Stati membri comunichino alla Commissione in maniera preventiva le nuove regole tecniche che riguardano le società digitali.

E ancora, per Airbnb, la norma violerebbe anche l’articolo 56 del Trattato di funzionamento dell’Unione europea, che vieta restrizioni alla libera prestazione di servizi all’interno del blocco comunitario, oltre che le norme sulla tutela dei dati personali dei cittadini.

Si chiede anche l’intervento della Corte di Giustizia europea

E se il Tar non potesse fermare la norma, Airbnb, tramite i suoi legali, chiede di rimandare la questione alla Corte di Giustizia europea, per valutare la sua compatibilità con il diritto comunitario.

Il ricorso all’Antitrust

E ancora. Airbnb si è rivolta, nelle ultime ore, anche all’Antitrust convinta che la norma contenga aspetti lesivi della concorrenza. Quello che denuncia la società di San Francisco è che la legge sugli affitti brevi la penalizzino rispetto ad altri operatori del settore, come Booking che, non trasmettendo i pagamenti da ospite a proprietario, non è costretto dalla legge a trattenere la cedolare al 21%, o come le realtà più piccole, come privati e B&b, che gestiscono una rete molto piccola di utenti.

Quello che spera Airbnb è dunque la cancellazione della norma perché in contrasto con i principi della libera concorrenza.

Booking: “quanto previsto non è attuabile”

AirbnbAnche Booking, portale che fa da ponte tra alberghi, agriturismi, b&b e turisti, si schiera contro la tassa Airbnb. “Gli obiettivi di lotta all’evasione sono condivisibili, ma quanto previsto non è concretamente attuabile”, hanno affermato i rappresentanti del portale online.

I motivi son diversi. Il primo fra tutti è che “nella maggior parte dei casi gli ospiti pagano direttamente il proprietario dell’appartamento”. Il ruolo di Booking, dunque, è solo quello di “fornire una piattaforma che consente di metterli in contatto”.

Il secondo motivo è di organizzazione. Agendo come sostituto di imposta, Booking avrebbe bisogno di una sede organizzata a tale scopo in Italia, cosa che non ha. “I 250 dipendenti svolgono compiti limitati e ben precisi”, hanno sottolineato dalla società. “Sono i proprietari i responsabili della regolarità degli alloggi e degli obblighi fiscali”.

 

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