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Rfi (Ferrovie), come procede l’inchiesta sul treno deragliato

Gli aggiornamenti sull'inchiesta della magistratura dopo l'incidente al treno deragliato. 5 i dipendenti di Rfi (Rete ferroviaria italiana, gruppo Ferrovie) indagati dalla procura di Lodi

Sono durati complessivamente quasi dodici ore, dalle 15.30 di ieri alle 3.20 di stanotte, gli interrogatori dei cinque operai – un caposquadra e quattro dipendenti Rfi (Rete ferroviaria italiana, gruppo Ferrovie) – indagati dalla procura di Lodi per disastro ferroviario colposo, omicidio colposo e lesioni multiple per l’incidente di giovedì mattina in cui hanno perso la vita due macchinisti che viaggiavano a bordo del Frecciarossa appena partito da Milano e diretto a Salerno. Il bilancio del deragliamento conta anche 31 feriti non gravi.

Tutti gli indagati di Rfi (gruppo Ferrovie italiane), da quanto emerge, hanno risposto alle domande del pm Giulia Aragno e degli investigatori della Polfer che stanno cercando di far luce sui lavori di manutenzione che hanno interessato uno scambio lungo la linea dell’alta velocità a pochi chilometri da Lodi dove è avvenuto il deragliamento.

LA RICOSTRUZIONE

Sentiti negli uffici della Polfer di Piacenza, agli indagati, assistiti dagli avvocati Armando D’Apote e Fabio Cagnola, è stato chiesto di ricostruire con precisione tutte le operazioni tecniche fatte la notte dell’incidente, operazioni manuali che vengono svolte seguendo rigidi protocolli, così come di spiegare la catena di comando che ha portato a comunicare alla centrale di Bologna lo stato dello scambio, considerato il ‘punto zero’ dell’impatto, su cui hanno smesso di lavorare circa un’ora prima dell’incidente, lasciandolo dritto – così come già sostenuto quando sono stati sentiti come testimoni – e fuori dal sistema automatizzando, non essendo riusciti a risolvere il guasto.

LE IPOTESI DELLA PROCURA

La Procura di Lodi, che li ha iscritti nel registro degli indagati con le accuse di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni colpose come “atto necessario” per procedere con gli accertamenti, li accusa di aver svolto, secondo l’avviso di garanzia, “l’attività in modo non adeguato”, così il convoglio è finito su binari di servizio, non destinati al traffico ordinario, né in grado di sostenere l’Alta velocità.

IL NODO DELLO SCAMBIO

Quello scambio su cui avevano finito di lavorare, non era in posizione normale ma ancora ‘aperto’: e questa rimane la causa più probabile della tragedia costata la vita ai due macchinisti, Giuseppe Cicciù e Mario Dicuonzo, che avrebbe potuto essere peggiore in un altro orario (erano intorno alle 5), nonostante la comunicazione degli indagati alla centrale di Bologna. Il procuratore Domenico Chiaro e il pm Giulia Aragno ipotizzano una “colpa consistita in imprudenza, negligenza e violazione delle norme legislative e regolamentari”, che non ha impedito il deragliamento.

LA DECISIONE DI RFI

Rfi (Rete ferroviaria italiana, società controllata dal gruppo Ferrovie Italiane guidato dall’ad, Gianfranco Battisti) ha già disposto per i cinque operai un supporto psicologico e li ha destinati provvisoriamente ad altre mansioni, nominando per loro dei legali di fiducia. I consulenti della Procura di Lodi, che riceveranno l’incarico lunedì, dovranno svolgere, “al più presto, le attività irripetibili volte a accertare la funzionalità dello scambio e di tutti i dispositivi a esso collegati” al convoglio: quindi anche al sistema centrale.

I DETTAGLI

Accertamenti che “verranno svolti con la massima celerità per consentire il più celere sgombero dei vagoni coinvolti nell’incidente e il ripristino del tratto di linea interessato dal deragliamento”, spiega la Procura. Parallelamente proseguono i sequestri, da parte degli specialisti della Polfer, di materiale che potrebbe servire alle indagini. Entrano a far parte dell’inchiesta, infatti, tre hard disk con filmati del deragliamento: uno si trovava sulla carrozza 3 del convoglio gli alti due nell’edificio del posto manutenzione “Livraga”, dove c’è il posto di sezionamento automatico.

IL SEQUESTRO

Sotto sequestro anche tutte le carrozze del treno, così come la scatola del sistema informativo di condotta Dis. Si lavorerà anche sul libretto statistico della manutenzione del Posto Movimento con le annotazioni dal 14 giugno del 2018 e sul modello della corrispondenza telefonica dello stesso Posto Movimento dal 10 marzo del 2014 alle prime ore di giovedì. Sotto sequestro anche i binari della linea Alta velocità, in quel tratto, e i binari di servizio vicini.

CHE COSA SCRIVE LA STAMPA

A causare lo schianto del treno è stato, senza dubbio, il deviatoio rimasto aperto verso la “corsia di ricovero”, scrive il quotidiano La Stampa: “La squadra di operai di Rete ferroviaria italiana aveva comunicato alla centrale operativa di Bologna, responsabile per quel pezzo di linea ferroviaria, l’inizio dei lavori per aggiustare un guasto proprio su quello scambio. Per effettuare la riparazione gli operai, come da prassi (si tratta di un lavoro di routine che si ripete spesso su una linea tanto sfruttata), hanno disalimentato lo scambio. Quindi lo hanno isolato, rendendolo invisibile ai monitor della centrale bolognese. Alle 4.45 il problema non era ancora risolto, ma l’anomalia presente non era tale da impedire il passaggio di un treno dell’Alta Velocità. Così hanno terminato i lavori e comunicato che lo scambio era “chiuso” e isolato, per permettere il passaggio del treno. Il fonogramma  «Deviatoio numero 05 disalimentato e confermato in posizione normale» era il via libera ai macchinisti del Frecciarossa per partire. Prassi, routine, un’operazione ripetuta centinaia di volte. Il problema è che qualcuno di loro ha detto che il deviatoio era chiuso ma di fatto lo ha lasciato aperto. Quando il treno è arrivato a trecento chilometri all’ora, quaranta minuti più tardi, non c’era più nulla da fare. È in corso oggi anche l’autopsia sul corpo dei macchinisti Mario Dicuonzo e Giuseppe Cicciù che hanno perso la vita nello schianto”.

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