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Valle Roja

Come Italia e Francia s’ingolfano nella Valle Roja

L'approfondimento di Enrico Martial

 

Durante la crisi del Covid, i movimenti di persone e di merci sono stati particolarmente difficili nella Valle Roja, compresa tra il Colle di Tenda e Ventimiglia, il cui primo tratto è francese e il secondo italiano. Ne è testimone Laurence Boetti-Forestier, che abita a Breil-sur-Roya (Breglio), lavora nel settore sanitario a Mentone ed è consigliera regionale (nel MoDem di François Bayrou) della Regione Sud. Sostiene che, durante la crisi sanitaria, “le autorità italiane hanno deciso di chiudere la frontiera nella Valle della Roja ai residenti francesi, anche dopo l’avvio della fase 2 di deconfinamento” e che “gli abitanti francesi della Roja sono stati costretti, nei loro spostamenti, anche di lavoro, a un percorso sui colli che allungava il tragitto di oltre mezz’ora.” Lettura forse drastica, ma per certo i rispettivi modelli di autocertificazione erano sconosciuti al di là del confine, a differenza dell’informazione ai cittadini – che si dovevano muovere per lavoro e necessità, soprattutto in campo sanitario – fornita nelle altre frontiere dell’Unione.

Esistono almeno cinque problemi transfrontalieri italo-francesi nella Valle Roja: il nuovo tunnel di Tenda, la crisi migratoria, le limitazioni francesi del traffico di mezzi pesanti nella Valle, la ferrovia Cuneo-Ventimiglia-Nizza, i lavori alla galleria di Airole. Sono elencati in un allegato ad un rapporto dell’università di Nizza, coordinato da Philippe Weckel e Robert Botteghi (alla cui discussione abbiamo assistito) sulla possibile collaborazione sanitaria tra Italia e Francia sul Covid-19, come raccomandato dal Consiglio europeo del 26 marzo e nella Tabella di marcia della Commissione del 15 aprile 2020.

Non è solo un elenco ma anche un appello politico. Si tratta di comuni che sono passati alla Francia con la rettifica della frontiera di Briga e Tenda dopo la Seconda guerra mondiale che – a distanza di anni – sono uno dei classici luoghi europei della cooperazione interna. Nella Valle passa una strada classificata come europea (la E74), la ferrovia internazionale Torino-Cuneo-Ventimiglia-Nizza. Eppure, è una valle trascurata: dei 230 milioni di euro del settennale programma europeo italo-francese Interreg (31 milioni all’anno) alla Valle sono attribuite cose nobili ma assolutamente marginali rispetto ai problemi più gravi: recuperi di vecchie strade militari in quota, incontri tra su teatro e minestroni tradizionali, riunioni di artisti locali, ragionamenti sul turismo rurale e gli ecomusei. Sull’intera frontiera italo-francese si contano ben cinque commissioni intergovernative, ma i problemi non si risolvono. A differenza del Trattato franco-tedesco, il lavoro preparatorio al cosiddetto Trattato del Quirinale tra Italia e Francia neppure ipotizza un capitolo transfrontaliero.

L’allegato sulle “Lacune della cooperazione transfrontaliera nella Valle della Roja” è firmato appunto dalla consigliera regionale Laurence Boetti-Forestier e dal sindaco di Breil-sur-Roya (Breglio), Sébastien Olharan. È interessante il punto di vista, che non guarda solo all’Italia, quanto piuttosto a un deficit condiviso di gestione pubblica italo-francese. Sul tunnel di Tenda, il cui raddoppio doveva essere completato a febbraio 2020 il problema viene certo dall’Italia, che ha scelto, pur nel formalismo di un bando pubblico, un’impresa che è finita sotto inchiesta perché i materiali ferrosi, hanno scritto, venivano venduti altrove invece di strutturare le opere. Tuttavia, la Francia (in questo senso lo Stato francese) è stata assente e poco cooperativa, lasciando tutto in mano all’Anas, come se non fosse un progetto internazionale. D’altra parte, anche su versante italiano si scopre una gestione poco moderna ed europea, ripiegata su vecchi nazionalismi amministrativi: sul sito Anas dedicato si citano a giugno 2020, dopo la ripresa dei lavori a tre anni di distanza, i 1100 metri scavati sul versante italiano e si omettono i 400 metri del versante francese, come fosse su un altro pianeta di cui non si può parlare.

Allo stesso modo si legge che la crisi migratoria del 2015-2017, salita sui colli alpini dopo che si erano fatti più stringenti i controlli sulla costa, hanno visto una paralisi degli enti locali, una passiva delega alla polizia e agli Stati rispettivi, un’assenza di collaborazione intercomunale che – in supporto alle attività centrali – avrebbe potuto favorire soluzioni puntuali e una riduzione sia degli impatti sia della gravità della situazione. La popolazione ne è uscita divisa, con frizioni anche mediatiche come si ricorderà ai tempi di Matteo Salvini ministro dell’Interno. Pareva che la cooperazione frontaliera non fosse mai esistita, dicono Boetti-Forestier e Olharan, sottintendendo anche i milionari programmi europei Interreg a questo dedicati.

Il problema delle relazioni italo-francesi nella Valle Roja viene attribuito inoltre non genericamente ai due Stati, ma anche alla stratificazione dei centri decisionali, dove alla fine nessuno decide più. E’ il caso della ferrovia Cuneo-Ventimiglia-Nizza, che ebbe successo negli anni Trenta, fu ricostruita nel 1979 ma da anni rischia la chiusura non perché non sia una infrastruttura utile, ma perché non si trova l’equilibrio tra lavori, ripartizione dei costi (figurarsi la gestione commerciale) e soprattutto non ci riesce a raccapezzare – almeno da parte francese – tra i ruoli di Regione, Dipartimento, Comunità della Riviera francese (CARF, 15 comuni), la più montana e contigua Comunità dei comuni del Pays du Paillons (CCPP, 13 comuni), la SNCF Réseau (l’analogo della nostra Ferrovie dello Stato per le sole infrastrutture), e l’amministrazione statale francese. Una complessità che non ha consentito di costruire un piano di finanziamento: Boetti-Forestier e Olharan riconoscono che i fondi mobilitati attualmente sono italiani. Inoltre, visto che è una tratta internazionale, i soldi dovrebbero venire anche dall’Europa, che però come si è visto è silente (o dispersiva come in Interreg) forse proprio per mancanza di iniziativa degli enti locali e regionali e delle stesse due amministrazioni centrali.

Anzi, il testo fa notare che le delibere dei cinque comuni francesi che nel 2017 hanno introdotto limitazioni al traffico pesante nella Valle, per quanto giustificate sul piano ambientale e della sicurezza, avrebbero dovuto essere precedute da una concertazione con i vicini comuni italiani. Ne è prova che i permessi al movimento di merci di prossimità si limita alle relazioni tra i comuni francesi invece di interessare anche la valle Vermegnana, che scende da Limone Piemonte fino a Cuneo, e poi il restante della valle Roja verso Ventimiglia. Il sindaco e la consigliera fanno notare che la mancanza di concertazione con i vicini comuni italiani ha prodotto incomprensioni, quando non del risentimento.

Il riconoscimento di responsabilità di parte francese viene posto in parallelo al ripiegamento italiano, per esempio durante i due anni di cantiere alla galleria di Airole, nella parte più a valle, in territorio italiano, verso Ventimiglia. Per chi andava a lavorare a Mentone o a Nizza, le code costituivano un problema, ma soprattutto è parsa sconfortante l’assenza di informazione, che non è venuta né da parte italiana né da parte francese. Dei biennali lavori alla galleria di Airole non se ne è conosciuta la natura, né la durata, né i tempi di chiusura: eppure si trattava di un asse europeo (E74 appunto), di collegamento internazionale.

Anche in questo quinto tema, scrivono Boetti-Forestier e Olharan, si avverta la necessità di costruire un meccanismo di cooperazione strutturato tra Italia e Francia. Il pensiero va ad altre zone di frontiera interne europee, dove questi ostacoli sono stati da tempo superati.

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