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Come e perché la Turchia punta a sottomarini a propulsione nucleare

Sottomarini a propulsione nucleare nel futuro della Marina turca? L'approfondimento di Giovanni Martinelli

In una recente intervista a una rivista specializzata, il Comandante della Marina Turca Ammiraglio Ercüment Tatlıoğlu ha per la prima volta ammesso in maniera pubblica (ovvero ufficiale) l’intenzione del proprio Paese di dotarsi in futuro di sottomarini a propulsione nucleare. Dichiarazioni dunque di grande rilevanza che, per quanto non giungano del tutto inaspettate dato che le voci di una tale prospettiva erano circolate con sempre maggiore insistenza proprio in tempi recenti, meritano di essere valutate con la dovuta attenzione.

Per quanto infatti si tratti di un programma che inevitabilmente richiederà comunque tempi lunghi e che presenterà sfide tecnologiche (ma anche finanziarie) non banali, almeno un paio di considerazioni preliminari di varia natura pare opportuno svolgerle fin da ora.

La prima ha una connotazione più “politica”; nella misura in cui il futuro ingresso della Turchia nel  novero dei Paesi che dispongono di questo tipo di piattaforme diventerà esso stesso un traguardo simbolico (e non solo) della politica di potenza che questo Paese, cerniera tra Europa e Asia, persegue da tempo. Un percorso che renderà ancora di più la Turchia stessa non solo un attore di primissimo piano nel Mar Mediterraneo ma, al tempo stesso, segnerà la sua definitiva trasformazione in media potenza regionale sì ma con spiccate capacità di esercitare un ruolo ancora più globale.

La seconda è invece più “tecnico-operativa” e prende spunto proprio dall’ultima considerazione. Disporre infatti di sottomarini a propulsione nucleare consente a ogni Marina che li ha in linea di compiere un salto di qualità enorme; perché significa avere piattaforme dotate di grande autonomia e capaci di sviluppare velocità elevate. Da cui, la possibilità di operare, per l’appunto, su scala pressoché globale. Oltre ovviamente alla considerazione che questi battelli possono sviluppare capacità operative complessive (in termini di sensori e armamento) superiori a quelli a propulsione convenzionali.

IL CONTESTO

Da sempre, dal punto di vista militare la Turchia è considerata uno dei perni della Nato; soprattutto per via delle dimensioni delle sue Forze Armate. Negli ultimi anni Ankara ha però impresso una ulteriore svolta al processo di ammodernamento e rinnovamento del proprio strumento militare; una svolta che associa cioè alla quantità anche la qualità.

In altri termini, un salto in avanti destinato da una parte a rendere più moderne le Forze Armate e, dall’altra, a sviluppare capacità di progettazione e costruzione locali; a loro volta con un sempre più elevato livello tecnologico. Ciò anche in funzione non solo della volontà di diventare un Paese sempre più protagonista a livello militare, in modo da assecondare le politiche a dir poco assertive del Presidente Erdogan, ma anche per conquistare posizioni nel mercato dell’export degli armamenti.

Al centro di questo processo di rafforzamento “bellico”, l’impetuoso sviluppo della Marina Militare Turca che si poggia sulla dottrina “Mavi Vatan” (Patria Blu); dottrina elaborata nei primi anni 2000 e che indica nel mare la grande frontiera strategica di Ankara. E così, ogni singola componente della Marina Turca è oggetto da anni di un vistoso potenziamento che trova una sua significativa declinazione proprio in quella subacquea.

GLI ATTUALI (E PROSSIMI VENTURI) SOTTOMARINI DELLA MARINA TURCA

Già oggi, questa forza armata schiera una linea di sottomarini di tutto rispetto; soprattutto con riferimento allo specifico teatro del Mar Mediteranno. Sono infatti ben 12 i battelli operativi. Si comincia dai 4 della classe Atilay (cioè dei Type 209/1200); si tratta dei più anziani in servizio, tanto che 2 di questi sono stati ritirati ma rimangono a disposizione per compiti sperimentali e per addestramento. La sostituzione degli Atilay è quindi prevista a breve, quando ne saranno entrati in servizio di nuovi.

Più recenti (perché costruiti negli anni ‘90 e primi anni 2000) e più capaci sono invece i 4 sottomarini della classe Preveze e gli altrettanti della classe Gür. Tutti e 8, sia pure con alcune modifiche tra una classe e l’altra, fanno riferimento al modello Type 209/1400 e anche questi (come i precedenti Atilay) sono espressione dell’industria cantieristica tedesca; più in particolare di ThyssenKrupp Marine System (Tkms). Un aspetto importante è rappresentato dal fatto che questi battelli sono stati assemblati localmente (con assistenza da parte di Tkms stessa) e sono  stati/saranno oggetto di importanti lavori di aggiornamento condotti sempre localmente; la migliore occasione per acquisire le necessarie competenze industriali e tecnologiche  in ambito subacqueo

Competenze che proprio ora sono messe ancora più a frutto con la realizzazione della nuova classe di sottomarini per la Marina turca. Presso gli stessi cantieri navali Gölcük che hanno realizzato i Preveze e i Gür, sono infatti in fase di costruzione i 6 sottomarini della classe Reis. Ancora una volta fortemente ispirati a un progetto di Tkms e cioè i Type 214, anche in questo caso risulta tecnicamente più corretto parlare di costruzione mista a assemblaggio; dato che diverse componenti arrivano direttamente dai cantieri Tedeschi per essere poi, per l’appunto, unite a quelle realizzate in Turchia.

Ciò però non cambia di molto il giudizio su l’innegabile percorso di crescita Turco; per almeno un paio di motivi importanti. In primo luogo perché questi Type 214 sono piattaforme moderne e capaci (nel dettaglio, i primi per la Marina di Ankara a disporre di sistemi AIP o Air Indipendent Propulsion). In secondo perché a differenza del passato, i Reis avranno molti sistemi critici (soprattutto a livello di quello di combattimento) di produzione locale. Nel frattempo, i primi 3 sottomarini sono già stati varati e si trovano a un diverso livello di completamento in vista dell’inizio della operatività vera e propria. Gli altri 3 seguiranno nei prossimi anni, con il programma destinato a completarsi prima della fine del decennio.

IL FUTURO (PIÙ REMOTO) DELLA COMPONENTE SUBACQUEA TURCA

Ma la spinta della Turchia non si esaurisce qui. Il 2 gennaio scorso è stato infatti annunciato l’avvio della costruzione del primo sottomarino di nuova classe; a oggi identificata come MILDEN, la sua caratteristica fondamentale è che sarà la prima a essere progettata e costruita interamente in Turchia. Insomma, il passo in avanti definitivo.

Poco si sa ancora di questo progetto, se non che sarà di dimensioni maggiori rispetto ai battelli della classe Reis e con accresciute capacità operative. Ma qui il dato importante è un altro: e cioè che i MILDEN potrebbero anche rappresentare il punto di partenza proprio per il successivo sviluppo del battello a propulsione nucleare annunciato.

Attenzione però, perché come accennato in precedenza la sfida industriale, tecnologica e anche finanziaria non sarà comunque banale per la Turchia. Punto di partenza, la tecnologia nucleare; con Ankara che ha diversi progetti in campi civile già in essere e in collaborazione con altri Paesi (in particolare, la Russia). Laddove però questo aspetto non dà particolari garanzie sul fatto che possa risultare così facile il passaggio alla propulsione nucleare per sottomarini.

Anche dal punto di vista costruttivo e tecnologico, per effetto della maggiore complessità di una simile piattaforma e dei maggiori standard di sicurezza richiesti, lo sforzo sarà sicuramente  importante. Non solo, pure sul versante finanziario l’impegno si preannuncia significativo; per i costi legati alla realizzazione materiale dei sottomarini in quanto tali ma anche per la necessaria creazione di una catena di addestramento e di supporto dedicate.

Insomma, uno sforzo perfino poderoso; che potrebbe richiedere collaborazioni con altri Paesi (con tutti i rischi annessi e connessi), tempi lunghi e un notevole esborso economico ma che se alla fine fosse coronato da successo, come detto, proietterebbe la Turchia in un club (a dire il vero sempre meno) esclusivo. Quello cioè, dei Paesi che dispongono di sottomarini a propulsione nucleare, elevandosi così a rango di potenza di primo piano e, grazie anche ai molti programmi di ammodernamento delle proprie Forze Armate, conferendo una diversa profondità strategica al suo strumento militare.

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