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Silk Faw Silk-Faw

Silk Faw elettrizzerà la Motor valley italiana?

La sino-americana Silk Faw promette di produrre hypercar elettriche nella Motor Valley dell'Emilia-Romagna. I progetti, però, sembrano essersi arenati. Ma l'azienda rassicura. Fatti e approfondimenti

 

Gavassa caput mundi? Non proprio. Ma di certo potrà o potrebbe diventare un punto di riferimento nell’ambito dell’automotive. In realtà quello spicchio di Emilia Romagna lo è già. Siamo a due passi dal casello di Reggio Emilia sull’autostrada del Sole e dalla avveniristica stazione alta velocità Mediopadana progettata dall’archistar Santiago Calatrava. Siamo nella terra dove hanno mosso i primi passi – pardon, macinato i primi chilometri – mezzi da sogno come Ferrari, Maserati, Pagani, Lamborghini, Ducati, Dallara e Tazzari. Ci troviamo, insomma, nel cuore della Terra dei Motori, o Motor Valley, dove avrebbe intenzione di approdare pure Silk Faw, la joint venture sino-americana per produrre hypercar totalmente elettriche, in modo da garantire un futuro ecologico a un comparto che, anche a causa della transizione energetica (cui si sommano anni di pandemia, lockdown, fermi nella produzione, difficoltà a reperire semiconduttori, materie prime sempre più care) è assai più a rischio di altri.

LO STABILIMENTO SILK FAW S’HA DA FARE?

Katia Bassi, direttore generale della Silk Faw (società di proprietà per l’85% dell’imprenditore americano Jonathan Krane e per il 15% del gruppo cinese statale Faw ), la Motor Valley la conosce bene: prima di salire a bordo della joint venture era infatti manager in Lamborghini. A Gavassa dovrebbe arrivare il nuovo attore dell’automotive elettrica, sospeso tra la città di Jilin, nella Manciuria meridionale e appunto l’Emilia Romagna. Nella Motor Valley si dovrebbero produrre la S9, una hypercar ibrida in 400 esemplari da due milioni di euro, la S7, una supercar elettrica e un Suv.

Nelle ultime settimane, però, il sogno della gigafactory a Gavassa pare essersi arenato. Scrive il Resto del Carlino: “I proprietari del terreno (pari a 33 campi da calcio)” dove dovrebbe sorgere lo stabilimento “confidano che il colosso automobilistico non sia andato neppure a rogito. Un atto rinviato più volte e, per ora, senza appuntamenti futuri fissati. Procrastinazioni che preoccupano la politica”.

Un progetto da 1 miliardo di euro che dovrebbe creare tra i 1500 e i 3000 posti di lavoro incoraggiato a tutti i livelli della politica, dalla giunta locale Pd guidata dal sindaco Luca Vecchi alla Regione Emilia-Romagna, per cui si erano spesi i 5Stelle al governo (firmò l’accordo proprio Manlio Di Stefano, sottosegretario del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio) e al quale avrebbe lavorato pure l’ex premier Romano Prodi. 

BONACCINI: “SOLDI PUBBLICI SOLO ALLA REALIZZAZIONE”

Il silenzio deve avere impensierito anche il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, tra gli sponsor finora più entusiastici, che a metà marzo ha però cambiato registro: “Speriamo che l’investimento di Silk Faw vada a buon fine, ma finché non lo vediamo realizzato non gli diamo un euro dei 4,5 milioni di finanziamento assegnati”.

I DUBBI M5S SUI FONDI

Anche perché, passato l’entusiasmo, sono montati dubbi di altra natura. “Vogliamo che la Commissione europea faccia chiarezza sui versamenti bancari di Silk Faw in Italia e sul rispetto delle leggi europee contro il riciclaggio” e “vogliamo anche che sia verificato il rispetto delle normative europee sui finanziamenti cinesi per questo progetto”, si legge in una nota firmata dall’europarlamentare del Movimento 5 Stelle, Sabrina Pignedoli, che a inizio marzo ha presentato un’interrogazione scritta a Bruxelles su “un’operazione con molti punti oscuri, appoggiata con entusiasmo dalla Regione Emilia-Romagna”.

“L’unica certezza del progetto – motiva la pentastellata – è un consumo abnorme di suolo, 320 mila metri quadri, per uno stabilimento che nasce per produrre auto sportive di lusso elettriche, ma che, secondo le visure della Camera di Commercio, domani potrebbe diventare qualsiasi cosa. L’operazione è finanziata attraverso una società con sede nel paradiso fiscale delle Cayman. A fronte di soldi e posti di lavoro promessi, la Regione Emilia-Romagna ha già dato 4,5 milioni di euro di fondi europei, mentre il comune di Reggio Emilia ha rinunciato agli oneri di urbanizzazione per un’analoga cifra. In più, è stato dato il via libera al progetto senza valutazione dell’impatto ambientale. L’azienda Faw ha un precedente poco glorioso in Europa: il fallimentare progetto Byton avviato in Germania nel 2016 con ex dirigenti Bmw e Nissan, naufragato nel 2019, con 1500 licenziamenti. Ma Faw, che ha acquisito il know-how, ora produce e vende il suo suv in tutto il mondo. Anche lo stabilimento emiliano mette a rischio il Made in Italy”, continuava l’eurodeputata Pignedoli.

I TIMORI DI LEGAMBIENTE

E poi ci sono le remore degli ambientalisti. Scriveva a ottobre Daniele Bigi, presidente WWF Emilia Centrale: “La fabbrica Silk-Faw ha l’ambizione di diventare la cattedrale iconica della Motor Valley. Occuperà 360 mila metri quadrati di superficie nella frazione di Gavassa”, sottolineando come “di questi, solo la minima parte sarà riservata per la produzione, mentre la maggior parte sarà dedicata alla costruzione di una pista prove, un hotel 5 stelle, negozi e aree esperienzali per adulti e bambini. Una sorta di Disneyland dell’automotive di lusso. Secondo quanto riferito dalla stessa Silk Faw, che ha recentemente presentato lo Studio ambientale preliminare, non sono previste a Gavassa né la produzione e trasformazione di metalli, né la produzione di celle per le batterie degli autoveicoli elettrici, che verranno quindi importati”.

Quindi Bigi, come l’eurodeputata 5Stelle, metteva l’accento sul precedente tedesco: “Un aspetto interessante è relativo al nome che recide i legami con la Cina: il brand non sarà più Hongqi (bandiera rossa, in cinese) ma un altro da decidersi. Come è noto la Hongqi S9 è stata presentata in Europa, la prima volta, al salone di Francoforte, nel settembre 2019, e avrebbe dovuto essere messa in produzione nel 2021 in Germania, in collaborazione con Byton Faw, una joint venture sino-tedesco-americana, nata nel 2017 e fallita nel febbraio 2021, senza produrre mai una sola vettura e lasciando a casa 1.500 persone, a detta del suo fondatore Carsten Breitfeld, a causa delle interferenze del governo di Pechino”.

LE RASSICURAZIONI DI SILK FAW

Ricorda inoltre Quattroruote: “A rafforzare i dubbi sono intervenute alcune dimissioni all’interno del management, l’uscita del direttore commerciale e di Amedeo Felisa, assunto un anno fa come advisor speciale.” Alla luce di quanto accaduto a un anno dall’annuncio di Silk Faw, si comprende insomma perché in settimana sia dovuta intervenire personalmente Katia Bassi, direttore generale della jv, con un’intervista al Sole 24 Ore, per rassicurare un po’ tutti, soprattutto il mondo politico: “Stiamo lavorando alla fase di progettazione e sviluppo della piattaforma della coupé S9 e della berlina S7. Confermo le tempistiche annunciate nel 2021: entro il primo semestre di quest’anno ci sarà la posa della prima pietra, il grosso delle assunzioni avverrà nella seconda parte del 2023 e debutteremo sul mercato con la prima vettura nel 2024”.

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