A differenza dell’Europa, le compagnie aeree low cost negli Usa navigano in pessime acque, scrive l’Economist in un approfondimento che fa il punto sui travagli di un comparto che nel mondo rappresenta un terzo dell’intero settore del trasporto aereo e che ha visto proprio l’America pioniera con Southwest.
Travagli
Lanciata nel 1971 e destinata ad un successo inatteso quanto strepitoso, ricorda il settimanale britannico, Southwest oggi rappresenta la principale compagnia aerea degli Usa e la quarta a livello mondiale, ma attualmente è alle prese con serie difficoltà.
Lo segnalano i profitti netti crollati dai 2,3 miliardi di dollari nel 2019 ai 500 milioni dell’anno scorso. Il margine netto è addirittura inferiore al 2%.
Se Atene piange, Sparta non ride
Anche le altre compagnie low cost a stelle e strisce sono nei guai. Le economicissime Spirit e JetBlue non generano profitti dai giorni della pandemia, e il progetto di una loro fusione è stato bloccato a gennaio per motivi di concorrenza.
Ma è l’intero settore a soffrire, come dimostrano le performance in Borsa. Il valore delle azioni delle principali compagnie low cost è sceso in media del 50% dall’inizio del 2023, evidenziando una sofferenza che non tocca invece le tre grandi compagnie tradizionali American, Delta e United.
I fattori in gioco
Per l’Economist i motivi alla base di questo periodo negativo sono chiari, e rimandano non tanto al costo del carburante e del lavoro che ha eroso i profitti non solo delle low cost ma di tutte le compagnie, quanto alla concorrenza esercitata dai grandi carrier.
Questi ultimi hanno cominciato ad offrire viaggi economici proprio nell’intento di erodere le fette di mercato delle low cost. Il calcolo l’ha fatto un broker, Keith McMullan di Aviation Strategy, per il quale il trio American, Delta e United ha emesso un numero di biglietti a prezzo ridotto equivalente a quello di tutti i biglietti emessi da Spirit.
Problemi sono derivati anche dai cambiamenti degli stili di viaggio e dei percorsi dei passeggeri, che hanno introdotto un’incertezza incompatibile con l’esigenza di riempire sempre i voli. Si cita ad esempio la minor attitudine a compiere viaggi d’affari nell’arco di una giornata scattata sin dai tempi della pandemia.
Vie di uscita
Per far fronte a queste difficoltà le compagnie hanno sviluppato diverse strategie. Southwest è ricorsa alla scelta drastica di far pagare per l’assegnazione dei posti abbandonando l’antica tradizione di far accomodare i passeggeri nei primi posti liberi.
Un altro cambiamento atteso per Southwest riguarda la politica dei bagagli a mano che presto potrebbero non essere più due per passeggero.
Frontier ha scelto una strada diversa, cominciando ad emettere più tipologie di biglietti e introducendo una business class.
In Europa, intanto, le compagnie low cost brindano
In Europa è tutta un’altra storia. Qui Ryanair, da tempo il principale carrier del continente per numero di passeggeri, sta raccogliendo profitti record. E non è l’unica, in un continente dove le compagnie low cost sono abili, a differenza degli Usa, a esigere il pagamento di servizi aggiuntivi.
Con la sua densità abitativa e l’elevato numero di destinazioni piccole e grandi, l’Europa è terreno fertile per le low cost, molto attive infatti nel collegamento tra aeroporti minori e secondari.
Il boom di IndiGo
C’è poi il caso dell’India e di IndiGo, compagnia low cost che oggi occupa una posizione dominante nel Paese segnalata dalla maxi commessa per 500 nuovi Airbus, il più grande ordine della storia.
Il subcontinente peraltro sta assistendo all’interessante competizione tra la stessa IndiGo e una Air India rivitalizzata dall’acquisizione da parte di Tata Group.