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Fca

Fca, ecco gli effetti delle sgommate di Marchionne (e del ruolo positivo di alcuni sindacati)

L’analisi di Carlo D’Onofrio e Augusto Bisegna su un primo consuntivo della gestione Fca targata Sergio Marchionne Il 1° giugno Sergio Marchionne terrà a battesimo a Balocco, nel vercellese, dove ha sede il centro sperimentale di Fca, il suo ultimo piano industriale da amministratore delegato. Dal 2004, anno in cui, chiamato da Umberto Agnelli che…

Il 1° giugno Sergio Marchionne terrà a battesimo a Balocco, nel vercellese, dove ha sede il centro sperimentale di Fca, il suo ultimo piano industriale da amministratore delegato. Dal 2004, anno in cui, chiamato da Umberto Agnelli che ne aveva misurato le qualità a capo della svizzera Sgs, fece il grande balzo da uomo di finanza a uomo d’industria, di strada il manager italo – canadese ne ha fatta molta.

L’EREDITA’ IN CASA FCA

Sarà ricordato come l’ideatore della fusione con Chrysler, un numero da trapezista che nessun’altro ha avuto il coraggio di osare, la mossa che gli ha consentito di trasformare un costruttore europeo di media taglia, per di più col fiato corto a livello finanziario, in un player globale e di realizzare così il sogno cullato da una vita da casa Agnelli.

IL CONSUNTIVO DI MARCHIONNE

Non solo. Marchionne chiuderà molto probabilmente la sua avventura in Fca centrando il principale obiettivo che si era prefisso con il piano industriale 2014 – 2018: l’azzeramento del debito. Ciò consentirà un miglior accesso al credito (tassi più bassi) , ma soprattutto potrebbe spingere ancora più in alto il titolo, che nell’ultimo anno ha quasi raddoppiato il suo valore. In questo modo Fca vedrebbe rafforzata la sua posizione negoziale nel caso – non improbabile nonostante i tentativi a vuoto del recente passato – si profili un matrimonio conveniente con un altro costruttore. Il tutto per la gioia degli azionisti, che già assaporano il ritorno del dividendo nel 2019.

IL PIANO TRA ACCELERAZIONI E RITARDI

Il piano 2014-2018 si chiude però anche con un ritardo piuttosto vistoso. Entro quest’anno gli stabilimenti italiani sarebbero dovuti tornare alla piena occupazione, ma l’obiettivo può dirsi a questo punto sfumato. Anzi, negli ultimi mesi, in parallelo con il rallentamento delle vendite dovuto soprattutto al mercato Cina, che Fca ha accusato sia sul mercato europeo che su quello italiano, è tornato a salire l’impiego della cassa integrazione. Facile comprendere perché, a differenza degli azionisti, i sindacati si mostrino meno tranquilli.

IL CONTRIBUTO POSITIVO DI DUE SINDACATI

A partire dall’accordo di Pomigliano nel 2010, passando per Mirafiori e poi per la firma del contratto di gruppo, il loro contributo – ad eccezione della Fiom, tuttora trincerata all’opposizione sebbene l’attuale gruppo dirigente, in scia all’ultimo Landini, abbia inviato segnali di disgelo – è stato fondamentale per il rilancio della produttività delle fabbriche italiane. Senza gli accordi firmati dai sindacati, con Fim e Uilm in testa, non ci sarebbero stati gli investimenti su Pomigliano, Cassino, Melfi e Mirafiori, con tutto quello che ne è conseguito in termini di crescita economica, occupazionale ed export. Come scrive su Il Fatto Quotidiano il Segretario generale della Fim Cisl Marco Bentivogli, il “gruppo era fallito, invece di difendere le idee abbiamo protetto le persone e difeso il lavoro”. È da questa situazione che partiamo e che bisogna tener presente quando si parla di Fca.

LA LENTEZZA SULLA STRATEGIA PREMIUM

Resta però il fatto che la lentezza con cui in questi anni è stata implementata la strategia premium, in base alla quale la produzione italiana, concentrata in larga parte sui veicoli di fascia medio – bassa, è stata riposizionata gradualmente su vetture di fascia medio – alta, ha allungato i tempi della saturazione degli impianti, con l’ovvia conseguenza che l’impiego della forza lavoro è rimasto sotto ai livelli ottimali.

UN CONFRONTO POSITIVO

Beninteso, la situazione non è nemmeno lontanamente paragonabile a quella degli anni bui. Nel 2012 il numero di vetture prodotte in Italia da Fiat scese sotto quota 400mila. Oggi si viaggia stabilmente attorno al milione e anche l’utilizzo degli ammortizzatori sociali riflette il miglioramento. Siamo passati infatti da una situazione in cui il 40% della forza lavoro si trovava in cassa integrazione ad una in cui quella percentuale si è abbassata fino al 6/8%.

(prima parte; la seconda parte dell’approfondimento sarà pubblicata domani)

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