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Ucraina, cosa succederà ai porti di Odessa

La resistenza dei porti di Odessa agli attacchi russi e i piani di sviluppo per il dopoguerra. L'approfondimento di Ugo Poletti

Ci sono tante storie di resistenza all’invasione russa da parte degli Ucraini. Oltre ai soldati ci sono anche gli eroi sconosciuti che hanno continuato a lavorare al loro posto perché lo Stato continuasse a funzionare. È il caso dei porti di Odessa, arteria indispensabile per l’export ucraino.

I PORTI DI ODESSA ARTERIA DELL’EXPORT UCRAINO

“Dai porti ucraini usciva l’80% dell’export del paese” dice Yuriy Vaskov. Era viceministro delle Infrastrutture responsabile dei porti e del trasporto fluviale e ferroviario, quando la Russia ha scatenato l’invasione, fino a maggio 2024. Poi ha seguito il destino del ministro Oleksandr Kubrakov, dimesso da Zelensky. Dopo questa esperienza forte ha fondato insieme all’ex-ministro il think tank We Build Ukraine in partnership con Boston Consulting Group, per definire le priorità strategiche della ricostruzione e guidare gli investimenti esteri in Ucraina.

“Dal primo giorno d’invasione a febbraio 2022 i porti ucraini sono stati bloccati dalla flotta russa”, continua a raccontare Vaskov, “e gli esportatori hanno cercato strade alternative, come TIR e treni, ma con profitti prossimi allo “0” per i costi non conpetitivi. In compenso i porti sul Danubio Izmail e Reni, hanno aumentato di 20 volte il loro movimento merci perché potevano attraversare le acque neutrali della Romania.” Una soluzione parziale, perché i fondali del Danubio non sono profondi come nei porti marittimi, quindi possono lavorare solo con navi dal fondo piatto con carichi limitati.

IL CORRIDOIO DEL GRANO CON LE NAZIONI UNITE

Poi, a luglio 2022, ci fu l’accordo del corridoio del grano, Black Sea Grain Initiative, grazie alla mediazione diplomatica di Turchia e Nazioni Unite, che consentì la sospensione del blocco navale russo ai porti della regione di Odessa (non Mykolaiv) per consentire l’export di grano e cereali. Le 65 navi bloccate da mesi nei porti poterono uscire nuovamente in mare e l’export riprese quasi al livello pre-guerra. Fu in quel momento che il mondo si accorse del valore strategico delle commodity alimentare ucraine, da cui dipende l’alimentazione di 400 milioni di persone. Quell’accordo durò un anno. Ma nel frattempo le perdite inflitte alla flotta russa dagli attacchi di droni marittimi e missili ucraini aveva liberato il mare dalle navi nemiche. Da allora il traffico di navi mercantili è ripreso senza dover più negoziare con i Russi.

PORTUALI UCRAINI CHE LAVORANO IN MEZZO AI BOMBARDAMENTI

Tra i funzionari rimasti al loro posto, nonostante il rischio personale, c’è Aleksey Myaskovsky, capo da cinque anni dell’ente portuale che amministra le proprietà immobiliari e i servizi portuali a Odessa. In questi tre anni alcuni suoi dipendenti sono morti a causa degli attacchi alle banchine, ma la forza lavoro è rimasta al suo posto, attuando le norme di sicurezza (rifugi e lavoro a distanza fisica). I dipendenti del porto rientrano per il 70% nella quota protetta dalla mobilitazione militare.

Tutti hanno la consapevolezza che l’Ucraina non può sopravvivere senza i sette porti della regione: tre principali intorno a Odessa (il porto storico, Chornomorsk e Yuzhny), tre sul Danubio (Izmail, Reni, Ust-Dunaivsk) e uno alla foce del Dniester (Belgorod-Dniestrovsky). Nonostante la guerra alcuni di questi porti sono stati privatizzati. Ust-Dunaivsk e Belgorod-Dniestrovsky sono stati dati in concessione attraverso una gara pubblica a investitori ucraini. Il costo era molto conveniente. Ma la politica delle privatizzazioni portata avanti dal Governo ucraino non si ferma. Quest’anno verranno messi in palio due terminal del porto di Chornomorsk (la procedura per un terminal è già online) e non appena finirà la guerra verrà dato in concessione il terminal delle crociere al centro del porto storico, dove troneggia lo scheletro buciato del vecchio Hotel Odessa distrutto da missili russi.

IL PROCESSO DI PRIVATIZZAZIONE IN UCRAINA

Secondo Myaskovsky il processo di privatizzazione del settore marittimo è ormai irreversibile, a causa dell’ambizione dell’Ucraina di divenire membro dell’Europa. La legge 4196-IX del febbraio 2025 trasformerà tutte le società pubbliche in società per azioni (un caso simile alle privatizzazioni dei grandi enti pubblici italiani). Un processo necessario per destinare maggiori risorse ai porti. Nel sistema attuale l’Autorità Portuale Ucraina (USPA) raccoglie tutte le entrate per i servizi offerti alle compagnie navigatrici, ma ridistribuisce una parte infinitesimale per mantenere le infrastrutture.

LE ASSICURAZIONI MARITTIME CONTRO IL RISCHIO GUERRA

Il traffico mercantile avviene oggi grazie all’abbassamento del rischio di guerra e a nuove polizze assicurative che le compagnie marittime possono comprare. “La sicurezza è il problema principale del traffico marittimo” ci dice Arthur Nitsevych, fondatore dello studio di avvocati Interlegal, il più grande dell’Ucraina per il diritto marittimo (50 avvocati), con sedi in tutti i paesi che si affacciano sul Mar Nero, più Grecia e Cipro. “Dal 2022 e quasi tutto il 2023, non è stata disponibile una polizza assicurativa per il rischio guerra”, ci spiega Nitsevych. “Poi, nel novembre 2023 una compagnia assicurativa di Londra con una garanzia parziale del Governo ucraino, ha offerto una polizza che inizialmente costava il 5% del valore del carico. Oggi è scesa all’1-1,5%”.

Però, ci dice l’avvocato, questa assicurazione è volontaria, non è obbligatoria. Ci sono molte navi di proprietà turca, di paesi arabi e anche di proprietari ucraini, che accettano il rischio e navigano senza pagare queste polizze costose, per aumentare i profitti. Si limitano a pagare le polizze richieste a livello internazionale in ogni porto, relative al personale e alla dotazione tecnica della nave. Durante la crisi Nitsevych ha potuto riscontrare il boom del porto di Costanza (Romania), su cui si indirizzavano i mercantili che non potevano raggiungere Odessa. Infatti, Interlegal organizza alcuni dei più importanti eventi che raccolgono tutti gli operatori del settore. “Abbiamo visto nascere molti nuovi operatori romeni. La Romania non era preparata ad una crescita così tumultuosa”.

Secondo lui la ricostruzione dell’Ucraina porterà ad un ulteriore incremento del traffico portuale perché oltre commodity agricole e minerali ci saranno anche i materiali da costruzione. Sarà una sfida per l’amministrazione portuale ucraina, che patisce inefficienze per regolamenti definiti da funzionari a Kiev che spesso non comprendono appieno l’economia del porto.

IL PIL UCRAINO DESTINATO AD AUMENTARE TRE VOLTE

Riguardo all’economia dell’Ucraina, Vaskov prevede che il PIL ucraino aumenterà di 2,5-3 volte in 15 anni. Per ottenere questo ci vorrà una pace stabile in condizioni di sicurezza economica. Sarà necessario riaprire il porto di Mykolaiv, dove c’è un terminal dell’operatore cinese COFCO e da cui partivano i prodotti siderurgici del colosso indiano Arcelor Mittal. È utile notare che Mykolaiv è gia oggetto della maggior parte degli investimenti danesi in Ucraina. E poi bisogna rilanciare il traffico fluviale sul Dnieper, con la ricostruzione della diga di Nova Kakhovka distrutta dai Russi.

La grande prospettiva strategica per l’Ucraina è quella di agganciarsi al grande progetto IMEC, il corridoio logistico lanciato dall’India per collegarsi all’Europa Centro Orientale attraverso Emirati, Arabia Saudita, Isreale e il Mediterraneo. Odessa potrebbe avvantaggiarsi di questo corridoio offrendo i collegamenti con ferrovia fino a Polonia, Lituania ed Estonia, per arrivare più rapidamente al Mar Baltico. Non a caso il commissario europeo polacco ha pubblicamente annunciato l’interesse della Polonia a investire nel porto di Odessa.

E lo stesso Vaskov conferma che ci sono già progetti con parters europei (speriamo anche l’Italia..) per creare nuove linee ferroviarie con la distanza tra i binari usata in Europa (le ferrovie ucraine hanno lo scartamento più largo), per migliorare i collegamenti con i mercati europei. Maggiore commercio internazionale per una maggiore tutela della pace, proprio come piace a Trump.

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