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Toyota Dieselgate

Dieselgate, ancora guai per i giapponesi di Toyota?

Dopo lo scandalo dieselgate di Hino e le accuse di aver falsificato i crash test che hanno travolto Daihatsu, la stessa casa madre Toyota potrebbe aver usato software per alterare le emissioni. Il marchio nipponico indaga e blocca alcuni modelli in arrivo in Europa

Le emissioni (falsificate) dei motori diesel continuano a far tossire l’industria giapponese. Nelle stesse ore in cui le agenzie del Paese del Sol Levante riportavano gli ennesimi strali del numero dell’ex 1 di Toyota, Akio Toyoda, sull’auto elettrica (“A nessuna regione, Paese o livello di reddito deve essere negata la libertà di muoversi” e “In tutto il mondo, un miliardo di persone vive senza accesso all’elettricità. Dal momento che Toyota fornisce automobili a tali regioni, perseguire le auto elettriche come unica opzione significherebbe che non possiamo fornire mobilità a tutti”, ha detto il manager giapponese, diventato da pochi mesi presidente del consiglio di amministrazione della Toyota) la sbarra doganale della Ue restava abbassata per diversi modelli proprio dell’esportatore numero 1 al mondo.

SOFTWARE ILLEGALI PER ABASSARE LE EMISSIONI?

Il motivo? La Casa giapponese ha rilevato presunte irregolarità nei processi di certificazione dei propulsori: ancora una volta nella lunga epopea del dieselgate che ha coinvolto marche di tutti i Paesi, dall’Est all’Ovest, anche nelle officine Toyota sarebbero stati utilizzati software di gestione del motore non conformi a quelli deliberati per la produzione.

Il software incriminato, secondo quanto riportato da Automotive News, non intacca i valori dichiarati di potenza, coppia ed emissioni, ma modifica l’erogazione. Per questo Toyota avrebbe deciso di bloccare le spedizioni di alcuni modelli a gasolio destinati al mercato europeo.

DIESELGATE E CRASH TEST IMBARAZZANO TOYOTA

Una situazione non inedita per il Gruppo, considerato il recente scandalo che ha travolto lo scorso anno Hino e più recentemente Daihatsu, colpevole però di aver falsificato i test di sicurezza e non quelli sulle emissioni.

Toyota stessa afferma che sono emersi problemi nella misurazione della potenza erogata. In particolar modo, la centralina elettronica ECU delle auto utilizzava un software specifico per la fase di test che poi non veniva caricato nei modelli in vendita. Una difformità pericolosa tra i modelli sotto esame e quelli che finivano nel traffico su cui naturalmente è bene indagare, visti i già citati precedenti di altre Case.

I MODELLI INTERESSATI

A quanto si apprende, da Toyota vogliono vederci chiaro sulle Hilux, le Land Cruiser e le Lexus LX dotate dei motori 1GD 2.8, 2GD 2.4 e F33A 3.3 a gasolio in viaggio verso Occidente o comunque destinati non solo all’Europa ma anche alla Tailandia e al Sud Africa: si tratta in totale di circa 84mila veicoli venduti dal 2020 a oggi.

Per la precisione, i mezzi diesel attualmente in transito saranno regolarmente consegnati ai clienti, così come i modelli già nelle “mani” dei concessionari, mentre tutti gli altri non saranno spediti e saranno sottoposti a ulteriori controlli. Non si parla invece per il momento di un vero e proprio richiamo, che però potrebbe avvenire laddove l’inchiesta interna di Toyota trovasse effettivamente qualcosa. O per ordine di una autorità. La situazione è più fluida che mai.

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