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Bmw Cina

Tutte le mosse elettriche di Bmw in Cina (e non solo)

Bmw, presente in Cina dal 2004, ha aumentato le vendite anno dopo anno e ora il Dragone rappresenta il suo mercato più importante. In più, il Paese asiatico è anche il perno della strategia industriale di Tesla. Ecco perché l'elettrificazione del marchio deve per forza passare da lì...

Com’è noto, sussiste ormai da tempo un rapporto industriale assai solido tra Berlino e Pechino che ha nell’automotive la sua punta di diamante e nessuna delle due parti vuole che venga meno, neppure in un periodo simile, in cui il mondo sembra tornato a dividersi in blocchi contrapposti. A riprova di ciò, BMW, che secondo il Times intende trasferire la produzione delle Mini elettriche dal Regno Unito al Paese asiatico, rinverdirà l’alleanza col Dragone iniziata nel 2004 investendo nei prossimi mesi 10 miliardi di yuan (1,40 miliardi di dollari) per espandere la produzione di batterie per veicoli elettrici in Cina. Tre le gigafactory cardine dei piani cinesi di BMW: Tiexi e Dadong e Lydia.

GLI INVESTIMENTI BMW IN CINA

Il marchio tedesco ha tenuto una cerimonia per la firma dell’accordo a Shenyang, la città del nord-est della Cina dove ha sede la joint venture BMW Brilliance, il più grande hub di produzione per il gruppo. La città, raccontano i media locali, dal 2010 ha ricevuto oltre 83 miliardi di yuan di investimenti dal Gruppo tedesco.

Questo nuovo investimento, fanno sapere da BMW, le permetterà di espandere la capacità produttiva per soddisfare la crescente domanda di veicoli elettrici in Cina, anche se Jochen Goller, CEO della filiale asiatica, incontrando i giornalisti non ha rivelato né la capacità prevista né i tempi di inizio delle operazioni.

A giugno, BMW ha avviato le attività a Shenyang in un impianto di assemblaggio da 15 miliardi di yuan. L’azienda ha aperto uno stabilimento di batterie EV nel 2017 e ha ampliato il sito nel 2020. La centralità cinese nei piani per la mobilità elettrica del colosso di Monaco di Baviera è spiegata non solo dalla presenza di manodopera e dall’assenza di sindacati, ma anche dal fatto che lo scorso anno la Cina ha generato il 34% delle vendite globali di BMW, diventando così il principale mercato per la casa automobilistica.

Nei primi nove mesi del 2022, l’azienda tedesca ha venduto in Cina circa 590.000 automobili, compresi i veicoli a benzina. Il volume complessivo delle vendite è diminuito di circa il 12% rispetto al periodo precedente, ma non dimentichiamo che per il primo semestre alcune delle più grandi città del Paese asiatico, a iniziare da Shanghai, sono state interessate da lockdown durissimi per Covid. Nel medesimo periodo, comunque, le vendite di veicoli elettrici di BMW in Cina sono aumentate del 65%. La casa automobilistica prevede di lanciare un nuovo modello di veicolo elettrico entro la fine di quest’anno e, in totale, di schierare una gamma di cinque veicoli completamente elettrici.

Sebbene il mercato automobilistico cinese sia vicino al punto di flessione, il settore del lusso – veicoli con un prezzo pari o superiore a 300.000 yuan – continua a crescere. Secondo la China Association of Automobile Manufacturers (CAAM), nel 2021 in Cina sono stati venduti circa 3,47 milioni di veicoli per ricchi e ricchissimi, pari al 16% delle vendite di autovetture. BMW non è la sola tedesca interessata alla Cina. Audi, parte del Gruppo Volkswagen, intende terminare la costruzione del suo primo impianto EV in Cina entro la fine del 2024. E poi ci sono i giapponesi: quest’inverno Toyota Motor lancerà la RZ 450e, il primo veicolo elettrico del marchio Lexus, con l’intenzione di raggiungere 50 mercati in tutto il mondo, compresa la Cina.

BMW GUARDA PURE AGLI USA

Il rapido deterioramento nei rapporti tra Est e Ovest ha comunque spinto i BMW a guardare anche agli USA, non solo alla Cina, così da diversificare il rischio. BMW intende avviare una produzione di batterie in Nord America così da rientrare a pieno titolo tra i beneficiari degli incentivi americani e, contemporaneamente, ridurre la sua dipendenza dalla Cina. Infatti, del miliardo e sette messo sul piatto, 700 milioni di dollari saranno destinati allo sviluppo della produzione di batterie proprietarie dall’aspetto simile a quelle di Tesla: allungate, rettangolari, montate nel pavimento del veicolo. La batteria sarà assemblata in padiglioni da 93.000 metri quadrati.

Attualmente, BMW vende quasi un terzo dei suoi veicoli nella Repubblica Popolare: il nuovo investimento è una sterzata decisa nella speranza di penetrare maggiormente il mercato statunitense. “La presenza costante ed efficace di BMW nella Carolina del Sud dimostra la forza della partnership e dell’impegno condiviso per il successo dell’industria automobilistica nel nostro Stato”, ha dichiarato il governatore della Carolina del Sud Henry McMaster.

LE ALTRE TEDESCHE PRESENTI IN CINA MA CHE GUARDANO AGLI USA

Anche Volkswagen, con lo scoppio della guerra in Ucraina e il progressivo deteriorarsi dei rapporti tra Est e Ovest ha iniziato a guardarsi attorno, soprattutto con riferimento alle materie prime per le batterie, cruciali nella strategia di elettrificazione del marchio.

L’azienda di Wolfsburg, temendo possibili imbuti simili a quello dei semiconduttori, ha iniziato a stringere accordi coi colossi minerari canadesi e ha aperto un proprio laboratorio di batterie a Chattanooga, nel Tennessee. Un’altra tedesca che sta guardando sempre più agli States è Mercedes-Benz, che collabora con Envision (la stessa della partnership di BMW) anche nello stabilimento di Tuscaloosa, in Alabama.

COME MAI STABILIMENTI TANTO LONTANI DA DETROIT?

Insomma, i grandi dell’automobile tedesca guardano anche al Sud degli Stati Uniti dove per tradizione storica i sindacati sono quasi inesistenti. Si spiega insomma perché i marchi europei si stiano tenendo ben lontani da Detroid, capitale mondiale dell’auto, e dei sindacati, che pure già offre le infrastrutture idonee per una produzione industriale pesante (a questo, comunque, si aggiunge che i governatori del Sud stanno offrendo gli incentivi migliori ai marchi stranieri).

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