Il monopattino elettrico è tra i mezzi più utilizzati dalle piattaforme digitali di sharing in tutto il mondo. Basta spostarsi in Francia, Spagna e Portogallo, paesi a noi molto vicini non solo geograficamente, per rendersene conto. Non si tratta di una moda, è bene chiarirlo subito, ma di una tendenza di fondo e in cui la pratica della condivisione gioca un ruolo fondamentale.
Quanto più ci si muove con un mezzo condiviso, magari per pochi minuti e una manciata di chilometri, tanto più si ha bisogno di un veicolo fatto apposta per questo. Un’enorme fetta degli spostamenti in Italia sono brevi e avvengano in città. Non risponde dunque a un capriccio se per spostarsi per piccole distanze si usano mezzi leggeri, a bassa velocità e poco ingombranti – come possono esserlo monopattini, biciclette, scooter – invece di un’automobile.
Questa tendenza trova riscontro nei numeri raccolti dall’Osservatorio Sharing mobility: negli ultimi tre anni il peso unitario dei veicoli condivisi in Italia è sceso costantemente grazie all’introduzione di un numero sempre maggiore di veicoli condivisi di piccola taglia. Questa tendenza fa il paio con l’elettrificazione: tanto più i veicoli sono leggeri tanto più è facile e conveniente che siano dotati di un piccolo motore elettrico e di una piccola batteria. Per ora si tratta di bici e scooter elettrici ma le esperienze estere ci dicono che i monopattini avranno un ruolo di primo piano nell’incoraggiare ulteriormente la tendenza della micromobilità condivisa, essenziale per la riduzione degli impatti ambientali della mobilità urbana.
Per poter assicurare questa nuova soluzione di mobilità agli italiani si è dovuti ricorrere a un modo di legiferare “non convenzionale”: un comma della Legge di Bilancio del 2019 che prescriveva l’adozione di un Decreto per la sperimentazione dei cosiddetti dispositivi di micromobilità, poi adottato nel luglio del 2019, e di un successivo comma nella Legge di Bilancio, questa volta quella del 2020, in cui si equipara il monopattino elettrico al velocipede, vale a dire alla bicicletta. Notizie della settimana scorsa parlano dell’imminenza di un emendamento al Decreto “Mille proroghe” per cambiare di nuovo la norma e reintrodurre il divieto di circolazione dei monopattini al di fuori delle zone pedonali (dove invece andrebbero comunque limitati nella loro velocità), delle piste ciclabili e nelle strade con velocità non superiori ai 30 km/h, così come previsto dalle regole appena abolite a partire dal primo di gennaio 2020.
È del tutto evidente che nessun settore economico può crescere nell’ambito di un’incertezza simile e che gli stessi cittadini non possono che sentirsi frastornati da norme che virano di 180 gradi ogni sei mesi, in questo ultimo caso anche poche settimane.
Nel corso del 2019, l’Osservatorio Sharing mobility ha formato un gruppo di lavoro per individuare una posizione sul tema, scegliendo una linea che ancora oggi ci sembra equilibrata perché basata sulla constatazione che i monopattini elettrici già circolano nelle città dei seguenti paesi europei: Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Olanda, Portogallo, Spagna, Svezia.
Sono pazzi? Il motivo di fondo è che per sagoma, velocità e azionamento un monopattino elettrico è del tutto assimilabile a un e-bike, la quale è già stata equiparata in Italia e in tutti i paesi europei già da anni. Far circolare un monopattino dove circola oggi un e-bike, dunque, non solo ha un fondamento logico ma è quello che accade in paesi e città come le nostre. Nel position paper abbiamo invece scelto di non equiparare il monopattino alle biciclette quanto a regole di circolazione, suggerendo che per guidare su strada un monopattino elettrico occorresse aver compiuto i 16 anni d’età. Riteniamo ancora valida la nostra impostazione e riteniamo che, se dovessero essere compiute ulteriori modifiche alla Legge di Bilancio 2020, con l’obiettivo di assicurare chiarezza delle regole e una ragionevole fattibilità nella loro applicazione sia essenziale mantenere saldo il principio che, nei centri abitati, i monopattini elettrici possono circolare dove può farlo una e-bike.
Contemplando questa rapida e contraddittoria successione di leggi e decreti, è facile constatare quanto sia l’attività normativa che d’indirizzo politico facciano fatica a stare al passo dei cambiamenti sempre più veloci nel campo della mobilità di oggi. Per quanto questa velocità non debba necessariamente essere assecondata è certo che una maggiore attenzione ai fenomeni che emergono dal mercato e dalla società diventi ogni giorno più necessaria.
Per governare alcuni fenomeni è necessario prevederli, anticiparli per poi indirizzarli. Ora, non c’è dubbio che in futuro la cosiddetta micromobilità – termine con cui molti classificano tutti i veicoli che pesano meno di 500 kg, dunque dalle microauto alla bicicletta – saranno sempre più preferiti per muoversi a basso costo e basso impatto ambientale. C’è qualcuno che sta immaginando, investendo, progettando su come farle spazio?