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Mediterraneo

Cosa serve alla Difesa italiana nel Mediterraneo

La situazione nel Mediterraneo e le preoccupazioni italiane. E giusto lamentarsi e richiedere sostegno e supporto all’Alleanza Atlantica, ma bisogna rimboccarsi le maniche se si vuole avere il controllo delle acque e dei cieli di casa. L’approfondimento dell'analista Aurelio Giansiracusa di Ares-Osservatorio Difesa

 

Dal recente Consiglio Supremo di Difesa è emersa pubblicamente la preoccupazione italiana per la presenza navale russa nel Mediterraneo e, più in generale, di Mosca in Africa del Nord, Sahel e Balcani.

A tal fine, Roma chiede alla Nato maggiore attenzione al fronte Sud, poiché la rinnovata presenza navale di superficie e sottomarina russa mette sotto pressione la Difesa Italiana.

La situazione è andata peggiorando con l’intervento diretto russo in Siria e, via via, si è allargata a macchia d’olio in Libia e Sahel, negli stessi Balcani, in aree di nostro interesse strategico.

A tutto questo, invero, da parte italiana si è risposto con alcune missioni tipo quelle in Niger e Mali (quest’ultimo ormai considerato perso e filo russo a causa della presenza del gruppo Wagner che sostiene la giunta militare al potere), presidiando i Balcani ed il Libano, nonché tentando di aumentare la nostra presenza aeronavale anche nel Mediterraneo Orientale.

A questo si è affiancata una politica estera “incerta” che ha puntato su certi Paesi (ad esempio Israele con il quale si è stretta una vera e propria partnership politico-militare), perdendo di vista completamente ciò che accade dinanzi le nostre coste (il caos libico su tutto) o accettando situazioni di fatto per noi non favorevoli (l’espansionismo turco) nel lungo periodo.

Ma tutto ciò evidentemente non basta, perché si è dovuti passare da uno stato di sorveglianza tutto sommato “blando”, ad un livello nettamente superiore per la presenza di navi e, soprattutto, sottomarini della Marina Russa nelle acque limitrofe la nostra penisola.

C’è da dire che non manca il supporto della Nato, anche se, ovviamente, a Bruxelles il “fronte” principale è considerato ad Est, con buona parte delle attenzioni rivolte alla guerra in corso tra Russia ed Ucraina, conflitto che riverbera i suoi effetti anche nel fu “Mare Nostrum”.

Infatti, a causa della guerra in corso i movimenti in entrata ed uscita dallo Stretto dei Dardanelli sono limitati perché la Turchia, in forza dei trattati internazionali in vigore, ha chiuso quasi ermeticamente i passaggi alle navi militari russe ed ucraine.

Ma questo non ha impedito od impedisce alla Marina Russa di alimentare la sua presenza nel Mediterraneo tramite lo Stretto di Gibilterra e dal Canale di Suez, inviando nel nostro bacino unità provenienti dal Mar Baltico, da Murmansk sulla costa settentrionale o da Vladivostok, costa russa del Pacifico.

Pur non raggiungendo più i livelli del SOVMEDRON (Soviet Mediterranean Squadron), un consistente dispositivo aeronavale che l’allora Marina Sovietica aveva costituito nel Mediterraneo per contrastare i movimenti dell’allora potente 6a Flotta della Marina Statunitense e della Marina Militare Italiana, la principale forza navale mediterranea dopo l’US Navy, la presenza russa è tornata ad essere fonte di preoccupazione e non solo per le attività di intelligence (ad esempio la sorveglianza ai cavi sottomarini ed alle pipeline che corrono tra il nostro Paese ed in Nord Africa o quelle che uniscono le due sponde del Adriatico è una missione estremamente importante per l’alto valore strategico che hanno tali infrastrutture del Paese).

La Nato è presente nel Mediterraneo con missioni di sorveglianza aeronavale; gli Stati Uniti, per parte loro, nell’ambito delle misure prese per rafforzare l’Europa a seguito dello scoppio delle ostilità tra Russia ed Ucraina, hanno raggiunto un accordo con la Spagna, per raddoppiare la presenza stabile nella base di Rota di una seconda coppia di cacciatorpediniere classe Arleigh Burke per aumentare la capacità di difesa antimissile a disposizione dell’Europa e per fornire ulteriore scorta ai Gruppi da Battaglia incentrati sulle portaerei a propulsione nucleare che si avvicendano periodicamente tra Mediterraneo, Mar Rosso e Golfo Persico.

Però, evidentemente, questo non basta perché non essendo più la 6a Flotta dotata stabilmente di unità da combattimento di superficie e di sottomarini, la Marina Militare è “costretta” ad assumere anche parte dei compiti che una volta erano il “pane quotidiano” della US Navy (e della stessa Marina Militare).

Ma questo si scontra con i limiti, ormai evidenti, mostrati dal nostro strumento militare che, approfittando della scomparsa della minaccia sovietica, si è rimodellato nel corso del tempo senza tener presente la possibilità che una situazione simile si potesse ripresentare nel medio periodo; ciò è stato dovuto per far fronte alle nuove esigenze e perché, comunque, con risorse limitate all’epoca vi era necessità di compiere determinate scelte.

Da qui, si è avuta la scomparsa della specialità dei pattugliatori antisommergibili sostituiti da una manciata di velivoli da sorveglianza elettronica, la perdita della capacità TASMO o Tactical Air Support of Maritime Operations, la scomparsa della seconda linea da combattimento della Marina Militare basata su corvette per compiti anti sommergibili per costruire pattugliatori e la contrazione del numero di fregate prima linea con spiccate dotazioni antisommergibili.

Evidentemente, alla luce di quanto sta accadendo nel nostro bacino (dove non c’è solo la Russia che crea problemi) ed in quelli ad esso limitrofi, è auspicabile che in sede di Stato Maggiore della Difesa si ripensi lo strumento militare anche grazie allo stanziamento di risorse maggiori rispetto al recente passato, iniziando a ricostruire quelle capacità che, una volta erano disponibili e che rispondevano  ad esigenze che sono tornate di stretta attualità, integrandole ovviamente con le nuove tecnologie oggi disponibili che, invece, al tempo della “Guerra Fredda” erano impensabili o considerate fantascienza (ad esempio satelliti da sorveglianza, velivoli a pilotaggio remoto, veicoli navali di superficie e sottomarini a pilotaggio remoto e/o dotati di intelligenza artificiale).

Concludendo, c’è un detto proverbiale che fotografa benissimo la nostra situazione attuale: “Aiutati che Dio Ti aiuta”, come dire che è giusto lamentarsi e richiedere sostegno e supporto all’Alleanza Atlantica, ma bisogna rimboccarsi le maniche se si vuole avere il controllo delle acque e dei cieli di casa.

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