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Bilancio difesa 2026: obiettivi ambiziosi e punti interrogativi

L’aumento delle risorse per la Difesa è destinato a poggiarsi su due strumenti (Safe e National Escape Clause) che, a oggi, non hanno una natura definitiva ma solo temporanea. L'analisi di Giovanni Martinelli

Per effetto di una singolare coincidenza, il mese di ottobre si è rivelato particolarmente intenso sul fronte del comparto Difesa del nostro Paese; soprattutto con specifico riferimento al tema delle risorse a esso destinate. Nel giro di pochi giorni infatti abbiamo assistito alla pubblicazione di importanti documenti programmatici sul bilancio dello Stato, a loro volta premessa per la presentazione in Parlamento del Disegno di Legge di Bilancio (DLB) per gli anni 2026-2028.

Sempre nello stesso periodo, il Ministero della Difesa ha reso noto (con pesante ritardo) il Documento Programmatico Pluriennale (Dpp) per la Difesa; in questo caso relativo agli anni 2025-2027 e quindi con una prospettiva temporale in qualche modo superata proprio dal DLB stesso. Ecco dunque emergere un primo elemento di criticità, rappresentato da un processo informativo verso il Parlamento e (di riflesso) il Paese caratterizzato, per l’appunto, da sfasamenti temporali che riducono il livello di chiarezza sui temi in oggetto.

Se a questo si aggiunge che il Dpp nella sua edizione di quest’anno si è presentato in una veste rinnovata che rappresenta un passo indietro sul fronte della trasparenza, il giudizio complessivo tende a peggiorare ulteriormente. Anche perché proprio il Documento di quest’anno era particolarmente atteso per le necessarie spiegazioni su come il nostro Paese avesse ricalcolato le proprie spese militari per raggiungere la fatidica soglia del 2% del Pil stabilita dalla Nato; obiettivo che peraltro, come noto, è già superato in una chiave ben più impegnativa, ovvero un 3,5% di spese militari più un 1,5% per quelle legate alla sicurezza. Ebbene, anche questa importante occasione di chiarezza è stata sprecata; tanto che i dubbi sulla coerenza di tale operazione di “maquillage” delle spese militari rimangono intatti.

E il quadro futuro non appare da meno; sia pure condizionato da diversi passaggi tecnici che si dovranno materializzare da qui ai prossimi mesi, dubbi e incertezze su quella che sarà l’evoluzione delle risorse assegnate al comparto permangono. I documenti programmatici di bilancio poco sopra menzionati infatti, tracciano un percorso di crescita del bilancio della Difesa per i prossimi 3 anni. Nel dettaglio, +0,15% del PIL il prossimo anno, un altro 0,15% nel 2027 e, infine, un ulteriore 0,2% nel 2028. Alla fine del triennio si punta quindi ad avere un bilancio sempre della Difesa più alto dello 0,5% sul Pil rispetto ai valori attuali; in sintesi, una spesa militare che nel 2028 risulterebbe incrementata di poco più di 12 miliardi di € sul 2025 e con un maggiore sforzo complessivo nel triennio pari a quasi 23 miliardi di €.

E qui, inevitabilmente, il tema diventa quello delle risorse (non poche) da mettere a disposizione per compiere questo (indubbio) salto in avanti. Tema che però non viene chiarito dal DLB che, anzi, restituisce un quadro contraddittorio; nella misura in cui dall’analisi dello stato di Previsione del Ministero della Difesa (così come da quello di altri Ministeri interessati) non emerge un aumento significativo delle risorse né per il prossimo anno, né per i 2 successivi. Tema su cui ci comunque sarà modo di tornare in seguito, al fine di formulare delle spiegazioni in merito.

IL DISEGNO DI LEGGE DI BILANCIO 2026-2028 E LA DIFESA

Nell’articolato del DLB in quanto tale non sono presenti interventi di rilievo per il comparto Difesa, sotto forma di provvedimenti specifici per quest’ultimo. Del resto, il “danno” maggiore era già stato fatto lo scorso anno, per effetto della proroga triennale della operazione “Strade Sicure”. Anche dagli Stati di Previsione dei Ministeri interessati da interventi a favore del comparto Difesa non giungono particolari movimenti in quanto a definanziamenti o rifinanziamenti dei vari capitoli di spesa; a differenza di quanto è accaduto negli ultimi anni che, invece, avevano visto interventi importanti sul fronte dei secondi, con conseguente aumento delle risorse. E questo vale per il Ministero della Difesa ma anche per il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit), che tempo sostiene alcuni programmi di investimento delle Forze Armate.

Un discorso a parte lo merita il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) che provvede con un proprio fondo a coprire i costi delle missioni all’estero; ebbene, qui si registra un corposo rifinanziamento di 250 milioni di € che porta la cifra disponibile per il 2026 a 1.314,1 milioni di €, decisamente inferiore però ai 1.465 milioni stanziati lo scorso anno.

Per quanto riguarda poi lo specifico tema della “Funzione Difesa” (cioè quella parte del bilancio della Difesa stesso depurata di alcune voci non riferibili alle spese militari propriamente dette) si registra una crescita dai 22.845 milioni di € del 2025 ai 23.800 circa del prossimo anno. Ora, al netto della considerazione che solo a Legge di Bilancio approvata sarà possibile avere un quadro ancora più puntuale, già i primi elementi disponibili ci dicono che l’aumento c’è ma è modesto; cioè, circa 1 miliardo di €. E questo anche aggiungendo  le già ricordate risorse provenienti da altri Dicasteri. Con una crescita di nuovo contenuta pure per il 2027 ma anche una tendenza incerta per il 2028.

PROMESSE TRADITE?

Alla fine sarebbe perciò lecito immaginare una incoerenza tra talune indicazioni future e la realtà dell’attuale DLB. Sennonché, a questo punto è doveroso inserire nella presente analisi altri 2 elementi che, semplicemente detto, al momento attuale non possono produrre ancora degli effetti finanziari in quanto destinati a materializzarsi in un secondo momento.

Il primo è legato alla richiesta avanzata dal nostro Paese di attingere ai fondi del prestito Safe previsto dal piano di “riarmo Europeo”. L’Italia ha già fatto una prima richiesta per una somma di 14,9 miliardi di € ed entro il 30 novembre essa dovrà diventare definitiva con la sua presentazione (insieme ai relativi piani di spesa) alla Commissione Ue; quest’ultima infine, entro la fine dell’anno dovrà dare una risposta. Qualora approvati, questo significherebbe disporre (in media) di circa 3 miliardi di € in più aggiuntivi ogni anno per i prossimi 5, da destinare poi all’acquisto di nuovi sistemi d’arma.

Il secondo elemento è collegato alla attivazione della cosiddetta “National Escape Clause” (Nec). Un ulteriore meccanismo elaborato sempre dalla Commissione Ue e che consente (qualora richiesta dal singolo Paese e poi validata da quest’ultima) di aumentare le spese per la Difesa fino all’1,5% del Pil, in deroga alle regole previste dal Patto di Stabilità e Crescita. Valida (sempre a oggi) per un periodo massimo di 4 anni, la NEC consente libertà di scelta nella spesa e una flessibilità legata al fatto che essa può essere impiegata nelle percentuali desiderate. Per quanto riguarda il nostro Paese, ora l’attesa è tutta sull’uscita dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo che dovrebbe essere sancita nel corso del prossimo anno; a quel punto, l’Italia farà (quasi sicuramente) richiesta di attivare la Nec.

In sostanza, le condizioni per l’aumento delle spese per la Difesa nella misura “promessa” dai vari Documenti di Bilancio alla fine restano intatte. Ora, se da un parte si può esprimere un giudizio anche positivo rispetto a questa evoluzione prossima ventura, in funzioni delle oggettive esigenze legate a un sempre più obbligato e rapido processo di riarmo, dall’altra non si può nascondere un elemento di criticità.

L’aumento delle risorse per la Difesa così disegnato è infatti destinato a poggiarsi su due strumenti (Safe e Nec)  che, a oggi, non hanno una natura definitiva ma solo temporanea. Il rischio è dunque che se nel frattempo il nostro Paese non avrà avviato un percorso di crescita “virtuoso” dei fondi destinati alle Forze Armate, una volta esaurito il loro effetto ci ritroveremmo alla “casella di partenza”. La sfida per i prossimi anni diventa perciò quella di assicurare in maniera autonoma, strutturale e costante nel tempo un flusso di risorse adeguato al comparto Difesa.

UNA ANALISI PER CAPITOLI DI SPESA

Come noto ai più, il Bilancio della Difesa viene poi convenzionalmente diviso in 3 diversi capitoli di spesa principali: Personale, Esercizio e Investimento. Per quanto riguarda il primo, nel confronto sul 2025 si registra un aumento (l’ennesimo) dei fondi assegnati; da 11.345,6 milioni di € a 11.760 milioni circa; una crescita notevole, che viene spiegata con gli effetti del nuovo contratto delle Forze Armate. Ora, alla luce del fatto che sia il Ministero della Difesa che lo Stato Maggiore della Difesa chiedono a gran voce (e legittimamente) un aumento degli organici nonché la creazione di una “Forza di Riserva” , è evidente che prima di mettere in cantiere provvedimenti che drenerebbero ancora più risorse, sarebbe quanto mai opportuno varare prima una serie di riforme (sul tavolo da tempo) capaci di dare soluzione a diversi problemi cronici.

Per quanto riguarda il fondamentale capitolo di spesa dell’Esercizio, l’aumento di risorse appare significativo: dai 2.302,3 milioni di € di quest’anno ai 2.655 milioni del prossimo. Questo dato (tecnicamente positivo) però va affrontato con prudenza; esso risulta infatti determinato in larga parte dal semplice spostamento di risorse dal fondo le le missioni all’estero del Mef. Ciò significa che le risorse rimangono sempre e comunque insufficienti rispetto alle esigenze in termini di operatività delle Forze Armate.

Infine, il capitolo dell’Investimento che riceve fondi sia dal Ministero della Difesa che dal Mimit; dal primo arriveranno risorse per circa 9.385 milioni di € (contro i 9.197,1 di quest’anno) mentre dal secondo ne arriveranno 3.060 circa (contro i 2.960 sempre del corrente anno). In totale dunque, 12,4 miliardi di € circa. Un record storico ma, al tempo stesso, anche un deciso rallentamento rispetto alla crescita perfino tumultuosa degli ultimi anni; che però si spiega con facilita in quanto influenzato dal prossimo arrivo di nuove (e cospicue) risorse che arriveranno proprio con il prestito Safe e con l’attivazione della Nec.

A conferma che questi due strumenti appaiono davvero destinati a cambiare, almeno per i prossimi anni, il volto della Difesa Italiana. Nella speranza però che nel frattempo questo volto diventi più trasparente, in modo da non lasciare dubbi e ombre sulla reale qualità dello sforzo in atto; ma anche al fine di alimentare un dibattito su temi così cruciali per la sicurezza del Paese ben più serio e partecipato di quello in atto oggi.

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