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Takata

Volkswagen, torna lo spettro degli airbag difettosi Takata

Il richiamo della casa automobilistica tedesca riguarda una nuova tranche di modelli in cui è installata la tecnologia del produttore giapponese Takata Un lungo inchino di scuse da parte di Shigehisa Takada, numero 1 dell’omonima azienda e nipote del fondatore: “Mi scuso dal più profondo del mio cuore per aver causato tanti problemi alle persone…

Un lungo inchino di scuse da parte di Shigehisa Takada, numero 1 dell’omonima azienda e nipote del fondatore: “Mi scuso dal più profondo del mio cuore per aver causato tanti problemi alle persone e ai creditori”. Era finita così, nel luglio del 2017, la storia del costruttore nipponico Takata.

L’azienda, 46 mila dipendenti nel mondo, era stata sommersa dagli scandali per i suoi airbag difettosi che avevano provocato un numero record di richiami e di cause e da 8 miliardi di euro di debiti, la maggiore insolvenza mai registrata per una società giapponese.

Prima di allora Takata era sinonimo di sicurezza in ambito automotive: una multinazionale che controllava il 20% del mercato delle cinture di sicurezza e degli airbag. Nel luglio 2017 aveva circa cinquantamila dipendenti in 56 stabilimenti in 20 Paesi, con un fatturato di 663 miliardi di yen nel 2016-17, per il 90% realizzato all’estero.

Con la curatela fallimentare l’etichetta sembrava sparita per sempre dai radar e, soprattutto dalle cronache giornalistiche. O no? No, perché il maxi richiamo da 270mila unità di Volkswagen proprio in queste ore riporta indietro le pagine del calendario al 2017.

IL RICHIAMO DI VOLKSWAGEN

Il richiamo della casa automobilistica tedesca riguarda una nuova tranche di modelli in cui è installata la tecnologia del produttore giapponese Takata. Il copione sembra essere quello di anni fa.

Secondo i dati dell’autorità federale tedesca per i trasporti automobilistici “guasti nel generatore di gas degli airbag frontali” potrebbero portare a un “dispiegamento incontrollato e rilascio di frammenti di metallo che potrebbero ferire gli occupanti”.

Nessuna auto interessata sarebbe stata prodotta per il mercato tedesco, ma questo non vuol dire che i modelli a rischio non circolino per le strade del Vecchio continente. “Al fine di escludere rischi per la sicurezza – ha spiegato Volkswagen in una nota – gli airbag interessati verranno sostituiti in base alla disponibilità. Gli attuali richiami riguardano soprattutto le auto consegnate in luoghi caldi, come ad esempio il Sud America. Tuttavia non possiamo escludere che anche singoli veicoli siano riusciti a entrare in Europa”.

ANCORA GLI AIRBAG TAKATA

Torna così prepotentemente d’attualità l’incubo degli airbag difettosi prodotti dal costruttore giapponese Takata, che come si anticipava proprio a causa dei continui malfunzionamenti dei suoi dispositivi era stato costretto a dichiarare bancarotta nel 2017.

Una chiusura con strascichi anche in tempi ben più recenti, se si considera che Ford ha comunicato alla fine della scorsa settimana alla National Highway Traffic Safety Administration che sta richiamando poco meno di 100.000 vecchi pickup Ranger per dare ai suoi tecnici la possibilità di sostituire correttamente gli airbag Takata.

E prima, nel settembre 2021 il quotidiano tedesco Der Spiegel aveva riportato che l’ente federale Usa dei trasporti NHTSA (National Highway Traffic Safety Administration) aveva aperto un’ulteriore indagine su più di 30 milioni di vetture costruite tra il 2001 ed il 2019 equipaggiate con i tristemente noti airbag a rischio. Si trattava di mezzi di marche di lusso, come pure di costruttori generalisti, che non avevano responsabilità diretta nella vicenda, come Porsche, Jaguar Land Rover, Ferrari, Tesla, Bmw, Chrysler, Daimler, Ford, GM, Nissan, Mazda, Subaru e Toyota.

A gennaio 2020, poco prima dello scoppio della pandemia di Covid-19 (motivo per il quale la notizia passò inosservata) si scoprì che il nitrato di ammonio utilizzato come esplosivo per l’espansione del cuscino d’aria subiva modifiche a causa di umidità e temperature elevate, provocando di fatto uno scoppio molto più forte al punto da “sparare” componenti metalliche nell’abitacolo e ferire i passeggeri. Ecco perché attualmente il marchio tedesco sta privilegiando i richiami dei veicoli consegnati in “Paesi caldi, come per esempio il Sud America”.

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