Più militari e più sistemi di difesa aerea per le Nato.
È il quadro che emerge da alcuni documenti riservati citati dal quotidiano tedesco dDe Welt, secondo cui l’Alleanza Atlantica è pronta a chiedere ai governi di schierare quasi cinquanta brigate in più: oltre 150mila soldati da reclutare ex novo o trasferire da altri corpi delle forze armate nazionali. Ciò rappresenterebbe un aumento del 60% rispetto all’attuale forza di 82 brigate da conseguire entro il 2031, secondo i nuovi requisiti minimi di capacità presentati dal comandante supremo alleato per l’Europa, generale Christopher Cavoli e dall’ammiraglio francese Pierre Vandier.
Per soddisfare i requisiti di capacità di combattimento e scoraggiare efficacemente la Russia, i paesi della Nato hanno bisogno anche di nuovi sistemi Patriot, Iris T-Slm e Skyranger.
Sono obiettivi attualmente perseguibili? Non è un mistero che soddisfare questi requisiti sarà una sfida enorme per i paesi della Nato.
Ne abbiamo parlato con il generale Vincenzo Camporini, ex capo di Stato maggiore della Difesa e dell’Aeronautica militare, e Leonardo Tricarico, presidente della Fondazione Icsa, già capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare.
Tutti i dettagli.
NON SOLO TECNOLOGIE, SERVONO ANCHE NUMERI DI UOMINI E MEZZI
“Molto semplice: le Forze Armate dei membri dell’Alleanza si sono complessivamente, nel tempo, ridotte”, osserva il generale Camporini. “È nota l’osservazione che tutto il British Army (poco più di 70.000 effettivi) ci sta nello stadio di Wembly. Le dimensioni del conflitto tra Russia e Ucraina dimostrano che le tecnologie non sono la panacea e non bastano: servono anche i numeri, di uomini e mezzi”, sostiene Camporini.
“È ormai noto che in alcuni paesi si pensa alla reintroduzione della leva obbligatoria”, fa notare il generale: “Per i sistemi antiaerei, qualche settimana fa è circolata una valutazione secondo cui in Europa il livello di protezione assicurato contro minacce aeree e missilistiche è il 5% di quanto sarebbe necessario, viste le recenti esperienze in Ucraina e quelle delle ultime settimane in Israele“.
Pertanto, “il Welt riporta la valutazione tecnica di chi ha la responsabilità di garantire la sicurezza dei paesi membri della Nato, poi spetterà alla politica decidere se accettare, e in che misura, queste raccomandazioni”, chiosa il generale Camporini.
NECESSARIA UNA RIORGANIZZAZIONE DELLA NATO
Il generale Leonardo Tricarico crede invece che “la Nato dovrebbe fare una riflessione più seria su un’eventuale sua riorganizzazione e non mi sembra certo questa – attenendoci al Die Welt – perché lo sbilanciamento a favore del Fianco Est è qualcosa che noi italiani stiamo denunciando da decenni ormai, senza ottenere risultati apprezzabili. Come era prevedibile, il conflitto russo-ucraino ha reso ancora più flebile questa nostra voce e meno probabile che il nostro richiamo venisse ascoltato. Non posso che commentare negativamente un’iniziativa di questo genere”.
NESSUNA IPOTESI DI LEVA OBBLIGATORIA ALL’ORIZZONTE
Quali sarebbero le conseguenze per il nostro Paese? Tornerebbe in auge l’ipotesi ventilata di una leva obbligatoria? “No, la leva obbligatoria è da cancellare una volta per tutte, mettere una pietra bombale sopra perché ormai è fuori dal tempo, è fuori da qualunque altra possibilità che venga attuata”.
CREARE UNA FORZA DI RISERVA SERIA
“Se stiamo parlando di dimensioni dell’esercito, la cosa importante che dovrebbe essere una volta o l’altra presa in considerazione è la creazione di una forza di riserva seria. Io non dico come quella israeliana. Gli israeliani in caso di abbisogna possono movimentare il 200% della forza normale e quindi arrivare a un esercito di 500mila persone. Questo è Israele. Io non dico che dobbiamo avere questa dimensione, ma da qui a non averla proprio ce ne passa. E quindi, Nato o non Nato, il fatto che fosse importante pensare a uno strumento di questo tipo già da tempo, guerra o non guerra, è già anche troppo tardi. Quindi quando lo si fa è già tardi. Questo è un provvedimento che sicuramente mi sentirei di indicare”.
RIPENSARE LA NOSTRA DIFESA
Non solo truppe e uomini, ma anche strumenti militare, nel rapporto si cita la necessità di rafforzare le difese antiaerea e antimissile con sistemi quali Patriot, Iris T-Slm e Skyranger.
Secondo Tricarico, “gli strumenti vanno ripensati non dico ex novo, però aggiungendo alla pianificazione ordinaria anche una quota parte che sia il risultato di un ripensamento della nostra difesa alla luce di quello che sta succedendo in Ucraina e in Medio Oriente”.
“Però c’è anche da dire – prosegue Tricarico – che io oggi come cittadino non mi sentirei di chiedere neanche un euro in più al nostro paese per assegnare un bilancio della difesa perché evidentemente le condizioni non sono tali da poter privilegiare questo comparto rispetto ad altri – tutti in sofferenza – alla luce di quelle che sono le disponibilità della politica del bilancio che Giorgetti ha evidenziato anche troppo chiaramente. Quindi bisogna fare meglio con quello che si ha, naturalmente dopo un ripensamento generale del nostro modello di difesa e soprattutto sollecitando anche un miglioramento della spesa attraverso la messa a punto di meccanismi europei. Dunque la messa a fattor comune di certe attività di ricerca, sviluppo e soprattutto di approvvigionamento dei sistemi”.
A PROPOSITO DELL’OBIETTIVO DEL 2% DEL PIL PER LE SPESE MILITARI…
Infine, secondo i documenti che saranno presentati ai ministri della Difesa a Bruxelles, i due comandanti dell’Alleanza riapriranno la discussione sull’esigenza di “significative risorse finanziarie aggiuntive” da dispiegare. Con tutta probabilità, viene evidenziato nei documenti, “ben oltre” quel 2% che, pur rappresentando il minimo sindacale richiesto con forza dall’inizio del conflitto scatenato dal Cremlino, a oggi soltanto 23 Paesi Nato sui suoi 32 membri riescono ad assicurare, riferisce l’Ansa.
“Il 2% per l’Italia è già ambizioso se non velleitario” asserisce il generale Tricarico. “Questa è la realtà. Da qui ci si muove e bisogna fare in modo che le risorse che il Paese ha messo a disposizione siano ri-orientate, ri-allocate, a secondo delle nuove esigenze che sono emerse e che emergeranno, soprattutto sollecitando un esercito comune che eventualmente, se ben concepito, potrà comportare un miglioramento della spesa”.
“Queste sono le due direzioni in cui ci si deve muovere, togliendo dalla meta o dall’ipotesi possibile quelle che si possa raggiungere o addirittura superare il 2%” conclude il generale Tricarico.