A quasi 10 anni dallo scoppio dello scandalo dieselgate, scoperto dalla US Environmental Protection Agency nel settembre 2015, l’argomento torna prepotentemente a imporsi per alcune novità giudiziarie. La più pesante è, naturalmente, quella della condanna inflitta all’ex capo di Audi Rupert Stadler a una pena di 1 anno e 9 mesi con sospensione condizionale. Stadler è stato riconosciuto colpevole di frode per aver bloccato troppo tardi la vendita di auto diesel con emissioni manipolate.
LA SITUAZIONE GIUDIZIARIA DI STADLER
Stadler si era dichiarato colpevole il mese scorso dopo che per lungo tempo si era invece proclamato innocente. La sentenza contro Stadler è frutto di un patteggiamento e comprende anche una multa di ben 1,1 milioni di euro e gli alti costi del processo. A oggi l’ex numero 1 di Audi è il dirigente di più alto rango condannato per la vicenda delle vetture che hanno falsificato i test sulle emissioni con l’aiuto di software illegali.
Former Audi boss Rupert Stadler was handed a suspended sentence of one year and nine months by a Munich court for fraud by negligence in the 2015 diesel scandal, becoming the first former Volkswagen board member to receive such a sentence https://t.co/FTB9vUulap pic.twitter.com/EYDt243P3G
— Reuters (@Reuters) June 27, 2023
Col cambio di versione, Stadler aveva ammesso di aver commesso un errore, pentendosi di non aver escluso dal mercato le auto truccate anche dopo che lo scandalo era diventato di dominio pubblico. Anche altri tre manager hanno seguito la sua linea decidendo di uscire dal processo, durato 2 anni e mezzo, patteggiando la pena.
NUOVE CAUSE IN ARRIVO?
E non è tutto, perché la Corte federale di Giustizia della Germania ha rimesso in discussione molti dei procedimenti avviati per il caso dei dispositivi illegali finiti al centro del cosiddetto Dieselgate.
I giudici di Karlsruhe, chiamati a esprimere un parere su uno dei tanti processi promossi dai clienti di Volkswagen e Mercedes-Benz per ottenere un risarcimento danni, hanno deciso di annullare le sentenze con cui le corti inferiori avevano rigettato le varie istanze investendo i giudici di secondo grado del compito di accertare la responsabilità dei costruttori nel caso di illeciti civili.
L’INVERSIONE DI PROSPETTIVA
La sentenza, che stabilisce l’eventuale obbligo per i vari costruttori di pagare un risarcimento pari al 5/15% del prezzo d’acquisto di ogni veicolo ribalta anche l’onere della prova. Secondo la corte federale, infatti, spetta alle Case e non a chi le trascina in giudizio dimostrare che i dispositivi non siano illegali e siano necessari per il buon funzionamento dei motori. Secondo il quotidiano economico Handelsblatt la pronuncia rischia di dare vita a una nuova ondata di cause legali per tutti quei consumatori che lamentano l’installazione dei dispositivi illegali.
LA TESI DIFENSIVA DELLE CASE
Finora, la maggior parte delle corti inferiori aveva accolto le giustificazioni addotte relative al fatto che i dispositivi sarebbero necessari per proteggere i motori, soprattutto in specifiche “finestre termiche” e avevano chiesto ai clienti delle Case automobilistiche l’onere della prova di dimostrare il dolo della controparte. Ma adesso con un simile ribaltamento prospettico potrebbe essere molto più facile per gli utenti ottenere i risarcimenti sperati.