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Tav? Perché non farla pagare ai piemontesi? La proposta dei prof. del ministero dei Trasporti

L'articolo di Luigi Pereira

“Appare assai condivisibile la proposta del governatore del Piemonte Chiamparino di autofinanziare la grande opera che più sembra interessare quella regione: sarebbe davvero interessante vedere come risponderebbe in un ipotetico referendum una famiglia media piemontese alla richiesta di contribuire all’opera con 4.000 euro di maggiori tasse, oggi distribuite a carico di tutti gli ignari contribuenti”.

Non hanno lesinato dosi di malizia due economisti esperti di trasporti, ora consiglieri del ministero delle Infrastrutture retto da Danilo Toninelli, alla fine di un intervento pubblicato domenica scorsa sul Fatto Quotidiano.

ECCO IDEE E PROPOSTE DI PONTI E RAMELLA SU TAV

Mentre le opposizioni al governo M5S-Lega puntavano al successo della manifestazione civica pro Tav a Torino, e mentre il dibattito tra esperti ferveva, con divisioni tra il “tecnico” e il “politico”, Marco Ponti e Francesco Ramella in un approfondimento sulle grandi opere ospitato dal quotidiano diretto da Marco Travaglio hanno chiuso l’intervento con una proposta spiazzante: siamo d’accordo con il governatore piddino Chiamparino sulla necessità di un referendum, magari per chiedere ai cittadini piemontesi se sono d’accordo a pagarsi l’Alta Velocità delle merci senza scomodare tutti i contribuenti…

CHE COSA AVEVA DETTO CHIAMPARINO DEL PD

In effetti di recente il presidente Pd della regione Piemonte, Sergio Chiamparino, in un’intervista a Repubblica ha detto: “La proposta suggerisce che il Piemonte, se non c’è altra strada, possa subentrare per la parte italiana della spesa, circa 2,5 miliardi in vent’anni. Io dico che potrebbero farlo tutte le Regioni interessate dal tracciato”. “Il titolare del contratto non può che essere lo Stato”, ma “si possono studiare forme di intervento economico e di compensazione, ad esempio modificando le concessioni autostradali”.

COME SI ANIMA IL DIBATTITO SU TWITTER

L”intervento di Ponti e Ramella ha animato una discussione anche su Twitter, innescata dal giornalista del Corriere della Sera, Marco Imarisio, al quale ha risposto tra gli altri l’economista liberista Carlo Stagnaro:

 

ECCO UN ESTRATTO DELL’INTERVENTO DI PONTI E RAMELLA SUL FATTO; QUI IL TESTO INTEGRALE

Le proteste locali piemontesi, destinate a ripetersi in futuro per qualsiasi grande opera messa in discussione, fanno riflettere. Ci sono alcuni fatti incontrovertibili:

1) I piani di investimento in infrastrutture lasciati in eredità dal governo Gentiloni comportano un impegno di spesa che supera i 130 miliardi. Molte di queste opere sono estremamente controverse.

2) La mobilità di merci e passeggeri, in Italia come negli altri Paesi, è per circa il 75% di breve distanza, mentre le opere maggiori sono indirizzate prevalentemente alla lunga distanza.

3) Tra le opere di gran lunga più onerose vi sono quelle ferroviarie che, al contrario di altre, sono interamente a carico delle casse pubbliche, non certo floride. Ovviamente ci sono anche opere utili, ma l’assenza di valutazioni esplicite delle legislature passate ne rende difficile l’individuazione.

4) I contribuenti, che sopporteranno i costi, sono molti e disinformati. Quelli che avranno i benefici sono pochi, ma informatissimi e vocali.

Questo quadro mette in luce due incentivi perversi per le scelte nel settore

1) A livello locale vi è un forte incentivo a dichiarare qualsiasi opera indispensabile, non essendovi costi che ricadano a tale livello, ma solo benefici per imprese, occupazione ed utenti, che si traducono poi in risultati elettorali (con alcune rumorose eccezioni, spesso non meno ideologiche di quelle dei sostenitori). Si annunciano catastrofi imminenti se l’opera non viene finanziata, e crisi occupazionali anche se l’occupazione locale è risibile rispetto ad altri usi di quei miliardi (manutenzioni).

2) A livello centrale gli incentivi perversi sono solo in parte coincidenti (i voti locali hanno anche impatti nazionali). Ma ve ne sono di specifici:

In sintesi, spesso le scelte infrastrutturali, rispondendo a questi tipi di incentivi, sono definibili come fenomeni di “cattura”, cioè di scambi di utilità che con l’efficienza hanno pochissimo a che spartire. Che fare? Si potrebbe guardare alle normative di altri paesi, che incominciano a richiedere la partecipazione finanziaria degli enti locali ad alcuni tipi di infrastrutture.

Si tratterebbe di un decentramento parziale ma rilevante: se fosse in proporzione ai benefici economici, data la prevalenza di traffici locali, la quota locale sarebbe maggioritaria rispetto alla quella nazionale.

Tale decentramento per essere efficace dovrebbe ovviamente riguardare sia il prelievo delle risorse (tasse e tariffe), che la spesa, cioè cosa costruire. Gli incentivi si capovolgerebbero, sia verso la minimizzazione dei costi, sia verso le opere economicamente più efficienti e socialmente più efficaci. E tutto ciò sarebbe controllato più da vicino da soggetti che diverrebbero anche i pagatori delle opere, cioè soggetti incentivati al monitoraggio delle scelte e dei risultati. Si passerebbe da Incentivi perversi ad incentivi virtuosi.

E vi sarebbe anche un forte contenuto di equità sociale: la quota maggiore dei costi sarebbe a carico di chi ne gode i benefici (in generale poi i contenuti distributivi delle grandi opere sono spesso dubbi o regressivi). Analisi economico-finanziarie delle alternative possibili, finora osteggiate per paura di perdere trasferimenti dallo Stato, sarebbero incoraggiate. Le parti politiche che per decenni hanno chiesto maggior autonomia fiscale, dovrebbero rallegrarsene.

In tale ottica appare assai condivisibile la proposta del governatore del Piemonte Chiamparino di autofinanziare la grande opera che più sembra interessare quella regione: sarebbe davvero interessante vedere come risponderebbe in un ipotetico referendum una famiglia media piemontese alla richiesta di contribuire all’opera con 4.000 euro di maggiori tasse, oggi distribuite a carico di tutti gli ignari contribuenti.

* Membri della commissione per l’analisi costi-benefici presso il ministero dei Trasporti

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