A dimostrazione della rilevanza internazionale dell’Italia nel dossier spazio, con un comparto industriale capace di garantire un impiego a oltre 7.000 persone per un volume d’affari di circa 2 miliardi di euro l’anno, il Paese si è affermato come leader nel settore aerospaziale, in particolare in riferimento al recente fenomeno della new space economy.
Con l’avvento della nuova economia dello spazio, infatti, il settore spaziale – che per lungo tempo ha goduto del prevalente sostegno istituzionale – si è aperto all’ intervento degli investitori privati e delle startup, dando avvio ad una vera e propria “rivoluzione culturale” nella ridefinizione del rapporto pubblico-privato in cui l’Italia si muove da protagonista. Sono molteplici gli attori che compongono il settore industriale italiano in ambito spaziale, inclusi un cluster tecnologico nazionale, una decina di distretti tecnologici, quasi 70 tra università, dipartimenti e centri di ricerca e 200 grandi, piccole e medie imprese a cui si aggiungono alcune micro-imprese specializzate nel comparto spaziale.
Sul piano imprenditoriale, l’Italia vanta poi numerosi esempi di startup di successo in campo spaziale, che includono i servizi in orbita di D-Orbit, le ground station a terra di Leaf Space, le tecnologie di propulsione di T4i e l’uso di intelligenza artificiale per l’automazione e il controllo per opera di Aiko. In virtù delle competenze italiane nell’ambito della produzione di radar ad apertura sintetica, Roma è leader nel settore della geo-informazione, e risulta tra i primi sette Paesi al mondo a possedere capacità di lancio. Nonostante non si tratti ancora di una capacità del tutto autonoma, ciò facilita di parecchio la possibilità di testare tecnologie direttamente in orbita, e dimostra inoltre l’ambizione italiana di consolidare la propria posizione di leadership nello spazio sia tramite uno sviluppo tecnologico costante, sia attraverso una continua cooperazione con altri Stati ed agenzie spaziali.
Tuttavia, sono ancora da riconoscere limiti importanti nella filiera della newspace economy, che si legano inestricabilmente alle barriere che da decenni pongono un freno alla competitività italiana: non solo incertezza temporale in ambito giudiziario e rallentamento burocratico-amministrativo, bensì anche un basso volume di investimenti in ricerca, sviluppo e capitale di rischio – in particolare a proposito della frontiera tecnologica.
Ciononostante, la consapevolezza dei benefici di lungo periodo dell’investimento in tecnologie spaziali hanno portato in prima linea nella catena del valore nazionale ed internazionale grandi player italiani come Leonardo, Avio e Argotec, così come operatori dei servizi logistici di supporto alla stazione spaziale internazionale.
Con un miliardo di euro di budget annuale, il supporto chiave è fornito dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), che svolge il compito di coordinare progetti relativi all’esplorazione spaziale, all’osservazione della terra e all’abilitazione dell’industria spaziale. Non meno importante, un ruolo fondamentale è altrettanto assolto dall’Agenzia Spaziale Europea, che con il suo ruolo di investitore ha contribuito a creare i primi flussi finanziari per le proto-imprese italiane.
Anche per questo motivo è riscontrabile un po’ di Italia in Artemis I, il primo volo di collaudo del programma che porterà nuovamente l’uomo sulla superficie selenica entro il 2026. Con la coordinazione dell’ASI, la Penisola ha apportato un notevole contributo ad Orion, il modulo di servizio che insieme al Space Launch System della NASA costituisce il fulcro di Artemis I.Alla costruzione e alla progettazione di Orion hanno infatti collaborato piccole e medie imprese italiane, tra cui la piemontese Criotec, che ha costruito le valvole per regolare l’apporto e la miscelazione di azoto e ossigeno necessari alla respirazione dei futuri astronauti. La torinese Alfa Meccanica ha poi elaborato la struttura e le coperture delle strutture che in Artemis 2 consentiranno l’idratazione degli alimenti, mentre la compaesana Aviotec ha messo a punto un sistema di cinghie che proteggeranno parte della struttura da micrometeoriti e detriti vaganti. Dtm Technologies, con sede a Modena, si è infine occupata delle piastre per il raffreddamento, consolidando e portando avanti la tradizione spaziale della propria realtà aziendale già inaugurata con gli hardware impiegati sullo Space Shuttle e sulla stazione spaziale internazionale. Sul versante degli investimenti, sono riscontrabili interessanti sviluppi nel corso degli ultimi anni.
A testimonianza dell’importanza del settore spaziale per l’economia italiana, oltre 2,4 miliardi di euro verranno investiti nell’industria e nelle tecnologie spaziali entro il 2026 nell’ambito del PNRR, in particolare della Recovery and Resilience Facility e del Fondo Complementare. Di notevole rilevanza è la quota stanziata per la creazione di un’Italia produttrice di tecnologie avanzate, che risulta nettamente superiore ai fondi previsti dalle altre potenze europee – Francia e Germania in primis.
Tuttavia, una valutazione dell’efficacia degli investimenti del PNRR sarà possibile solo dopo la finestra temporale del 2026, quando il nostro Paese si troverà nella posizione di proseguire l’afflusso di risorse dedicate allo spazio e, di conseguenza, continuare ad alimentare la filiera spaziale nella sua dimensione industriale e finanziaria. Tale approccio favorirebbe la posizione delle imprese italiane nel futuro contesto geopolitico globale, attirando potenzialmente investitori internazionali e, al contempo, istituzionali. Non da ultimo, la sinergia con numerosi settori industriali italiani contribuirebbe a creare nuovi posti di lavoro che richiederanno capacità specifiche e tecniche. In tema di investimenti, è bene inoltre considerare che – a prescindere dall’attrazione dei nuovi attori commerciali della space economy – la fetta maggiore di finanziamenti nel settore spaziale continua ad affluire dagli attori pubblici civili e militari. Ne sono un esempio enti pubblici come Cassa Depositi e Prestiti l’Agenzia ICE, che si occupano della promozione all’estero delle imprese italiane e ricoprono un ruolo via via più centrale nella creazione di nuovi modelli di business, internazionalizzazione e venture capital con notevoli benefici per il nostro Paese. Il ruolo ricoperto da tali agenzie apre contemporaneamente a nuove riflessioni sulla direzione in cui dovrebbe o potrebbe svilupparsi il rapporto tra gli attori dell’industria spaziale italiana e altri attori istituzionali. In quest’ottica, al momento attuale il nostro Paese si è reso protagonista e promotore di interessanti collaborazioni a livello internazionale.
L’Italia vanta una lunga tradizione di partnership spaziali che trascendono i confini nazionali, prima tra tutte la partecipazione attiva nell’Agenzia Spaziale Europea e nel COPUOS, nel contesto delle Nazioni Unite. Di analoga importanza sono le collaborazioni che l’ASI porta avanti con alcune omologhe agenzie straniere e lo scambio di competenze tecnologiche e scientifiche con gli Stati Uniti.
Più recentemente, a riprova del dinamismo del settore spaziale nazionale italiano, in occasione della ministeriale dell’Agenzia Spaziale Europea del novembre 2022 il Paese ha riaffermato la propria volontà di giocare da protagonista in virtù delle proprie capacità industriali nonché di leadership nel panorama spaziale europeo. In tale contesto, la firma di una dichiarazione trilaterale con i Ministri di Francia e Germania a margine della ministeriale ha permesso all’Italia di contribuire al futuro dei lanciatori europei e, al contempo, di indirizzare politicamente il vertice ESA anche attraverso l’inclusione di Paesi extra-europei.
Conscio degli impatti geopolitici del conflitto in Ucraina e delle sanzioni occidentali nei confronti della Russia anche e soprattutto nel settore spaziale – storico dominio di cooperazione sin dalla guerra Fredda, il governo italiano si è fatto sponsor dell’ingresso dell’Ucraina nell’Agenzia Spaziale Europea a fronte del ruolo strategico del Paese nella costruzione dei motori Vega, componente essenziale degli omonimi lanciatori italiani ed europei. L’impegno italiano nel quadro ESA ha poi permesso di mettere in luce le peculiarità del comparto industriale nazionale arrivato a comprendere tanto un ecosistema di grandi imprese capaci di produrre tecnologie competitive e di alto livello su scala globale, quanto un ventaglio di microimprese particolarmente dinamiche e promettenti per la ricerca spaziale.
È dunque anche grazie agli sforzi italiani che, congiuntamente ai partner europei, il budget complessivo dell’ESA è aumentato fino a toccare i 16,9 miliardi di euro, con un incremento di circa il 17% rispetto al risultato della ministeriale precedente.
Il contributo italiano al nuovo ciclo di programmi dell’ESA si attesta a più di 3 miliardi di euro in cinque anni, riconfermando il nostro Paese come secondo contributore dietro alla Germania e a parimerito con la Francia e sottolineando nuovamente il ruolo fondamentale dello spazio per la tutela degli interessi del panorama industriale, dell’innovazione e della ricerca a livello nazionale. Accanto allo stanziamento finanziario, l’Italia contribuirà inoltre alle iniziative ESA della Secure Connectivity – che fornirà connessioni satellitari sicure ai governi e ad utenti commerciali – e a Moonlight, che permetterà di stabilire servizi di comunicazione satellitare e navigazione sulla Luna, essenziali per future attività commerciali sul nostro satellite.
Da ultimo, la firma di un contratto per tre nuovi missioni Copernicus ha garantito all’Italia l’incasso di cinque nuovi accordi di lancio per il lanciatore Vega C, emblema della qualità dei prodotti del comparto industriale nazionale.
Particolarmente interessante risulta infine l’interazione italiana in ambito spaziale con la Francia, che come dimostrano le vicende a cui si è appena accennato nell’ambito dell’ESA procede su due binari distinti, tanto su canali bilaterali quanto multilaterali. A titolo di esempio, Roma e Parigi hanno firmato nel 2017 un accordo bilaterale di durata decennale per promuovere consultazioni, cooperazione e condivisione di conoscenze nel settore spaziale. Pochi anni più tardi, anche il Trattato del Quirinale del 2021 tra i due Paesi ha visto l’introduzione, all’articolo 7, di disposizioni in materia di collaborazione spaziale nell’ambito della difesa e della sicurezza. Su questa linea, nel 2022 è stata firmata una dichiarazione congiunta in materia di lanciatori che saranno forniti da Avio e Arianespace tra il 2023 e il 2024.
Se la collaborazione tra Italia e Francia sembra essere fruttuosa e in linea con gli impegni che accomunano i due Paesi in ambito europeo, appare invece strategica la collaborazione del nostro Paese con la società privata di Elon Musk SpaceX, che ha permesso a Roma di consolidare la propria posizione a livello internazionale e raggiungere un più ampio bacino d’utenza, con notevoli benefici per il tessuto industriale nazionale grazie alla possibilità per numerose aziende di aprire i propri orizzonti a mercati più vasti.
Al contempo, la vicinanza italiana agli USA è anche frutto nella volontà di bilanciare l’ormai consolidata cooperazione esistente con i partner europei, contemplando la collaborazione con Washington come complementare.
Ad ogni modo, in continuità con l’impegno e la volontà politica in ambito spaziale dei governi che si sono succeduti negli ultimi anni, è necessario mantenere alta tanto l’attenzione verso questo settore così strategico per il nostro Paese, quanto le competenze, gli investimenti e le risorse da destinare alle piccole e medie imprese e le startup con interventi mirati ed adeguati a mantenere una posizione dominante in termini tecnologici e di presenza in programmi cooperativi a livello transnazionale. Solo così facendo l’Italia potrà operare nello spazio al fianco delle potenze trainanti del settore.




